Sono rimasta fulminata fin dal primo momento che ho letto questo racconto di Cristina Bove: è travolgente, spiritoso, ispirato, fantasioso che di meglio non si può, immaginifico e scorre come un film intellettuale, a colori, anzi ad aurore boreali.
Il gioco ironico delle parole (sottobosco-sottoblosco, blog-bosco) si mescola con divertimento mai esplicito e mai forzato ad un tocco surreale che ci sta d’incanto e la vicenda della fragile insalatina accolta ai piedi, anzi al piede del fungo Mic, che decide di nutrirlo disfacendosi in amore, trasforma la pena della morte in un inebriante consumarsi insieme in questo sottobosco o sottoblosco strano, duro e bello come la vita e la poesia.
Tutti vorremmo piuttosto morire insieme alla persona amata che sopravvivere senza.
Lo stile è repentino, ridotto all’osso, ma con i lievi turgori che lo modellano, è anch’esso una cosa viva, una serie di battiti, compianto, partecipazione di innocenza e sorrisi creativi.
Domenica Luise

Storia da sottoblosco
finiamola una buona volta di cominciare col c’era una volta e incipitiamo con:
Non c’era prima e non ce ne frega niente se non ci sarà poi, a noi interessa il momento, il qui e ora.Si può anche pregare, volendo, ma sempre in tempo presente. E soltanto davanti a indiscussa divinità (pare facile!).
Dunque, qui si sta nel sottoblosco, all’ombra di megasiti.
In questo contesto pullulante di spore c’è fermento.
Blogalmente ci siamo tutti, compresi licheni, muschi e saprofiti.
Salicornie silvicole (ahahah), flagellati (anche fossili), calzini appesi ad asciugare (lo so, non ci azzecca, ma non eccepite, per favore), in più qualche timidìcola alla base di alberi tra-secolanti.
Lei, Cappuccina, vegeta sotto una vescia monumentale, appena un po’ a ridosso della stessa.
Ha lunghe trecce morbide (e adesso non ve ne uscite che le lattughe non hanno capelli), non mi va di dirvi come sono fatte, verdi però, ve lo assicuro. Come verde è del resto anche il resto (bisticcio voluto) ma lo sappiamo solo noi. I daltonici ignorano.
Oggi è giornata nera. Ha piovuto tutta la nottata e ancora piove.
Per la gente del sottoblosco è l’inizio della stagione invernale.
Mister Verzacolo, così chiamato per farlo rimare con vernacolo, un vecchio cavolo semilignificato, dimenticato dal popolo blogante, ha smesso di lanciare i suoi lazzi a tutto il vicinato, ha perfino sospeso il suo versare acido sui minimanimalisti sempre pronti a difendere lontre puzzole e altri mefitici animaletti zonali.
La Stellaria ha rinunciato all’aria e adesso scrive strambotti firmandosi Stell e basta. Con risultati scarsi, ma a lei non interessa, ama uno storno (che la tradisce ad ogni pié sospinto in cambio di uva passa e qualche grano di miglio) e per lui ha perfino concepito uno stornello.
Cappuccina osserva divertita da sotto il suo riparo, ma ahimè, la vescia si sta afflosciando e a lei urge una nuova sistemazione.
Decide infine di trasportarsi altrove. Sradica con fatica radice per radice, o è un fittone? boh, neanche lei se lo ricorda… insomma solleva la sottana, ehm, il sottofogliame e a piedi scalzi, si fa per dire, si dirige di corsa verso un bel fungo altero, cappello un poco a punta, picchiettato di giallo.
“ Ehilà, signorina, che ci fai qui sotto?”
“ Cerco soltanto un po’ di riparo, non vedi come piove?”
“ Sì che vedo, anzi sento, sono fradicio in ogni mia lamella.”
“ Signor….”
“ Miceto, Mic per gli amici.”
“ Mic, puoi ospitarmi per un po’ vicino al tuo gambo?”
“ Russi la notte?”
“ Quando mai! Le insalate non russano, tranne quelle russe.”
“ Allora puoi rimanere.”
“ Grazie, non sarà per molto, sono quasi arrivata”
“ Certo che sei arrivata, stai qui!”
“ Volevo dire appassita, sfatta.”
“ A me non pare, anzi, mi sembri in ottima forma.”
“ Tutta apparenza, credimi, faccio una gran fatica a tenermi intorno le foglie, neppure gli uccelli vengono più a liberarmi dai bruchi, e ormai non faccio altro che cantare con un po’ di malinconia le mie giornate di sottoblosco.”
“ Capisco, ma qui ti puoi fermare a prender fiato. Potrei prestarti qualche ifa, magari ci stili un paio di verdiversi.”
“ Molto gentile, Mic, penso proprio che accetterò il tuo dono. Grazie.”
“ Di nulla, in cambio ti chiedo solo di scrivere qualcosina anche per me, basterà, che so, un tanka da sciarpalcollo, così da ripararmi un po’ dal freddo.”
Intanto aveva smesso di piovere sulla bloghiera e presto anche nel blosco ci sarebbe stata una schiarita.
Ovunque c’era aria di rinnovamento, le blogherie vendevano di tutto, fumetti, pipe, calumet, immagini della madonna e barzellette sconce, veri shopshow, ma anche serissimi neridicorvo, scritti alla rovescia, mangimi per allocchi (i gufi e le civette fanno shopping all’estero), e infine trovare una sorpresa, a saperla cercare.
Cappuccina avrebbe voluto rimanere sotto il gentile Miceto, ormai tra loro si era stabilito un afflato da poeti (ché soltanto i poeti hanno l’afflato), per non dire di un sentimento di condivisione e anche qualcosa di più, ma capiva che sarebbe stato comunque per poco, lei era quasi marcita, e lui perdeva ife a tutto spiano.
Cosicché decise: avrebbe almeno ricambiato questo Mic che l’aveva accolta con affetto; affetto magari no, i funghi hanno affezioni, mica amore, ma forse micamore, ed anche le lattughe mica si concedono tanto facilmente.
Pensò a lungo, intanto che l’orlo delle sue foglie si sfrangiava.
Prese quindi una decisione, si sarebbe lasciata languire ai suoi piedi, anzi al suo piede, e avrebbe nutrito dei suoi elementi il caro ospite.
Non ci fu verso né versi, per smuoverla da questa decisione, Mic non aveva mezzi per scalzarla e mandarla via.
Così lei si ridusse pian piano, le sue trecce sbiadirono e si arresero al cedimento, qualcuno dei blog altolocati osservava senza muovere un sito o un foglio o una foglia; avevano tutti la puzza sotto il naso e, benché lei avesse sempre emanato soltanto un lieve sentore d’erba fresca, voltavano il capo e facevano finta di non vederla.
Giunse così il momento, Mic era desolato, non sapeva più che fare per impedire la fine dell’amica.
Vennero a trovarla in molti, fiori di campo sradicati, glicini senza rami, rose sfiorite, papaveri sornioni, gazzette ufficiali e subalterne, storni e galli da combattimento, bruchi diventati farfalle e insettistecchi.
Gli ultimi sguardi dalle rare spore rimaste, il fungo li dedicò a lei con una nenia che li accompagnava.
E quando fu sparita anche l’ultima traccia del verde sembiante dell’onesta e garbata insalatina, anche Mic si lasciò cadere sullo sfagno e, lentamente, entrò con lei nel più profondo sottoblosco che li accolse entrambi.
Cristina Bove
(Disegno eseguito al computer da Domenica Luise)
Avviso urgente: sul giardino dei poeti di Cristina Bove sono state pubblicate alcune mie poesie recensite da Flavia Isetta, se volete farci un salto ecco il link:
http://giardinodeipoeti.wordpress.com/2012/09/14/domenica-luise/#comments