La parola è un artificio perché è un simbolo, non vale per quello che è, ma per il significato che io le do, quindi il passaggio del poeta è dall’artificio all’arte, che significa togliere e non aggiungere.
Eliminare il decorativo, l’insistito, il luogo comune lasciando l’essenziale, il nudo e il semplice purché non anoressico.
Il ritorno allo stile del passato? E chi lo impedisce? Rime, metrica e accenti? Un buon esercizio, ma non ai livelli del cammino poetico odierno, che punta al mistero inconoscibile interiore dell’uomo, del cosmo e della storia e si esprime per barlumi e balbettii così come conosce per barlumi e balbettii.
Chi scava nel vero profondo di se stesso, senza partire da assunti aprioristici filosofici o religiosi dandoli per scontati, trova la confusione delle solite domande sull’origine e il perché della vita.
Non so, dice oggi la poesia.
È la risposta più onesta.
Sono spezzato dice l’uomo (il Frammentismo, l’Astrattismo, la musica dodecafonica, le strutture architettoniche spasmodiche, strane, a dna, le sculture graffiate, bucate, deformate, che alternano la lucidatura a specchio con il ruvido macchiato, insomma tutto quello che è, in qualche modo, innovativo ed inizio di ulteriori “scoperte”, se provengono da un bisogno interiore profondo) ed aggiunge: ho perduto gli appigli, talora anche gli ideali, non ci credo più.
Io non trovo il dubbio così tragico né reputo che le apparenti rotture col passato (es. : il Futurismo dopo il Romanticismo e l’Astrattismo dopo la pittura mitologica e classica) siano interruzioni perché ogni presente lo incorpora e digerisce in se stesso preparandosi a un futuro che troverà altri piani difficili ed entusiasmanti.
Chi non dubita di sè e degli altri significa che accetta supinamente solo perché è più facile e si sente un bravo ragazzo-ragazza a posto con la coscienza. Invece, per me, il dubbio è grande almeno quanto il big bang materiale. È il dubbio che ti fa pensare e comprendere gli altri, è l’imperfezione umana necessaria, la radice monca anche della poesia.
Abbiamo una vista oscura e una caducità immersa in tempi di miliardi di anni della materia e spazi di anni luce. Qui dentro il nostro secolo di vita terrena (mi piace essere larga: cent’anni sono tanti per ogni creatura umana) si divincola per lasciare un’orma senza cadere nel silenzio.
Domenica Luise
(Elaborazione grafica di Domenica Luise)