Le trasformazioni della maga Circe

Effettivamente la maga Circe aveva trasformato in porci tutti i compagni di Ulisse perché nessuno di loro aveva resistito alle sue modeste seduzioni, che so io, avendoli essa accolti (per pura cortesia e non certo per portarsi a letto quegli esseri ispidi, sudaticci e poco puliti) vestita di un peplo trasparente e suonando col plettro d’avorio la sua ultima composizione lenta e sensuale sulla cetra.
Corteggiata  a suon di fischi e perfino assalita in massa, non aveva la forza di difendersi perché sfornita di bicipiti, così usò la magia ed essendo i naufraghi predisposti, l’operazione fu rapida, completa ed anche utile perché, una volta cresciuti, si potevano usare in tavola, per quanto forse un po’ troppo ricchi di colesterolo e duretti.
La maga Circe fece rinchiudere in un recinto i porci alle umili ancelle, dopo di che tornò alla sua composizione musicale. Fu allora che apparve un uomo.
Circe lo intravide attraverso i rami cascanti del rampicante di rose multi foglie che non sfiorivano mai e crescevano sempre, orgoglio del proprio giardino, e cantò più forte per attirarlo, difatti Ulisse le si avvicinò senza muovere un muscolo di fronte a tanta bellezza muliebre.
Circe restò male e fece uscire dalle trasparenze del peplo una gamba fino al ginocchio.
Ulisse, invece, la guardò negli occhi e le chiese dove fossero i propri compagni, al che Circe spostò la gamba un po’ più in fuori.
<Ti sembro bella?> chiese esplicitamente, <che fai? Non mi corteggi anche tu?>
<Non ho tempo, adesso> fece distratto Ulisse, <voglio tornare a Itaca da mia moglie Penelope al più presto>.
<Ho trasformato i tuoi compagni in porci> disse Circe, <li mangeremo nell’invernata io, le mie ancelle ed anche tutte le sirene e le amazzoni dei dintorni>.
<Come li hai trasformati in porci? Cambiali subito e ce ne andiamo>.
<Perché non vi fermate soltanto un po’? Ti potrei ospitare nel mio talamo>.
Circe si alzò deponendo plettro e cetra e fece cadere, con mossa apparentemente naturale, il mantello trasparente che portava sul peplo trasparente. Una fascia a strisce e greche multicolori le strizzava la vita sottile.
<Fa caldo, non credi? > disse la dea.
<Non divagare, pupa> rispose Ulisse scocciato ed ebbe una specie di sbadiglio, a Circe fiammeggiarono gli occhi perché nessun uomo, mai, era stato così indifferente al suo fascino, né Giove né Apollo e nemmeno Vulcano, che si era preso una scuffia primitiva per lei. In quanto a Dioniso ballava e saltava nei campi insieme alle baccanti, tutti ubriachi notte e giorno, e le dedicava sgangherate serenate diffondendole alla radio e nelle varie televisioni olimpiche, compresi i computer in streaming.
Indispettita voleva trasformarlo in porco per portarlo in tavola insieme agli altri, ma Ulisse resistette all’incantesimo senza battere ciglio. <Se entri nel mio talamo> promise Circe,<e mangi alla mia mensa, farò tornare alle umane sembianze tutto il tuo staff>.
< Va bene> rispose Ulisse, <ma ricordati che siamo  vegetariani: non darci carne di porco>.
La sera, a cena, bisognava vedere com’erano intimiditi i compagni di Ulisse, nemmeno osavano alzare gli occhi davanti a lei. Le umili ancelle, senza perdere tempo, incominciarono a scegliersene uno per una e Circe diede loro perfino il permesso di fidanzarsi purché Ulisse entrasse nel suo talamo.
La cena fu rigorosamente vegetariana per tutti, anche per le signore, che però sentivano la mancanza del prosciutto crudo, della soppressata e del pezzente di cui tutte erano golose.
Il talamo di Circe era comodo ed Ulisse, appena lo toccò, si addormentò fino al mattino seguente, invece la dea si rigirava senza potere chiudere occhio forse perché si era bevuta troppi bicchierini della staffa con mescolanza di liquore al mirto ed ambrosia.
La cosa andava per le lunghe, tutte le ragazze erano dimagrite e fecero lo sciopero del silenzio: volevano tornare alla dieta normale, ma nel recinto non era rimasto nemmeno un porco.
Più che come fidanzati incominciavano a  desiderare quegli uomini come cibo, anche Circe una bella mattina addentò l’avambraccio destro ad Ulisse, che strillò: <Sei matta, che fai?>.
<Ho fame> ammise Circe, <non ne posso più di pane e formaggio>.
<Trasforma in porci quelli che se lo meritano> rispose Ulisse leccandosi la parte dolente, dove spiccavano in rosso tutti i dentini aguzzi della dea.
<I capi di stato assassini, i ricchi ladri, i profittatori, quelli che stramangiano a colazione, pranzo, cena e merenda, che fanno pagare le tasse ai poveri senza sognarsi di collaborare alla ripresa economica della patria, i farisei che predicano bene e razzolano male>.
<Che cosa sono i farisei?> chiese Circe sperduta.
Ma subito le venne una bellissima idea: <potremmo avere anche un pollaio, le uova fresche oltre che la carne più leggera> rispose.
<Ma dove li piglio?> domandò.
<Il mondo civile ne è pieno>.
<Allora perché lo chiamate mondo civile?>.
<Per modo di dire>.
Fu così che, nel mondo civile, incominciarono delle strane trasformazioni: magari mentre il capo arringava alla folla, improvvisamente si piegava, ingrossava, ma se era già troppo grasso dimagriva, gli spuntava un ricciolo di coda al cocuzzolo del fondo schiena, gli si allungava il muso e incominciava a fare gru gru disperatamente, dopo di che si dissolveva per riapparire bello e pronto nel recinto di Circe. Anche la trasformazione in polli divertiva molto i sudditi, soprattutto esultavano alla sparizione.
L’indomani mattina Ulisse, con tutti i compagni sani e salvi, partirono accompagnati dal rammarico di Circe e delle varie fidanzate, che però occupate com’erano ad allevare porci e polli, cucinare e preparare insaccati, li dimenticarono ben presto.

Domenica Luise

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