< In questo specchio > affermò lo gnomo Sbilenco, < vedrete sempre e soltanto
ogni vostro sogno realizzato. Altro che televisione o computer >.
Sbilenco aveva molti anni, ma non li dimostrava. Era magro, vestito di rosso, tutina aderente e giacca corta, ombelico di fuori come la moda impone estate e inverno.
La gobba, però, si notava subito perché lo faceva rassomigliare ad un punto interrogativo. Sul cranio pelato portava sempre una specie di papalina, intorno
alla quale spuntava una rada ghirlanda di capelli bianchi ondulati.
Lo sguardo era arguto, anzi birbante ed anche alquanto divertito.
Poteva essere alto non più di quattordici, quindici centimetri.
< Guardate me, per esempio, quale sogno ho >, aggiunse. Si specchiò e subito si raddrizzò, la papalina scomparve e gli crebbero i capelli, che erano castani con sfumature biondo miele. Nello specchio lo raggiunse una gnoma bellissima, che aveva tutte le curve al punto giusto, bruna, tipo mediterraneo, occhi di velluto, capelli fluenti, gli corse incontro e incominciarono a baciarsi appassionatamente. Lei indossava un abito di sangallo bianco, corto sul ginocchio, con i fiocchetti di raso blu al collo e alle maniche. Poi la scena cambiò e si vide la loro casa, sotto le radici di un albero di castagno, dentro c’erano tre bambine e due maschietti che dormivano mentre la coppia, in cucina, finiva di lavare i piatti e chiacchierava allegramente. Si sentiva un bel profumo di torta al cioccolato, che agli gnomi piace molto, e di zucchero vanigliato.
Anche Mimma e Cristina, entrambe in dieta dopo gli ingrassaggi inconsulti delle festività natalizie, si sentirono montare l’acqualina in bocca e inghiottirono.
< Possiamo sognare di fare un buon pranzo, ma senza mai ingrassare? > chiesero perplesse, < io vorrei sognare di essere una grande scrittrice intervistata a tutti i telegiornali e con migliaia di libri venduti > affermò Mimma, alla quale non andava giù la propria qualifica, ormai ufficiale e nota a tutti sul web,
di scrittrice di sicuro insuccesso.
< Anch’io, anch’io > disse Cristina, e arraffò lo specchio.
Come se fosse una telenovela, si videro sedute in mezzo a una gran folla di editori, che si sbracciavano implorando un colloquio con loro a qualunque prezzo. Altere, le signore firmavano autografi. I loro agenti presero accordi con l’editore più ricco, più grasso e che offrì la somma di acconto maggiore, ma ne tennero anche un secondo di riserva perché le due scrittrici erano entrambe prolifiche. Tra tutti gli esperti di spettacoli che litigavano a gran voce per guadagnarsi il diritto di trarre un film dalla favola dell’Usignola stonata di Mimma, alla fine vinse la partita quello che gridò una somma iperbolica, ma talmente iperbolica che non me la ricordo, c’erano troppi zeri e io sono negata per la matematica.
Qui Mimma e Cristina sbadigliarono.
< Cambiamo sogno? > disse Cristina.
< Guarda, lo stavo suggerendo anch’io > rispose Mimma, < ci leggiamo sempre il pensiero >.
< E che cosa vuoi sognare? >
< Scegli tu >.
< No, scegli tu >.
Sbadigliarono di nuovo storcendo il muso per non farsene accorgere da Sbilenco.
< Sogniamo, sogniamo… non mi viene niente > disse Cristina.
< Nemmeno a me > confermò Mimma, < ecco, ci sono.
Sogniamo di scrivere una poesia >.
< Sì, sì, che meravigliosa idea >.
Subito nello specchio apparvero entrambe, sedute ognuna al proprio computer, che pestavano sulla tastiera con atteggiamento da monelle.
< Facciamo quella faccia quando scriviamo le poesie? > disse Cristina.
< Evidentemente sì > rispose Mimma.
< Ma voi due > intervenne Sbilenco, < avete proprio bisogno di uno specchio magico per sognare di scrivere le poesie? Non lo fate ogni volta che volete da sole? >
< Hai ragione > dissero in coro Mimma e Cristina, < Grazie, Sbilenco, del bel regalo, ma non ci serve > conclusero dopo essersi consultate con uno sguardo d’intesa, < per noi due la realtà è più entusiasmante dei sogni >.
Domenica Luise