Egli era innamorato cotto di quella bellissima donna che inaspettatamente gli aveva detto di sì: corto e tozzo, non bello, pieno di salute e di energia fisica, è vero, ma nemmeno ricco: faceva il postino. Suo punto debole era la gelosia, che però nascondeva accuratamente per paura di perderla, Angela è anche più intelligente di me, pensava sempre.
Angela era infermiera specializzata nel reparto pediatrico e quindi stava coi bimbi
notte e giorno quando lavorava, ma ciò che lo tormentava erano i colleghi stupidi e le colleghe curiose, le risate che aveva sentito quando era passato dal suo reparto, una volta sola e parecchi mesi prima, per rendersi conto della situazione e lei subito l’aveva abbracciato dicendo: -Mio marito- col tono di annunciare il principe azzurro dei cartoni animati di una volta, bello, buono e intrepido.
E se mi prendesse in giro chissà per quale motivo, come vediamo nei film che sempre trasmettono?
Ma i giorni davvero infernali erano quando lui lavorava e lei era libera a casa: chissà cosa fa, con chi parla, cosa pensa di me.
E cercava di compensarla con un regalino: la rosa rossa, la bambola mignon di porcellana, il portachiavi sfizioso, quello che poteva, lui misero.
Il modo in cui lei l’accoglieva al rientro, cingendolo nell’odore del buon cibo che aveva preparato, gli dava momentaneamente un po’ di pace. Le aveva montato una vetrinetta dove Angela teneva le bomboniere che in ospedale le regalavano i genitori dei bimbi e tutte le carabattole che le portava lui, sua moglie spolverava sempre quelle piccole cose e sembrava tenerci molto.
Come sarebbe bello se fosse vero, pensava.
In tanti l’avevano desiderata: medici, infermieri, portantini e anche i capi dei capi. Perché ha sposato me?
Magari i capi dei capi erano brutti come lui, anche più vecchi, ma avevano i soldi.
Quando si amavano lei era ardente, anche quelli erano momenti di pace, un culmine.
Egli temeva sempre di schiacciarla col suo peso, stava attento e la sfiorava con carezze delicatissime, talora gli usciva una lacrima commosso che Angela stesse lì con lui e sembrasse contenta.
Come poteva essere vero?
Quella sera, vigilia di Pasqua, ne era più sicuro che mai: l’ingannava, non c’erano dubbi.
Sentiva anche l’ira montargli dentro, un’esperienza rara per lui, che era un uomo calmo, incapace di prepotenze.
Se mi tradisce l’ammazzo, pensò, e subito dopo: Se mi tradisce le chiedo perdono per quello che sono, e dopo mi ammazzo.
Quando lei lo cinse nell’abbraccio solito al suo apparire sulla soglia percepì subito che c’era qualcosa di nuovo. Ecco, adesso me lo dice: c’è un altro ricco, bello e fortunato.
Lei lo stringeva e sembrava che non potesse parlare o non osasse.
Egli provò un po’ di pace e gli uscì quella lacrima che sempre gli veniva. Lasciò che scorresse e la carezzò toccandola appena, stavolta le aveva portato uno zircone montato in un sottile cuore d’oro.
Si rallegrò della spesa che aveva fatto e mise la mano in tasca a prendere il pacchetto quando lei disse: -Tesoro, aspettiamo un bambino.
-Un figlio mio, sei sicura- balbettò, -è proprio mio?
-E di chi volevi che fosse, sei tu l’uomo che amo.
Gli venne un’altra lacrima nell’altro occhio, il pacchetto con lo zircone cadde a terra, lei si chinò rapidamente e lo raccolse.
-Non fare sforzi- gridò lui. E le aprì quelle tozze braccia felici.
Domenica Luise
(Disegno a china di Domenica Luise)