Il manager portava uno spezzato con pantalone grigio perla in fresco di lana e giacca nera monopetto a sottili righe grigie, cravatta grigia a pois neri dove, di tanto in tanto, spiccava un rettangolino rosso, gli piaceva quel tocco di stramberia, fazzoletto rosso con iniziale nera affinché si capisse subito quale fosse il suo orientamento politico e tutti lo guardassero perplessi, curiosi, speranzosi che si accorgesse di loro, comunque ipnotizzati dalla sua figura, dono di natura e di palestra. Si era fatto, di nascosto, l’autotrapianto dei capelli e aveva la dentatura finta perfetta che nessuno l’avrebbe detto, quindici anni di meno, una bellezza accanto a sua moglie un poco sfatta dopo i tre figli.
Era di nuovo Natale, arrivava sempre troppo presto. La sua segretaria avrebbe avuto un bel da fare a cercargli gentili omaggi per quelle che, ridendo tra sè e sè, chiamava le sue ammiratrici, in realtà compagne occasionali in viaggi di lavoro, alberghi sempre di lusso, macchine mostruose con autista e vetri offuscati. Il Natale l’aveva sempre annoiato con quei regali, fiori, panettoni obbligatori che tutti si aspettavano. La donna che puliva gli uffici, quest’anno, avrebbe avuto una buona mancia, si era ricordato di non farle consegnare il solito panettone, se quella li lasciava non sarebbe stato facile trovarne un’altra così onesta, gli aveva restituito il portafogli con dentro quasi diecimila euro che gli era caduto dalla tasca in un amplesso occasionale con una ragazza in cerca di lavoro.
Per la moglie un collier di brillanti, no giro collo, lungo, così non avrebbe messo un evidenza le rughe o magari un bracciale di brillanti, un anello no.
Sospirò. Ai figli un assegno, ai domestici di casa soldi, alla chiesa l’offerta, agli enti benefici ancora soldi, non gli andava di recitare la parte del taccagno. Ma i prepotenti che gli stavano addosso per avere una buona fetta dei suoi guadagni avrebbero fatto, come ogni mese, la parte del leone e questo non si poteva evitare per quanto i suoi avvocati fossero abilissimi a nascondere i guadagni e così, almeno, risparmiare col fisco e con la mafia.
Recitava la parte dell’uomo sicuro, ma in realtà era un pauroso che voleva stare in pace con tutti e nel frattempo gli piaceva divertirsi, tanto la moglie non diceva mai niente e non era così intelligente da accorgersene.
Oppure taceva e soffriva come sanno fare le donne. Il manager sbadigliò.
Qualcuno bussò lievemente alla porta e vide che era la domestica. Cicciottella, biondo finta, cappottino del mercato e sciarpa pure, geloni e punta del naso rossa. Aveva in mano un pacco rotondo e un gran sorriso sdentato.
<Dottore>, disse <volevo farle gli auguri di buon Natale e le ho portato un pensierino, un dolce fatto da me che mi viene buonissimo>.
<Ma perché si è disturbata?> fece lui convenzionale e un pochino infastidito per quest’invadenza del Natale per forza, che ogni anno irrompeva nelle sue giornate.
<La sua segretaria mi ha dato da parte sua un grosso assegno ed io voglio ringraziarla, ho due bambine e il marito con problemi di salute, grazie a lei passeremo un Natale felice>.
Dal pacco infiocchettato di lei uscì un delizioso effluvio e il manager si ricordò di essere morto di fame.
<Deve essere una torta veramente buona> affermò, <manda un odore…>.
La donna allungò le braccia e l’appoggiò in un angolo libero della scrivania. Egli notò la finezza della carta e la cura con cui era stato infiocchettato il grosso pacco, poi le guardò le mani callose.
<Vuole sedersi e prendere un bicchiere di vino con me? O magari di champagne>.
Lei arrossì e si sedette. Venne la segretaria e bevvero il moscato insieme perché le due donne lo preferirono. La torta era all’altezza delle aspettative. Chiamarono anche tutti quelli che trovarono lì intorno, risero e si abbracciarono senza malizia. Il manager provava un confuso sollievo, un ricordo di mamma e di altri Natali quasi dimenticati o voluti dimenticare.
<Signora> disse alla segretaria, <non si preoccupi del regalo per mia moglie, preferisco sceglierlo io, anzi usciamo tutti due ore prima e andiamo a festeggiare>.
Gli tremò la voce stranamente e i dipendenti videro che era commosso.
Scelse un anello con un solitario purissimo, grande e lucente come una stella e per il resto della vita non avrebbe potuto mai dimenticare lo sguardo di quella sua piccola moglie sfatta e l’abbraccio e le lacrime e poi come piansero insieme a lungo e i baci salati, ma dolcissimi.
Domenica Luise
(Elaborazione grafica di Domenica Luise)