La gazza ladra

Tutti sanno che le gazze, per lunga tradizione, sono raffinate ladre di gioielli. Non rubano per vanità né per avidità di soldi, ciò sarebbe peccato mortale. Rubano per pura bellezza. Ogni gazza che si rispetti possiede la cassetta di sicurezza in banca e, quotidianamente, passa ad ammirare la propria refurtiva da un minimo di mezz’ora ad un massimo di due ore. Loro lo chiamano “ andare in biblioteca “.

Anche Domilù aveva molti ori e gemme, ma il vero tesoro, lei, lo teneva in casa, nel buco.
Difatti le due ore legali di biblioteca non le bastavano. Era una passionale. Fissava tutti quei luccichii al chiarore di un candelabro d’argento, fino a quando migliaia di piccoli arcobaleni sembrava che cozzassero l’uno contro l’altro, si frantumassero in scintille di rapidissimi colori e poi si ricomponessero.
Quando si innamorò di un baldo giovine con le piume nere dai riflessi verdastri e le piume bianche che sembravano di neve, Domilù non sembrò più lei.
Incominciò a regalargli i gioielli più belli che aveva, infine gli mostrò il buco segreto.
Sebbene gli avesse donato spontaneamente le cose di maggior valore, egli non poté resistere alla tentazione di toglierle il resto. Domilù rientrò casualmente nel nido prima del previsto e lo colse sul fatto.
Non si fidò mai più di nessuno.
Fino a quel momento aveva guadagnato la vita onestamente facendo l’acrobata in un circo senza mai derubare persone inermi. Lasciò il lavoro ed incominciò a divertirsi.
Bivaccava nelle siepi degli ospizi e degli orfanotrofi. Più volte strappò il velo dalla testa a qualche suora, tanto per sentirla strillare un po’. Portava via finanche l’uncinetto dalle mani delle vecchiette e i lecca lecca ai bambini.
Tentarono di spararle ed una volta le strinarono una penna secondaria.
Era diventata una ladra  professionista. Le arrivarono parecchi avvisi di garanzia ed un paio di volte fu interrogata dalla polizia. Il suo atteggiamento indolente ed innocentino ingannava chiunque. Non c’erano capi d’accusa sicuri.
Il suo cuore sembrava un pezzo di marmo.
Adocchiò un’anziana signora che, ogni mattina, andava alla prima messa. Portava una giacca lisa, nera e lucida per il lungo uso, ma sul colletto brillava sempre un cammeo traslucido, con una piccola scena pagana: sotto gli alberi, Marte e Venere si abbracciavano circondati da vezzosi amorini. In un angolo Cupido tendeva un minuscolo arco.
Ma quello che fece perdere la testa a Domilù fu la cornice del cammeo, in filigrana d’oro, con perle vere e zaffiri di un blu profondo.
Prima o poi quella vecchia avrebbe dimenticato la spilla a casa.
Così ogni mattina la spiava, a quell’ora, fino a quando la vide uscire senza spilla. Era la vigilia di Natale. Con due colpi d’ala fu nel casermone dove lei abitava. Aprì il portoncino col grimaldello, fu facilissimo, il cammeo brillava sul comodino della misera stanza da letto.
Sulla toletta c’era un presepio con vecchie statuine scrostate.
L’armadio era piccolo, Domilù lo aprì, dentro c’era un’altra giacca nera, pure questa lisa e lucida, un vestito troppo leggero ed un cappotto troppo grande, rattoppato. Una maglia a collo alto e nient’altro.
Le venne un nodo in gola, forse perché pensò a sua madre, che era morta senza poterle dare gioielli dignitosi e per sé non aveva nulla, nemmeno una piccola cosa di stagno.
Scosse la testa e rise : < Vediamo cosa mangia questa vecchia domani che è Natale > disse a voce alta, ma nel frigorifero c’era soltanto una fettina di carne piccolissima ed una conca di verdura della più economica.
< E la pasta non se la fa? E non ha nemmeno il panettone? Ed è sola pure a Natale? > sussurrò Domilù. Perché quella vecchia non aveva nessuno, lei la controllava da mesi, nemmeno un nipote interessato, e poi, interessato a che cosa, cammeo a parte?
La spilla nascosta sotto l’ala le bruciava come un ferro rovente. < Non devo impietosirmi, non fa parte del gioco, gli altri non hanno avuto pietà di me > quasi gridò. Frugò convulsamente nei cassetti, in un portamonete mezzo rotto trovò due soldi di pensione.
Non c’era televisione né radio e, decisamente, niente buco coi gioielli dietro i quadri, che oltretutto non esistevano, a parte la modesta stampa di una Madonnina triste come capezzale. Muri spogli e neanche legna in una specie di caminetto rustico. Un freddo che pungeva le narici e riempiva i polmoni di umidità. Per questo tossiva sempre.
< Io non voglio affezionarmi ad una vecchia che poi muore > sussurrò.
Rimise a posto la spilla che, nella debole luce della lampadina, ebbe un bagliore blu.
Tornò nella propria, raffinatissima casa tutta bianca, con quadri d’autore incorniciati d’oro e d’argento alle pareti e forzieri di gioielli sparsi ovunque, perfino nell’armadietto del bagno. Le piaceva vivere in mezzo alla propria refurtiva, ma quest’oggi non si guardò intorno sostando compiaciuta come ogni volta che rientrava perché era troppo indaffarata a preparare un cestino con il pranzo, il panettone e un grosso ciocco trovato in giardino. Mise una busta con dei soldi lì in mezzo, una bella somma, corrispondente non so a quante pensioni della vecchietta. Era giovane e forte e si caricò il tutto sulle spalle quasi senza fatica.  Tornò a volo forsennato nel misero nido, sistemò la legna e accese il fuoco, preparò la tavola.
La spilla brillava come il frutto proibito nell’Eden, ma lei distolse gli occhi, <Basta > pensò.
Mise la busta coi soldi sul comodino.
Si sedette sul letto. “ Devo portarle anche una coperta di lana “ pensò, “ e una vestaglia. Non ha niente”. Il masso del cuore si sciolse all’improvviso e Domilù pianse tirando su col naso come quand’era bambina.  Chissà perché accarezzava il cuscino.
Il fuoco scoppiettava, ma lei non lo sentì. “ Devo alzarmi e andarmene o quella torna e…”.
<Cosa fa lei qui ? >, la vecchietta era apparsa all’improvviso e, tutta tremante, le puntava contro un ombrello blu scolorito.
Domilù sgranò gli occhi neri, un mare di capelli ricci coi riflessi viola le andò sul bellissimo volto, se ne liberò col solito gesto nervoso.
Subito dopo l’ombrello cadde dalle mani dell’anziana signora, che disse, con tono deliziato :< Mi hai portato da mangiare, la pasta al forno, il polpettone, il salmone, che profumo, le braciolette coi funghi… oh, grazie… Il panettone e lo spumante! >.
Le strinse le zampe gelide con le sue dita così bianche, sotto la pelle si intravedevano le vene azzurre, < Mi hai acceso il fuoco! >.
Le aprì le braccia, < Mamma > disse Domilù, < lei mi ricorda la mamma >.
Bel discorso sdolcinato per una ladra professionista.
<Avevo freddo e fame > disse la vecchia gazza, < ma tu sei un angelo… Chi sei ?>.
< Ero entrata qui a rubarle la spilla > balbettò Domilù, < dopo ho visto il presepio e io… Posso tornare a trovarla, qualche volta ? >.
< Sarai come una figlia per me >.
“ Non sono più una ladra “ pensò Domilù, “ sono una figlia “.

Domenica Luise

Mimma angiolettaElaborazione grafica di Domenica Luise

Auguri 2012 tre

23 pensieri su “La gazza ladra

  1. Che bella questa storia, proprio di Natale. Un cuore buono, anche se inaridito dalla sofferenza, dalla delusione, dal tradimento, può trasformarsi, ma mai fino in fondo. Un cuore buono prima o poi si commuove, si affeziona, lascia che si sciolga il ghiaccio che l’ha avvolto e torna a pulsare e ad amare.
    Buon Natale a te e alla tua famiglia!

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    • Sì, Katherine. Hai espresso benissimo il succo del mio pensiero. È questa la forza della speranza, che rinasce sempre dalle ceneri. Ho scritto questa favola molti anni fa, uscendo da una brutta delusione. Era un’amica conosciuta in chiesa, si trovava nel bisogno e le prestai del denaro, passarono gli anni e non si sognò mai di restituirmi l’allora mezzo milione che le avevo dato. Così imparai la lezione e anche a vincere le tenebre rinnovando ogni volta la speranza. Lei non ha perduto poi molto, le ho tolto solo la mia intimità e non sa più niente di me. Il perdono non c’entra: la perdono anche se non la capisco, ma non posso più tenermela accanto.
      Se il mio cuore non si fosse sciolto non avrei scritto questa favola né le altre e non avrei creduto che su internet, in mezzo ai numerosi imbecilli, ci possano essere persone sincere.

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  2. Che bel racconto – un miracolo di Natale – ma forse no, non si tratta di miracoli ma solo di evoluzioni dell’animo umano che devono necessariamente avvenire e che certi eventi, quali il Natale, facilitano. Non so. Spesso le “realtà interiori” sono complesse, intricate, ed è difficile esprimere un parere sulle persone – ciò che appare spesso è diverso da ciò che è… ma che il racconto è commovente quello sì che posso dirlo! e scriverlo!
    Auguri ancora!!

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    • Effettivamente siamo un miracolo nel complesso, terribili e magnifici abitanti del pianeta a spasso vorticoso nell’infinito. In questo miracolo gigantesco noi siamo gocce e dentro queste gocce avvengono strabilianti aggiustamenti di crescita (talora anche di regresso, purtroppo, ma a questo non voglio pensare, per ora). La gazza ladra ha attraversato la sua delusione e ne è venuta fuori per la forza della compassione e del coraggio. Difatti pensa: “Io non voglio affezionarmi a una vecchia che poi muore”. È come quando mi è morta la gattina che prediligevo (lei mi aveva scelta in tutta la famiglia, sempre ai miei piedi o in braccio, si chiamava Macchietta e non era una grande bellezza).
      È vero che le realtà interiori sono intricate, mai, mai, MAI presumere di conoscere l’altro.
      Per saperne di più e sei tornata qui, leggi il commento qui sopra e la mia risposta. E senz’altro il Natale ci aiuta a perdonare e perdonarci.

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    • Tornata a gustare questa favola che sa tanto di buono e che è davvero indicata per gli auguri di Natale.
      Peccato, poi, che certe realtà siano tanto diverse…
      Complimenti anche per l’angioletto! Sai avere una positiva carica di autoironia che è solo dei grandi (quel fiocchetto azzurro tra i capelli è delizioso!) 😉

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      • Certe rare volte anche le realtà più amare hanno un lieto fine inaspettato, però bisogna tenere gli occhi aperti e non illudersi ad ogni passo ingenuamente. Per quanto riguarda l’angioletto, nemmeno mi ricordo più da quale fotografia ho cavato la mia faccia, mi sono fatta la messa in piega e ho aggiunto sfondo, fiocchetto, tunica e ali. Per ottenere questo risultato c’è dietro un lavoro accurato. Le ali sono state disegnate tramite un bel programma di grafica (presto image folio, era in omaggio col primo scanner che ho avuto) e il gradiente nel quale posso scegliere ad una ad una le sfumature dei colori, per il fiocchetto mi è bastato paint, ho sfumato qua e là dove m’è parso ci volesse e mi sono aggiunta le lucine nelle pupille. Mi piace che l’immagine vibri. Scoprire i programmi di grafica è stato esaltante, una specie di moltiplicazione di Mimma…ah, ah, ah.

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  3. Fedro, Apuleio e La Fontaine messi insieme ti farebbero un baffo…
    La gazza è la metafora di ogni persona che si avvede che la realtà è diversa da ciò che pensava.
    Buon Natale alla più divertente scrittrice di mia conoscenza, reale.
    un abbraccio
    cri

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    • Ah, ah, ah, non sapevo di essere baffuta, e per di più da un lato soltanto. Certo che la realtà è SEMPRE diversa da quanto noi pensiamo o speriamo o ci illudiamo, ma poi ci adattiamo come un elastico e così slabbriamo, ci rattoppiamo per autoaggiustamenti vari e non oso pensare al risultato finale: un cencio da spaventapasseri.
      Buon Natale anche a te, Cristina: ogni giorno l’araba fenice rinasce dalle proprie ceneri. E adesso corro a impacchettare i regali, in quest’operazione non sono molto brava, mi aiuto con quei nastri che tiri da sotto ed esce un fiocco perfetto, con le bustine già pronte e con vari attrezzi, ma pasticcio lo stesso e i pacchetti mi vengono sempre storti, perdo questo e sparisce quello, il nastro biadesivo mi si appiccica sempre addosso, eccetera.

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  4. Mi piace soprattutto ‘Non sono più una ladra, sono una figlia’, come a dire che un affetto compensa di mille ricchezze godute in solitudine.

    Ho seguito il tuo consiglio, ho provato a mettere una storiella… Quando hai voglia mi dici cosa ne pensi, onestamente?

    E anche io voglio recuperare un tuo post saltato, Auguri cara Mimma, grazie di tutto

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    • Ho appena letto e commentato il tuo magnifico racconto, altro che “storiella”: semplice, vitale, conciso ed efficace, bello, bello davvero. Mi hai toccato il cuore facendomi passare dal sorriso al pianto in poche parole.
      Tra le mie favole di Natale ne ho una che forse non hai letto, ti ci metto il link e speriamo che funzioni, altrimenti le trovi, da quest’ultima alla prima, se fai clic nella prima pagina appena si apre questo blog alla tua destra su categorie-buon Natale.

      Il pastore, la pecora nera e il Natale

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  5. Auguri carissima
    Buon Natale e felice anno nuovo a te e fam.
    Grande storia di cuore, anche se offuscato, rinasce dalla cenere.

    PRESEPE
    (di uomini)

    E’ con la semplicità di essere
    figli, che Dio ha voluto
    mandarci il suo incarnato.
    Non un potente, non un guerriero
    a brandire la spada.
    Un bambino con la semplicità
    di braccia tese
    alla Mamma, un sorriso
    un semplice sorriso
    un dolce vagito a radunare i pastori.
    La forza della famiglia
    uniti nell’abbraccio di un bimbo
    a coronare il mondo.
    Noi, chiamati a vegliare la Stella
    cometa e a seguirne il cammino
    Noi, pastori nel deserto di transumanza
    preghiamo
    in attesa del Verbo fattosi
    carne…

    B U O N N A T A L E
    Un abbraccio sincero con la speranza nel cuore
    Chiara

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  6. Ai bei sogni innocenti, cara Chiara, purtroppo, fa riscontro una triste realtà: due donne ammazzate dal maschio prevaricatore, per carità, distruggete il più possibile il presepio che amiamo, tanto sono soltanto i poveri a crederci, quelli onesti, che lavorano senza imbrogliare e pagano perfino le tasse, bollette, balzelli ingiusti, risparmiano sui regali di Natale e restano a casa invece della vacanza mordi e fuggi, ma sono senz’altro più felici dei miserabili profittatori. Non è concessa un’illusione di pace nemmeno a Natale. Sono contenta di essere diventata vecchia, me ne vado senza il minimo rimpianto da questo postaccio.

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  7. Se cerchi sul dizionario la definizione i ‘Pace’ trovi ‘Assenza di guerra’.
    Questo dice tutto.
    E’ una conquista da difendere, non andartene da questo postaccio, sei una combattente, aiutiamo a far da barriera. E a proposito di barriera: domani, se il mio fratellino Stefano non si ripiglia la chiavetta, leggo la tua storia del precedente Natale ( ho solo guardato i bei disegni :)).
    Ogni fiammella tiene lontano il buio, cara Mimma, e tu sei luminosa. Non ti sconfortare!

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    • Io credo che proprio questa sia la forza del natale: rinascere da ogni sconforto perché, se anche in te non trovi ragioni di mestizia. ti guardi intorno e vedi la sofferenza dapprima dei più cari e, ad allargare, degli amici, dei poveri, di tutti coloro che debbono subire prepotenza e ingiustizia. Ciò talvolta diventa per me insopportabile tanto da vedere la morte come una liberazione, ma quando in certi momenti si tocca il fondo e ci si sente a terra, il colpo mi risolleva. Ah, le ragioni della vita malgrado tutto! Ciao, cara, e buon proseguimento delle feste insieme al tuo fratellino Stefano.

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  8. Ciao Mimma.
    La presentazione di Domilu è esilarante. La favola è scritta benissimo e, tra una trovata e l’altra, si giunge al lieto fine soddisfatti. Sempre brava e ancor più.
    Tanto dolce Mimma angioletta.

    ti auguro di cuore salute e allegria sempre.

    franca

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    • Grazie, Francuzza, il tuo augurio è adattissimo alle mie necessità, ma qui mi si sta abbacchiando di troppo lo spirito, guardarsi intorno e nei telegiornali è terribile. Mi chiedo a che cosa serva tanto travaglio, sempre a partorire e mai a nascere.

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    • Grazie, Marzia, altrettanto per te, per quanto molte o troppe volte la riflessione sia amara pure durante il Natale. Vorrei un po’ di bene per quest’umanità in travaglio, che non sa godere degli affetti semplici, i soli che guariscano e confortino.

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