L’ape regina

 

 


In un alveare può starci soltanto un'ape regina. Carmela, detta Ylenia,
nella sua famiglia si sentiva tale.
Aveva meditato a lungo su come trasformare il proprio nome uguale a
tutte le altre Carmele del paese, c'era anche una Melania. Così le venne
in mente Ylenia e si sentì come rinnovata quando passò, dalla propria
numerosa famiglia di contadini, alla casa dell'ingegner Barberoni, che
si era invaghito della sua bellezza. Adesso possedeva una camera da letto
di legno massiccio, con un armadio quattro stagioni, grande specchio sulla
toletta, stanze per tutte le necessità, salone con quadri quasi d'autore,
camere degli ospiti, abiti, pellicce, gioielli, giardino con orto e frutteto e
tutto quello che le serviva. Veramente mancava solo un po' di istruzione
perché si era preso il diploma magistrale ripetendo gli anni, lo studio la
stancava e le veniva subito mal di testa. Suo marito, più vecchio di lei circa
di quindici anni, era dell'opinione che la donna dovesse fare la moglie e la
madre senza sfacchinare dentro e fuori, sicché le teneva tre domestiche:
una per i lavori grossi, una che ci dormiva e l'altra saltuaria. Ylenia non
rimaneva incinta e tentarono di tutto, tranne l'adozione perché lui era
contrario. Alla fine Ylenia fece una novena alla Madonna e per il resto dei
suoi giorni fu convinta del miracolo: nacque una bambina stenterella, che
ebbe bisogno subito dell'ossigeno e rimase cagionevole per tutta l'infanzia,
bassa e mal cresciuta per quanto l'imbottissero di vitamine e ginnastica
correttiva. Per rispetto alla Madonna la chiamarono Maria, anzi Marilina,
che le piaceva di più o dispiaceva meno.
Da signorinella divenne graziosa, per quanto davvero magra e senza seno.
La madre incominciò a comprarle abiti firmati nelle migliori boutiques e ad agghindarla perché si sa, dopo il diploma la ragazza era pronta per fidanzarsi.
Ogni sera, tempo permettendo, Marilina faceva una passeggiata con ragazzi e ragazze della sua età, era sempre la più elegante e la meno richiesta: < Sì, mia
figlia è timida, studia sempre, fosse per lei non andrebbe nemmeno a mare >
diceva sua madre strattonandola, nell'intimità, perché alla fine si mettesse con qualcuno e non restasse zitella, e stesse attenta a non pigliarsi uno spiantato.
Si era subito resa conto che la figlia non aveva voglia di continuare a studiare, proprio come lei. Si lasciava vivere con una specie di rassegnazione ineluttabile rimandando qualsiasi iniziativa.
Con queste prospettive meglio che si fidanzasse finché era giovane e facesse piuttosto la moglie,mestiere che a Ylenia sembrava il meno difficile.
Incominciò ad organizzare festicciole in terrazza invitando accuratamente i prescelti: ragazzi benestanti e signorine di modesta estrazione.
Là in mezzo sua figlia, per quanto davvero un po' bassina, spiccava per la
finezza e gli abiti eleganti, né Ylenia si rendeva conto che gli altri le ridevano dietro le spalle per quel modo esagerato di vestirsi.
Una compagna di classe c'era, che avrebbe volentieri evitato di invitare, la figlia dello spazzino, pardon, operatore ecologico, una certa Giovanna. Aveva la stessa taglia di Marilina, però era alta e con i capelli biondo naturale, pelle rosa
perfetta senza nemmeno un brufolo, accidenti a lei. Era fidanzata col figlio
del medico, che poteva andare bene, invece, per la sua bambina.
Stava seguendo un corso di figurinismo con l'intenzione di fare la sarta, proprio
un bel mestiere senza futuro, pensava Ylenia compatendola perché in fondo non si sentiva cattiva. O almeno così pensava. Voleva soltanto aiutare un po' il destino accasando la figlia, tutte le madri se ne occupano da subito.
L'invitò alla festa dei vent'anni di Marilina solo perché voleva che ci andasse
il ragazzo.
Arrossendo, Giovanna rifiutò e disse che non aveva un abito adatto.
Allora Ylenia insistette e le regalò un grosso sacco di vestiti smessi dalla sua Marilina primo perché doveva liberare l'armadio, che era pieno, secondo perché
a sua figlia stavano troppo lunghi oppure si era stufata di vederli e terzo perché
le piaceva, e non poco, fare la generosa. Chiese scusa di quanto le dava mostrandole
i pezzi uno per uno e vantandone l'alta sartoria, Giovanna, umiliata e tutta rossa,
fu costretta non solo ad accettare l'invito, ma anche a tornarsene a casa carica come un mulo.
La sera della festa Ylenia, in nero lungo scintillante, schiena nuda e boa celeste buttato su una spalla, smistava i partecipanti mentre suo marito calmava la sete tracannando aperitivi e la fame coi tramezzini e i rustici, tanto per mantenere
la propria linea com'era: perfettamente ovoidale.
Giovanna indossava un abito di quelli smessi da sua figlia, ma gli aveva tagliato
una manica fino alla spalla, l'altra era stata ridotta e l'aveva allungato con una sciarpa a fiori in tinta, lasciando l'orlo decisamente irregolare. Il vestito aderiva sulle sue belle forme, delle quali Ylenia non si era ancora accorta. Tutti la circondavano e le facevano i complimenti, il suo ragazzo non la mollò un attimo
né le staccò gli occhi di dosso, lei era semplice, tutta rossa e talmente bella da togliere il fiato. Ylenia giurò a se stessa che non l'avrebbe invitata mai più.
E sapeva cucire da maestra: l'abito di Marilina non sembrava più quello, l'irregolarità delle maniche e la sciarpa di chiffon a fantasia drappeggiata
all' orlo non erano raffazzonati, ma armonizzavano perfettamente. Al collo
portava una catenina d'oro sottile. Ylenia, dentro se stessa, dovette ammirarne
non solo la bellezza, ma la qualità della fantasia e il talento. Le venne in mente
anche la parola classe, che scacciò decisamente con un cenno del capo e
corrugando la fronte.
< Le piace, signora, come ho adattato il vestito? > chiese Giovanna vedendosi guardata così tenacemente, < Certo, certo, mia cara > rispose Ylenia con atteggiamento che voleva essere condiscendente e fu rabbioso. Cercò sua figlia,
che si era seduta in mezzo alle vecchie a gambe incrociate e stava ascoltando,
con sguardo intento, di quanto fosse peggiorata l'anca usurata della gamba
sinistra della propria zia, professoressa di lettere in pensione, che tutti continuavano a chiamare Mimì, < Nei raggi si vede come una pallina con tante
spine di osso intorno, certo che appena faccio due passi sento dolore > declamava
la suddetta sospirando e prendendo una posizione il più possibile comoda sulla
sedia, portava alla scollatura dell'abito in seta cruda grigia una spilla antica, un tralcio di fiori in oro, argento e pietre preziose, che a Ylenia faceva gola da sempre, gliel'avrebbe strappata. Sarebbe stato giusto che la regalasse a
Marilina, dato che non aveva figli, e perché aspettare dopo la morte?
Tanto a lei a cosa serviva? E doveva avere del gran bel corredo nuovo nella
cassa ai piedi del letto antico di ferro battuto, coi pomi di opaline celeste,
sarebbe stato tutto di sua figlia, ricordava una coperta di damasco pesante
rosso e arancio e quell'altra, con le fanciulle danzanti dipinte a mano nei
quattro angoli e il primo piano di profilo nel rosone centrale, rose carminio e farfalle. Ylenia credeva di avere affetto sincero per sua sorella, che ai tempi
aveva fatto un gran matrimonio d'amore e di ricchezza. Adesso era vedova, benestante e sola, perciò era stata pressantemente invitata. Ora vecchia sì,
scema no, per cui aveva addotto molte scuse, ma dietro le insistenze alla fine
era andata, con un'amica pure, che sembrava piuttosto sveglia e ad Ylenia non piacque per niente. Non voleva che approfittasse dell'ingenuità di Mimì, troppo leggera nel mettersi persone in casa. Sarebbe stato buono che Marilina si convincesse ad abitare con la zia con la scusa della compagnia, ma da
quell'orecchio la ragazza non ci sentiva, anzi era sorda del tutto.
Durante la serata venne fuori che l'abito grigio della zia Mimì era stato creato
e confezionato da Giovanna, la quale l'aveva pure truccata e pettinata. Qui Ylenia
si ritrovò a bocca aperta per un bel po' perché le era sembrato firmato da chissà chi. Intanto Giovanna ballava col fidanzato, perfettamente a proprio agio entrambi, la figlia dello spazzino e il primogenito del dottore, mentre sua figlia continuava a stare fra le vecchie ed adesso ascoltava com'era andata la bronchite quasi polmonite della moglie del maresciallo dei carabinieri.
Indossava un abito color crema, di lino, con camicia di seta in tinta uguale e giacchino svolazzante, scarpe e borsa rosso lacca, che erano costate un patrimonio.
Aveva un difettuccio: i polpacci grossi, per questo Ylenia avrebbe voluto che mettesse un completo pantaloni, ma la ragazza aveva preteso la gonna stretta a tubino per forza e ogni tanto si doveva alzare per riprendere fiato, tanto la fasciava sulla pancia.
Ylenia vide che nessun giovanotto le si avvicinava per chiederle di ballare o almeno
a rivolgerle la parola. Pensò che i giovani sono maleducati ed anche spietati.
Invece andavano tutti intorno a Giovanna e al suo ragazzo come api sul miele. Appunto: Era quell'altra l'ape regina, né lei né sua figlia. Un'ape regina ad ogni alveare, una sola.
Indispettita si avvicinò al gruppo dei ragazzi che si agitavano ballando tutti insieme, < Ma ascoltate tutti >, gridò.
Fermarono la musica e le fecero cerchio intorno con sguardi interrogativi.
< Ma ci credereste che quello splendido abito di Giovanna l'ha fatto lei, anche se non proprio del tutto? Insomma, se l'è aggiustato da sola perché, ci credereste?
Era di Marilina. Ci credereste? >.
Così disse a voce alta e chiara mentre Giovanna diventava scarlatta.
Il suo fidanzato la strinse a sè e scoppiò a ridere: < Sposerò un genio dell'alta
moda > affermò riprendendo a dondolarsi come ballando senza musica. Tutti si affollarono intorno a Giovanna con esclamazioni di stupore e nessuno la prese in giro, proprio nessuno. Perfino le vecchie si agitarono e fioccarono le ordinazioni.
Intanto Marilina era passata dalla bronchite della moglie del maresciallo dei carabinieri ai dolori dell'artrite reumatoide della preside delle scuole medie.

                                                                    Domenica Luise

15 pensieri su “L’ape regina

  1. Eh, sì, così è la vita!Sembra l'inizio di un romanzo che riguarda le famiglie-bene (bene, solo per i soldi, si sa..) dell'800.Ma forse avvengono ancora queste cose.E comunque hai tratteggiato molto bene i sentimenti dei vari personaggi in azione.Brava, Mimma.Ciao,Wilma.

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  2. l'avevo letto già da qualche parte, (club?) e ricordo bene che mi piacque già allora.hai descritto con la tua solita maestria una vicenda che si presenta piuttosto spesso nella vita reale.come sempre le tue trovate esilaranti che fanno scompisciare dal ridere, tipo la "condanna" ad ascoltare tutti i malanni sciorinati dalle lamentose signore.

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  3. Oh, certamente, Wilma, avvengono, ma nessuno le confesserebbe mai, tutti ne sorridono come di cose dei due secoli fa, oggi i ragazzi caccerebbero fuori a pedate e sarcasmo i genitori dalla propria "festa".Però poi si brigherebbe diversamente.Cara Cristina, ti ricordi bene,  ho pubblicato questo racconto alcuni anni fa sul club poeti e si sono molto divertiti.Vivete felici alla faccia dei guai sempre in agguato.

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  4. Vorrei avvertire gli amici che la formattazione dei miei testi in prosa non è colpa mia, splinder NON obbedisce e non pubblica ciò che vedo nell'anteprima, ho provato di tutto, ma mi manda sempre a capo una parola arbitrariamente ed è ovvio che questo dia fastidio alla lettura.

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  5. Che bella storia, cara Mimma, rispecchia la realtà, ancora al giorno d'oggi, di molte famiglie che vivono rodendosi l'anima e le figlie si vestono di prosopopea che le relega nella solitudine. Mi sono molto divertita, la tua sottile ironia è una goduria.Buona giornata, un caro abbraccio.annamaria

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  6. Bravissima come sempre in narrativa, cara.  Molto carina questa storia, e insegna anche molto. Ma tu sei una miniera senza fondo. Chissà quante altre ancora ce ne offrirai. GRAZIE!!!!!!!Un bacioRossella

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  7. Narratrice sagace,ironica,coinvolgente…come vicina di casa ho una famiglia così , perbenista a parole ,chiusa in un bozzolo che non vede al di là del suo naso…Mi copio il tuo racconto e glielo metto nella buca:che dici ,capiranno?Un abbraccioTinti

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  8. Buonasera, signore, sono contenta di avervi divertite. Quando insegnavo in Calabria ho visto qualche quadretto del genere, piuttosto interessante. È avvenuto nel secolo scorso, mica all'età dei dinosauri. Mah. Per quanto riguarda la tua idea, Tinti, no, non credo che si riconoscerebbero: non vediamo i nostri difetti reali, ma siamo bravissimi a immaginare quelli degli altri.Buona cena, felice serata e rallegratevi per il dono della vita.

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  9. Me la ricordavo, la povera Marilina, Giovanna e l'ape regina. Mi piace per quei piccoli dettagli che sai tratteggiare così bene e che rendono di spessore i personaggi.Ciao Mimma

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  10. Mimmina mia bella, ma qua ci si sciala tra una riflessione, una risata e un divertito seguirti nelo scenario umano che tratteggi con sapienza psicologica.Mentre ti leggo, e trovo il finale esilarante, mi chiedo quanti dei personagi che affollano questo "plot" (degno di uno scrittore d'annata) sono stati ispirati dalle tue frequentazioni..dai, Mimmina, confessa..

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  11. E me lo ricordo anch'io la povera marilina oltre a nascere un po' bruttina pure una madre così si ritrova…Descrivi bene tutte le piccolezze umane che ci abitano, e sì, siamo proprio così, purtroppo !! Brava Mimma !

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  12. Per questo, Paola, dovremmo armarci di umiltà anziché di prepotenza e mai dare per scontati gli altri né sottovalutarli: potrebbero riservare sorprese e soppiantarci bellamente.

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  13. Mi fa pena la figliola con una mamma così, poverina. Sempre ironica mia cara. La prepotenza e l’ arroganza della mamma non aiuta certo la ragazza.
    Un bel racconto, descrive bene il comportamento di alcune famiglie bene che hanno la puzza sotto il naso.
    Un abbraccio
    Chiara

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