L’erba voglio

 
Era un'erba velenosa dal cuore d'oro. <Non mangiatemi, morireste> diceva
sempre ai vermini, ma quelli niente e così poi, anziché diventare farfalle,
giacevano tutti intorno a lei come in un cimitero  ed essa stillava lacrime
dense e amarissime. Infine l'uomo scoprì che una sola di quelle preziose
gocce faceva passare la tosse, guariva i bronchi e i polmoni, curava
magnificamente la stitichezza, il mal di denti, i dolori mestruali, stirava
le rughe e faceva tornare i capelli bianchi al proprio colore naturale.
Era un ottimo eccitante per i deboli e i pigri mentre agiva da calmante
ai malati di nervi, faceva perfino partorire senza dolore in perfetta
coscienza come ogni mamma vorrebbe. Messa nei campi li concimava in
maniera naturale e somministrata ai nani li faceva crescere.
Così gli uomini non sapevano nemmeno che nome dare a questa panacea,
qualcuno suggerì "l'erba del sogno" oppure "l'erba dei desideri", chi
ne sentiva l'acuto e strano odore, chissà perché, diventava subito allegro.
Infine uno studioso, in un simposio internazionale, propose di chiamarla
"l'erba voglio". Le ditte farmaceutiche, tuttavia, non ci poterono fare
grandi affari perché l'erba voglio nasceva spontanea dapertutto e, data
la grande pubblicità dei mass media, ognuno la riconosceva e bastava
masticarne una fogliolina di media grandezza per ottenere, in una volta,
tutti gli effetti benefici.
Quando poi si scoprì che faceva toccare e mantenere il peso forma anche
agli obesi, ogni villino, balcone, finestra e catapecchia ebbe il suo bel
cespo di erba voglio. Gli uomini e le donne, al mattino, appena svegli,
la masticavano prima del caffè e non gliene importava nulla del saporaccio
e se le piccole spine, che stavano intorno alle foglie, gli punzecchiavano la
lingua. Si poteva pure mangiare bollita, come verdura, ma gli effetti benefici
non erano così eclatanti.
Ben presto fallirono tutti i medici, chirurghi, farmacisti, fisioterapisti e
dietologi, chiusero finanche le palestre perché, come effetto collaterale,
l'erba voglio rassodava i muscoli ed appiattiva la pancia. Si vedevano
giovanotti e signorine che sembravano tutti di vent'anni anche se ne
avevano ottanta. Gli ospedali divennero discoteche e nelle farmacie si
vendevano fiori di campo coi quali maschi e femmine adornavano i capelli.
Nessuno rubava più e tutti vivevano felici e contenti facendo soltanto quello
di cui avevano voglia. Appunto.
Si erano dimenticati di lavorare, non pensavano più alla pensione né alla vecchiaia e nemmeno cucinavano, tanto bastava un'altra fogliolina e si
sentivano sazi.
Così l'erba voglio finì perché gli uomini la mangiarono fino all'ultimo stelo
e non si trovò neanche un suo seme in tutta la terra. Soltanto una vecchietta,
che l'aveva coltivata non per uso commestibile, ma perché le piaceva lo strano
fiore carnoso che l'erba voglio faceva ogni tre anni, continuò a possederne
un cespo. Una mattina si sentì venire meno mentre lavorava in giardino,
"È giunta l'ora" pensò, ma in quel momento si aprì il fiore dell'erba voglio,
un po' di polline stuzzicò il naso della vecchietta, che starnutì, disse:
<Ma com'è possibile?> e, non più rimbambita, saltò dalla sedia a dondolo
balzando nei vialetti del giardino, coi capelli biondi fluenti nel vento, gli occhi
che ci vedevano bene, senza rughe e dimagrita di ventidue chili e mezzo.
Fu così che gli uomini ebbero nuovamente l'erba voglio, ma stavolta furono
più prudenti e conservarono accuratamente i semi per i tempi di penuria.
Si svilupparono gli studi e le arti, grande incremento ebbero i viaggi spaziali
e la colonizzazione di nuovi pianeti che abbiamo tutt'intorno, ma non
vedevamo perché circondati di antimateria. Del resto non si moriva più
per cause naturali, ma soltanto per incidenti occasionali e la terra, in breve,
non avrebbe sopportato più il peso di tanta umanità,  quindi occorreva
non solo esplorare al meglio l'universo, ma anche costruire nuovi pianeti
a distanza raggiungibile dalla terra e furono suddivisi in pianeti popolari
per i poveracci e pianeti residenziali per i privilegiati, che non mancarono
nemmeno allora.
La vecchietta, che era una poetessa zoppa in incognito, continuò a coltivare
l'erba voglio per diletto, ma si tenne una seconda piantina per uso proprio
perché anche a lei piaceva molto sembrare una ragazza, sentirsi in forma e
si era riabituata ben presto a ballare quasi tutte le sere nelle discoteche
con i coetanei ottantenni.
Ormai l'umanità aveva tutto quello che voleva, e cioè la conclusione delle fiabe:
e vissero felici e contenti.
Non lavoravano; non si preoccupavano della pensione; erano giovani, belli,
sani e magri, si divertivano coi viaggi spaziali, vivevano come principi
e principesse, eppure qualcosa gli mancava, ma non sapevano cosa perché
nemmeno l'erba voglio basta a saziare completamente il cuore umano.
                                                                                                                                   Domenica Luise

 

19 pensieri su “L’erba voglio

  1. Ciao carissima
    come sempre le tue fiabe
    mettono in discussione l'anima.
    Mi piace"l'erba voglio"
    mia mamma me lo diceva spesso
    e continuava "non esiste nemmeno nel giardino del re".
    Favola strepitosa
    bella
    come sei tu.
    un sorriso
    un abbraccio
    Chiara

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  2. spero che la vecchietta me ne dia almeno una fogliolina!..
    o un semino, che poi ci penso io a coltivarlo.
    e mi accontenterò, lo giuro, perché il mio cuore sa quello che vuole, e l'erba l'aiuterebbe soltanto a conquistarlo.
    bella fiaba mimmiana, spiritosa, arguta, e con l'nimitabile verve dell'Autrice.

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  3. Buonasera, signore. Benvenute, o mie audaci, che per un poco di erba voglio affrontate il caldo, la tempesta e l'onda anomala. Già, Chiara, anche a me lo ripetevano sempre: l'erba voglio non nasce nemmeno nel giardino del re. Santa giustizia !
    Isadorata, quando le mamme o i papà o i nonni leggono le mie fiabe ai loro bambini io faccio la ruota della pavonessa Mimma.
    Cristina, per te ce n'è una pianta rigogliosa, in quanto alla vecchia poetessa zoppa, ci sono cose che proprio non può tenere per sè, come la poesia, che le sazia il cuore ben di più dell'erba voglio. Non avrei saputo desiderare né immaginare tanta poesia.

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  4. O DOLCE AFFABULATRICE
    dal cuor d'oro.Sai che ti dico? Mi tengo la fiaba per quando son giù e lascio l'erba che NON voglio a chi ne ha bisogno.Da donna pratica e anche un poco no,preferisco magnà l'ovo oggi  che la ruspante  domani.Domani potrei essere in quell'ovo magnato.Ciao Stella d'Oriente,Bianca 2007

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  5. Eh! Nessuno ancora al mondo m'aveva mai chiamata stella d'oriente. È vero: possiamo fare a meno dell'erba voglio, la poesia basta e avanza.
    Ma se tenesse giovane anche il corpo oltre che l'anima sarebbe  meglio. Ah, ah, ah.

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  6. Quanto mi piacerebbe! Giusto per mettere a posto un paio di cosette, io come Cristina ne farei buon uso. Purtroppo il cuore umano è incontentabile: se la vita fila liscia come l'olio non trova gusto nella sopravvivenza, ecco perchè non si accontenta e desidera l'impossibile.

    Le tue favole hanno il sapore della gioia e del buon umore, cara Mimma.

    con affetto
    annamaria*

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  7. Vero non siamo mai soddisfatti, bisognerebbe avere un gran cuore e anche coraggio per vivere felici!
    Bello sentirti di nuovo gioiosa: sei una fonte di sentimenti inesauribile Mimma!
    Bacione:-)

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  8. Io ho sempre fisso in testa, da quand'ero giovanissima e l'ho sentito per la prima volta, un pensiero di S. Agostino: " È inquieto il nostro cuore, o Dio, finché non riposa in te".
    Dopo l'esperienza di una vita, posso dire che ha perfettamente ragione.
    Siamo fatti per altre felicità alle quali la terra non basta, per questo nemmeno l'erba voglio è sufficiente. Siamo sempre felici quasi, non felici e basta.
    Allora vi auguro di essere tutti sempre quasi felici in attesa di migliorie.
    .

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  9. Chissà, forse il segreto sta proprio qui. Chi non prova mai dolore, ansietà, preoccupazione, chi non suda per raggiungere un traguardo, non riesce a riconoscere la felicità. Quando tutto è scontato, quando niente più desidera si ardentemente, quando tutto si ottiene facilmente, tutto diventa abitudine, noia, routine e niente dona più gioia.
    L'uomo ha bisogno di faticare, soffrire, ansimare, per raggiungere le sue mete e solo allora sarà felice per essere finalmente arrivato, ma poi ricomincerà a desiderare, a correre, a voler salire sempre più in alto e non sarà felice finchè sarà nuovamente arrivato in cima.
    Che strani questi uomini e che strano il loro destino! Incapaci di accontentarsi mai….

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  10. Buonasera, belle fanciulle. Stasera qui si va a fuoco, mi aggiro in mezzo a tre finestre aperte. L'umidità sembra diminuita, difatti mi sono scomparsi i doloretti dell'artrosi. Mah, meglio così. In questi ultimi anni di vita ho capito che l'essere umano è inadatto al "troppo": i troppi malanni, ma anche la troppa fortuna o ricchezza o amore. Una mia amica aveva perduto la testa per il primo amore quando entrambe eravamo giovani, mi ha confidato che poteva sopportare di incontrarlo un giorno sì e un giorno no per la violenza delle emozioni. 
    Il problema più grosso, tuttavia, è che, quando ci vediamo amate, sprechiamo l'amore dandolo per scontato. Io sono stata sprecata spesso con l'illusione che tanto potevano ripigliarmi quando ne avevano voglia. Non è così perché invece l'amore va salvaguardato e curato, è una pianta non solo rara, anche fragile e le delusioni la mutilano.
    Gli uomini sono incapaci di accontentarsi per propria grandezza, difatti cercano un oltre che nemmeno essi sanno, al di là delle forze cerebrali, intellettive e anche inituitive di cui siamo dotati in terra. L'erba voglio, se ci fosse, non risolverebbe questo dilemma.

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  11. PS: Sara, ormai lo so che tu dimentichi sempre di firmare…Toh, miracolo: è arrivato un alito di brezza sulla fronte. Dormite serenamente tutti dopo una bella serata. Ciaooooooooo.

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  12. Le cose ottenute troppo facilmente non hanno il sapore della conquista,
    mentre le cose ottenute col nostro lavoro, con le nostre capacità e col nostro ingegno hanno un valore impagabile…
    E meno male!!
    Sei un'affabulatrice impareggiabile! (sto ancora ridendo e sorridendo!!…)
    Buonanotte a te!

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  13. Stavolta ci sono riuscita: ho fatto un sonno delizioso, ho dovuto soltanto scacciare una zanzara, che ho fatto fuori al terzo scappaccione, stamattina il mio primo pensiero urgente è stato di mettermi un'altra piastrina nuova accanto al letto. Ecco.
    Sì, Francesca, lo credo anch'io, le cose ottenute con l'inganno, le raccomandazioni e le offese ai meritevoli calpestati non potranno dare mai soddisfazione agli inetti, è una cosa alla quale dovranno rinunciare. Mi diverto tanto dapprima a scrivere queste favole e poi a sentire quanto vi divertite. Faccio ridere: vi pare poco, specialmente di questi tempi?

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  14. Ehh, chi non vorrebbe l'erba voglio Mimma, chissà ! Dici che non ci basterebbe ? Dobbiamo nutrire non solo il corpo ma pure il cuore, è vero, però avere più  energia in questo momento non mi dispiacerebbe sai, un corpo bello tosto da  atleta !
    Sempre stupendi i tuoi racconti, fai riflettere e sorridere insieme, che forte !

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  15. Cara Mimma, che incontentabili! Accidenti…non è che ne coltivi tu in segreto…magari una fogliolina per il mio mal di schiena, per il resto posso tenermi rughe e chili in più, faccio a meno di ballare…e tutto il resto…

    Ehi! Non è che troveremo noioso anche il paradiso?
    Forse per questo la maggior parte degli uomini fa di tutto per andare dritto all'inferno…ahahah.
    Come al solito sei bravissima nel favoleggiare, ma sempre con una bella morale importante.

    Un caro abbraccio

    frantzisca

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  16. Ah, ah, ah, il corpo bello tosto da atleta servirebbe anche a me. No, frantzisca: il Paradiso d'amore svelato è l'unico che corrisponda perfettamente alla sete e all'appagamento umani. Non può annoiare mai, nemmeno in minima parte. L'amore viene goduto intellettualmente, con "sensi", per così dire poiché non sono sensi, ma potenze dell'anima umana, da noi attualmente ignorati e incompatibili alla condizione umana. Sarebbe come fare la villeggiatura, corpo ed anima, sulla superficie solare senza bruciarsi, ma godendosi il fuoco.

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