Mimose e rosa rossa

Mimose e rosa rossa 4

Chissà perché si sogna e chi non sogna muore
così l’anima.

 L’amore e gli azzurri avatar
il polline. Il pensiero umano
che si effonde.

 Si può essere tiranni in tanti modi, non solo
uccidendo con spada e veleno. Quante donne
in lunga agonia
mogli madri spose suocere nuore
e le zie nubili sopportate di una volta.

 Si svegliano come allora
oh, Rosamunda, pedala. Così
vogliono i padroni. Altrimenti
perdi marito figli lavoro parenti
e anche il finto rispetto del quale
orgogliosamente ti circondi, chi sei tu?

 Sei
mio figlio non c’è
mio marito non vuole
mia madre che è morta
il mio fidanzato si è divertito e mi ha mollata, io
cretina
innamorata cornificata delusa
sbuccio cipolle e piango, angelo del focolare
senza sbarre
pago le mie tangenti
alle musichette dei lager.

Domenica Luise

Elaborazione grafica di Domenica Luise

 

La festa della donna?


Non esiste una festa dell’uomo con regali di affettati, pezzi di parmigiano e peperoncini piccanti, cravatte e calzini, perché ? Io la risposta ce l’ho: essi sono festeggiati tutti i santi giorni, prima le madri e le sorelle, dopo le mogli e le perpetue o le zie o le devote o quello che sono li provvedono di cibo in tavola, li lavano, li stirano e li pigliano con le buone per non farli arrabbiare. Con così poche eccezioni di rispetto vicendevole da potersi considerare nulle.
E adesso, poiché oggi è la festa della donna, correte a cucinare i loro piatti preferiti, che naturalmente sono i più elaborati, del genere il ragù da girare per tre ore a fuoco lentissimo senza dimenticarselo o sa di bruciacchiato.
Eppure, quando vi corteggiavano con le rose rosse a stelo lungo, voi ci avevate creduto. Invece era un rituale. Anche l’uccello giardiniere attira la femmina facendole un sentiero di rametti, pietruzze e petali colorati fino al nido, la cretina entra e procrea.
Ma poiché io sono una donna di speranza, voglio ugualmente festeggiare tutte le signore con una piccola fiaba che faccia bene al cuore, illustrata con un incantevole quadretto a olio del mio papà Espedito:
 
 
Uccellini
Nessun fiore è inutile

C'era una volta un albero di mimosa, che era nato selvatico sul ciglio della strada. Per l'otto marzo divenne una nuvola gialla con la permanente a pallini, tutti i signori che passavano ne tiravano un rametto gratuito, lo nascondevano sotto la giacca o il maglione perché si vergognavano di fare vedere che portavano i fiori alla moglie o madre o sorella o collega o quello che era. Poi, come per gioco, lo tiravano fuori un po' ammaccato, glielo davano e tutte le donne, nessuna esclusa, ne erano orgogliose.
 Venne il tramonto, l'albero di mimosa era tutto spennacchiato e non aveva più la sua bella permanente a pallini, tutti lo commiserarono, perfino il sole. Gli era rimasto solo un ciuffo giallo sul cocuzzolo, troppo in alto per essere arraffato. Lassù in equilibrio c'era un nido ed il passero maschio strappò il rametto superstite e lo portò nel becco alla moglie, che stava tenendo accucciati i bambini addormentati. <Buona festa della donna, tesoro> pigolò. Lei gli sorrise con occhi radiosi, allora l'albero si sentì soddisfatto perché aveva regalato tutti i fiori e da ogni ferita sarebbero nati altri rametti pronti per l'anno prossimo. Così è la vita: gioca, rimbalza e vince sempre, anche se siamo vecchie, rimbambite e in attesa di ulteriori rimbambimenti. Figlie, madri o nonne, meravigliosamente donne, cioè dominae, signore. Perfino poetesse, talora.  

                                                  Domenica Luise
                                                 (Quadro di Espedito Luise, olio su tavoletta)

 

La festa della donna

 
 
Non era bello né alto, bene impostato, con un volto dalle mascelle energiche come piacciono a me, invece  rotondetto, due occhi neri neri e il sorriso da un orecchio all’altro. Allora ero ricoverata in una grande stanza a sei letti, ma non mi ricordo quale fosse la ragione, forse i postumi dell’embolia polmonare seguita da altre embolie recidivanti a catena. Il ragazzo veniva a trovare una signora che stava in un letto di fronte a me, accanto a lei giaceva una vecchietta che gridava e si lamentava sempre affermando di essere stata tradita: pare che avesse messo non so che firma alla domestica la quale, adesso padrona, scompariva volentieri.
Stavo troppo male per ricordarmi lucidamente tutti gli eventi di quel ricovero, quindi vado a sprazzi. Una mattina entrarono i dottori, uno disse ai colleghi:
< C’è sentore? >, capii che parlava della morte di quella povera vecchia, così avrebbe smesso di dare fastidio a tutti. Mi sembrò indicibilmente triste. Disumano, ed un medico non dovrebbe mai essere disumano o è meglio che faccia un mestiere più adeguato al suo spirito. Tuttavia nemmeno io sopportavo la vecchia,
questo debbo dirlo perché il ruolo della santa non mi si adatta.
L’ospedale è un pianeta a parte. Lì dentro non ero più la professoressa, ma quasi un numero. Ricordo, molto annebbiata, una signora che mi imboccava con la pasta al forno che le avevano portato, o almeno c’era il sugo rosso. E ancora mi andava bene perché ragionavo,  potevo chiamare, sapevo esprimermi. Avevo i miei spiccioli se passava quello delle riviste e volevo un giornale oppure una bottiglia d’acqua.
Il fatto di strizzare il tempo delle visite era odioso: mia sorella con i bambini dovevano aspettare che arrivasse il verdetto, certe volte, con sorrisi e lusinghe, riuscivano a sgusciare. Ogni tanto arrivava mio cognato, più abile ad entrare
fuori orario. Mi portava le arance della sua campagna, buonissime.
I parenti e gli amici venivano a trovarmi con la faccia triste e le buone parole ed anche qualche alunno marinava la scuola per presentarsi orgogliosissimo in ospedale.
Le mie quotazioni salirono, e non di poco, quando vennero a trovarmi il mio preside con la moglie, una signora dolcissima, che ancora lo trattava come un fidanzato.
 Lui era rimasto vedovo e si erano sposati da poco.
La giornata, in ospedale, si somiglia sempre. Avevo una radiolina con la cuffia, sì, lo so, il computer mi avrebbe salvata, ma ancora non ci pensavo proprio. Poi la sorella e il cognato mi portarono un piccolo televisore, ma una compagna di camera
mi chiedeva sempre di vedere quel programma di Iva Zanicchi
che c’era allora, OK, il prezzo è giusto. Ciò divenne il mio incubo.
E venne il mattino della festa della donna, un otto marzo al quale nessuna di noi pensava anche se ogni tanto guardavamo la libertà fuori dalle finestre.
Entrò lui, dalla porta: il ragazzo, figlio o nipote o non so cosa della mia dirimpettaia, aveva le braccia cariche e rideva allegrissimo.
Portò ad ognuna di noi, anche alla vecchia che gridava sempre e capiva ormai ben poco, un cappuccino con un cornetto per una ed un incantevole mazzetto di mimosa ed anemoni avvolti con fiocchetto nella carta del fioraio, erano freschissimi. Mi ritrovai a piangere nel letto con la tazza in mano, i fiori nell’altra
e il cornetto sul risvolto del lenzuolo.
Non potevo, in quel momento, bere il mio cappuccino che mi piace tanto
né mangiarmi il cornetto, ma per me è stato lo stesso.
Chiesi subito un bicchiere d’acqua e sistemai i fiori.
Nessun estraneo aveva mai avuto per me un gesto d’amore talmente gratuito.
Poco dopo entrò un’infermiera che stridette: < E come, lei ( la vecchia rimbambita
o così credeva ) deve avere i fiori e io no? >.
Andò al comodino della signora, che non dette cenni di comprendere
e le tolse i fiori anche se non tutti.
Si prese quelli che volle ed uscì.
                                                                           Domenica Luise

 

Messaggio alle donne trascurate


Tuo marito e i tuoi figli, ieri, otto marzo,
si sono "dimenticati" di dirti auguri?
Auguri, cara, per questa stupida festa consumistica.
Ti regalo io i fiori mancati, ma non la mimosa, che ha
occhieggiato ieri col suo velluto giallo, presagio di primavera.

                                   Erica bianca 01        

 Ho scelto per te un fiore insolito,
               l'erica bianca.
     Sembrano tante roselline minuscole.

   
Erica bianca 02
Guarda quant'è grande la mano di Cristina
che ne regge un tralcio.

Erica bianca 03

Qui si vede una rosellina aperta.

Germoglio di rosa
E per concludere questo omaggio, dedicato a tutte le donne dimenticate, sole o che stamattina si sono svegliate col groppo,
voi siete un germoglio di rosa come questo qui fotografato.

 
Domenica Luise
(Fotografie di Cristina Bove)
 

Mimma che si scioglie i capelli


                          Mimma col tuppo

  Nella prima foto si ammira Mimma
in campagna, pettinata col così detto
" tuppo ", mio padre odiava vedermi conciata in questo modo
e lo chiamava tuppillo per dispetto.

Mimma che si scioglie i capelli 01Allora sciogliamo questi capelli per il servizio
 fotografico del quale si occupa mia sorella Iole.

Mimma che si scioglie i capelli 02

Mi appresto alla mia migliore interpretazione.

Mimma che si scioglie i capelli 03Poco abituata a fare la modella,
 mi scappa impetuosamente da ridere.

Mimma che si scioglie i capelli 04

Occhieggio da dietro un robusto ciuffo bruno, in vita mia, fino a quel momento, non avevo mai colorato i capelli in alcun modo, mi piacevo com'erano.

Mimma che si scioglie i capelli 05

Guardo il cielo cercando ispirazione
per la performance finale.

Mimma che si scioglie i capelli 06Eccoli, eccoli, ci facciamo un calendario?

Mimma che si scioglie i capelli 07Lunghi, folti, allargati.

I capelli sono stati sciolti

Evviva,
Evvivissima,
molto più
evvivissima
assai.

Mimma di tre quarti coi capelli sciolti

Primo piano
di tre quarti
della fanciullina,
notare qualche  filo bianco.

Mimma di profilo coi capelli sciolti

E concludiamo di profilo come abbiamo iniziato.

P.S. per  le signore: sculacciateli.
P.S. per i signori: non sottovalutatele.
P.S. per tutti: vivete felici.
P.S. per me: ma chi te lo fa fare?
P.S. per i predicatori:  è vero che tutto è vanità,
ma non ci affliggete.
P.S. per qualsiasi altra forma di vita sia pure
 grossolanamente intelligente esistente nello spazio:
non interferite o ci perdete le penne, le squame,
la pelliccia  e qualsiasi altra cosa di cui siete fatti.
P.S. conclusivo: se hai letto fin qui ti tocca il premio:
hai il permesso di commentare questo post.

                                                          Domenica Luise

                                            (Fotografie di Iole Luise)

L’elettrodomestico umano

 

La bella pensionata fra mille colori

(ovvero come fate la festa alla donna )

 

Corde di ragnatele a legarti l’anima
sul fondo di una padella.

Moglie amante amica
madre dei miei figli paziente discreta
sensuale a comando, colei che serve
ed assiste i vecchi di casa, una santa
con l’aureola di latta, lavora
dentro e fuori perché ha raggiunto la parità e invece
prima lavorava soltanto dentro, fa il volontariato
in parrocchia, sorride
sempre e mantiene la linea. L’eroina
del terzo millennio
come quella delle caverne
o dell’eden o comunque. Tentatrice
e proprietaria di frutteti dalla mela di Eva
a quella di Paride e di Biancaneve, origine
di tutti i mali.

Promuovetela
angelo del focolare
come sempre.

Lapidatela. Che ricami sferruzzi
e partorisca nel dolore secondo natura.

Impedite, impeditele la poesia
deve assistere il ragù a fuoco lento
e ci vogliono tre ore girando sempre
o si attacca.

La segretaria è un mestiere giusto
senza pensieri suoi, buona
per preparare il caffé e chiedere:
quanti cucchiaini?

Toglietele
a uno a uno
grilli e sogni dalla testa.

Non ho detto niente di nuovo
ma almeno l’ho detto con rabbia, peraltro
non vedo novità qui intorno
mentre la noia di un mondo maschile
si taglia a fette col bisturi femminile.

 

                                   Domenica Luise

(Fotografo sconosciuto. Effetti computerizzati di Domenica Luise.

della serie "La bella pensionata")

 

 

 

 

La poesia è donna

La poesia è donna 

Hanno taciuto a lungo, sopraffatte
dai pannolini,
adesso le donne Chisciotte
partono contro i mulini a vento.

Lancia in resta
e ci restano.

I maschi scarnificano la propria vita
da ogni dolcezza, miele amaro
per coloro che non debbono chiedere
mai.

Niente fiori per le poetesse né grazie,
tutto dovuto. Gli occorre
una continua manovalanza: moglie
madre amante e serva. Comunque
serva.

Operatrice domestica.

Le parole delle donne
si strozzano davanti al silenzio dei maschi.

Ritornano a preparare il caffé
e ad inseguirlo con la tazzina
dovunque egli sia, prima che si freddi.

(Il caffé oppure il principe azzurro?)

 

Domenica Luise o Mimma

(Quadro di Domenica Luise, olio su tela, 40 per 50)

Il girotondo delle poetesse

Il girotondo delle poetesse


Queste contadine sanno ballare
balbettando parole coagulate
scarnificate
prorompenti inaspettate strane
quasi folli, quasi fuori di sé.

Donne coraggio dalle mani
nere di sole, polpacci
e piedi grandi senza scarpe né trucco
o monili che tintinnano.

Polline in caduta libera.

Hanno verità dalla mente alla bocca
ed osano un grido. I papaveri
sono innamorati della luce.

Ciao. Sento il vostro odore
di pane che esce dal forno e vedo
i colori del movimento. Le guerriere
brandiscono la penna sullo scudo del foglio. 

 

Domenica Luise

(Quadro di Domenica Luise, olio su cartoncino)