Poeti di oggi, Nina Maroccolo: Amerò i tuoi dubbi


DON TONINO

 Oh, Giuseppe! Falegname virtuoso, uomo
del silenzio che costruisce, lima, pialla
la spiritualità – forse già incolla i cuori.
Non era questo ciò che volevo sentirmi dire!
Scivolo nel dolore senza farne ritorno.
Penso alla riservatezza di certi spazi
con la sfrontatezza di chi domina l’universo.
Dovrò accettare l’inclemenza dei giorni,
opponendo la ragione alle sacre insidie
dei suoi vezzeggiamenti. Identità, ancora
identità…

 SAN GIUSEPPE

 Non bivaccare nell’opacità. Smetti di lamentarti
con tortura di bocca. Sei lacrima campestre.
Piangi per inondarmi di gioia!…Consenti al presente
la mietitura del grano, e non chiedermi perché
io taccia dolente per Colui che si fa attesa.
O se l’uomo taccia, malgrado io continui la veglia.
L’albero non è dissimile dall’uomo. Il suo desiderio
è toccare la sostanza del cielo: più è alto, più
il suo destino si trasforma in preghiera. Perché,
altrimenti, le piante secolari resisterebbero al tempo?
Le loro invocazioni non sono udite né ascoltate.
Sono sentite. E non hanno paura, nella loro infermità,
di lasciare tracce riconducibili a sè. Identità…
La volontà è temibile quando ne avvertiamo la perdita.
In quel ventre di polvere abbi la forza di cantare.

Dove crediamo la parola, la voce perduta – noi sappiamo.
Sappiamo guardare?
No. Sappiamo sentire:
In veste di piuma.
In cantico d’uomo.
Giungendovi lacrima.

La poetessa Nina Maroccolo ci presenta un colloquio tra San Giuseppe e don Tonino, di cui scelgo la parte conclusiva. Per tutta la poesia la risoluzione tra il dubbio umanissimo di don Tonino e le esortazioni di San Giuseppe, uomo anch’egli, ma con un contatto chiarificatore con il divino trattandosi di colui che dovette accogliere Gesù e credere che fosse figlio di Dio e Dio egli stesso, dicevo una risoluzione sia pure parziale è in quelle parole che Nina ripete e con cui conclude: “giungendovi una lacrima”.
Quella lacrima è la compassione vicendevole per i nostri peccati, ai quali non ci rassegniamo, ma con cui ci ritroviamo sempre a fare i conti, ma è anche la lacrima per l’oscurità di fede tremenda nella quale, su questa terra, annaspiamo cercando qui o lì e quante volte invano, mai soddisfatti: le altre chiese, il rinnovamento carismatico, le visioni di Medjugorje, l’induismo, lo yoga, il digiuno e quant’altro.
Se non siamo cattolici la situazione non cambia, muta soltanto la terminologia. Forse, tuttavia, ci potrà confortare prendere coscienza che il dubbio è sempre la radice di una fede.
La poesia di Nina si intitola Amerò i tuoi dubbi, è dedicata all’amico Abele ed è la parola di una che comprende, non solo, ma anche ama quel tormento che, lo diciamo o no, e solitamente non lo diciamo, è cecità comune.
Ma non è soltanto Nina ad amare l’aggrovigliato dubbio umano, anche San Giuseppe lo ama, lo carezza (la carezza divina passa nelle parole e nelle dita umane) , ma non soltanto Nina e San Giuseppe amano il dubbio umano, anche Dio lo ama, e alla maniera divina indicibile a tutta la più elevata poesia umana.
A noi è chiesta quella lacrima. Anche ai signori uomini, così restii a piangere perfino quando sarebbe indispensabile.
Forse le metafore servono a nascondere quella lacrima di cui abbiamo così tanto pudore.
San Giuseppe dice a don Tonino: piangi per inondarmi di gioia.
Vorrei evidenziare queste parole di Nina: la lacrima lava e trasforma il nostro dolore in gioia ad una dimensione così elevata che non possiamo vederla né capirla e nemmeno sopportarla perché fa troppo male dentro l’anima, dove siamo delicati e inermi.
Eppure è la gioia dei santi e dei poeti, che intravedono una verità ancora nuvolosa e sanno senza sapere. Strano, ma sembra che funzioni proprio così: dal parto viene la vita.
Bellissimo nella sua semplicità il parallelismo tra l’uomo e l’albero, che più è  alto e più tocca il cielo e,anche senza raggiungerlo mai,  vi è immerso dentro.
Questa è la preghiera umana, non certamente la ripetizione meccanica di formule inventate dagli altri.
E c’è differenza tra udire, ascoltare e sentire le invocazioni umane: si ode con l’orecchio, si ascolta con la propria partecipazione e si sente con l’unione del proprio mistero interiore al mistero interiore degli altri uomini come noi.
Quindi il poeta SENTE
“giungendovi lacrima”. E soltanto adesso diventa IDENTITA’ non amorfa e persona umana.

                                                                                                    Domenica Luise

16 pensieri su “Poeti di oggi, Nina Maroccolo: Amerò i tuoi dubbi

  1. Mi lasci senza fiato Mimma…Due poesie bellissime e d’intenso significato quelle di Mina Maroccolo, altrettanto bella la tua recensione senza la quale, son sincera, non sarei addivenuta a quanto tu hai saggiamente sottolineato. Grazie, rifletterò a lungo su quanto letto, soprattutto nel finale. Meditate gente, meditate……Un abbraccio

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  2. Pingback: Domenica Luise – Poeti per don Tonino Bello: Nina Maroccolo | Neobar

  3. Grazie per queste parole, rossella. Il nome corretto dell’autrice è Nina Maroccolo ed ha pubblicato una sola poesia che è un colloquio immaginario tra San Giuseppe e don Tonino Bello, a cui la nostra raccolta è dedicata. Qui ho riportato le due strofe conclusive. L’argomento principale del testo è questa cecità umana, che conduce al dubbio ed a quella partecipazione storica alla sconoscenza dei nostri simili, ma poi ci sarebbero state altre preziose osservazioni su cui ho dovuto sorvolare perché è mio desiderio che questi argomenti così impegnativi abbiano il pregio della brevità o altrimenti potrebbero disperdere il succo principale da mettere in evidenza. Meditare su questo ci fa bene, ci rende capaci di perdonare noi stessi e gli altri.

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  4. è proprio questa la caratteristica delle tue presentazioni, la capacità di entrare nel linguaggio poetico di ciascuno e trarne il succo, l’anima.
    in questo sei imbattibile, illumini aspetti che a molti sfuggono, cogli significati che ampliano la semplice lettura, la trasformano in un percorso cognitivo.
    Nina merita tutta questa attenzione, la sua è poesia vibrante, che nasce contemporaneamente dalla mente e dall’anima.

    Più che perdonare bisognerebbe comprendere.

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  5. Grazie, Cristina, per queste parole, è vero, Nina merita la massima attenzione per la sua ricchezza interiore.
    Il punto più duro, bello e liberatorio del perdono è proprio di darlo senza comprendere.
    In ciò io sono abbastanza incapace, come anche mi viene difficile dimenticare ed incomincio a richiudermi e difendermi, specialmente coi recidivi. Dopo avere concesso tutte le possibilità di sicuro non mi lascio calpestare.
    L’infibulazione è atroce fisicamente e l’oppressione dell’altro lo è moralmente.

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  6. Semplicemente…
    Bella e sublime…
    nelle parole, nel ritmo e nella luce disperata che porta in se…
    notevole la lettura critica…
    indispensabile per calmare, colmare la ragione… decadente ed obsoleta
    che di tutte le cose vuol capire, quando vi è da “sentire”!

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  7. intensa e profonda la parte finale di una poesia che, se non ho capito male, è un dialogo tra dubbio e fede. Tra mente e cuore. Tra una lettura del dolore in chiave logica e sentimento di speranza nutrito dall’illogico senso del divino. La poesia tutto abbraccia…
    E a te grazie per averla pubblicata e per le tue parole precise e illuminanti
    baci

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  8. Buongiorno, cari e grazie per la vostra presenza.Il discorso poetico approfondito sembra duro, ma è l’unico che tocca realmente la sostanza umana da autore a lettore. La cultura e quel minimo di conoscenza storico-letteraria che abbiamo serve a renderci sempre più atti a questo cibo, insomma affila i nostri denti intellettuali. Allora aggiungo per i buongustai altre sfumature relative soltanto a questa ricca parte finale della poesia di Nina.
    Andrò seguendo i versi in ordine. Parla don Tonino:
    Naturalmente, come vi ho detto, fra i due c’è un discorso precedente che qui consideriamo sottinteso.
    Notate come il mestiere di falegname di san Giuseppe passa dal materiale allo spirituale, fino ad “incollare i cuori”.
    Significa fondersi nella “comunione dei santi” per i credenti e, contemporaneamente, nella comunione poetica universale per tutti. I cuori si incollano: la poesia esige profondità di concetti, originalità espressiva, capacità sintetica per accumulare in sè lo scibile semplificandolo per addensamento e simultaneamente all’atto creativo si apre agli altri poeti, a tutti gli esseri umani che vogliano goderne e al pianeta. Oggi abbiamo internet e i blog dove possiamo espanderci e “incollare i cuori”: non è poco. Tuttavia nessuno perde la propria individualità, né il grande poeta e nemmeno quello di minore rilievo, tutto vale se parte da una sincerità vera mentre non vale niente se è un modo di predominare, farsi avanti coi trucchi, pagarsi comunque una claque addomesticata.
    Don Tonino soffre l’implacabilità della condizione umana che, nelle anime grandi, non viene placata dai soldi, dal pranzo, nemmeno dai piaceri. Niente può veramente colmare l’abisso che portiamo dentro e che ci fa anelare invano ad una felicità che non sappiamo né possiamo immaginare. Ci sentiremmo incompleti comunque, forse, ma sicuramente lo siamo di più vedendo il male intorno a noi, se non anche dentro di noi, e “la sfrontatezza di chi domina l’universo”.
    Penso al dio denaro, attualmente assiso al posto della virtù, dell’amore, del rispetto. Quanti dischi ha venduto? Quanto costa un grande calciatore? Quanti milioni di dollari guadagna quell’attrice? Trasformiamo tutto in denaro, altrimenti giriamo le spalle.
    Tuttavia l’avidità invadente vorrebbe assorbirci e allora ci vezzeggia, certo, se volessimo essere consenzienti sarebbe tanto più facile.
    E don Tonino balbetta: Identità, ancora identità.
    Non significa tanto identità cattolica quanto identità umana. Io voglio essere me stessa e così ognuno dei cuori incollati, eppure liberi.
    Nella risposta di san Giuseppe c’è l’esortazione al coraggio, gli dice: “Sei lacrima campestre”.
    Mi sono chiesta perché campestre. Forse significa umile, simile alle lacrime dei più poveri, tra i quali Gesù Bambino è nato, è cresciuto, è morto ed è risorto facendosi anch’egli lacrima campestre come ognuno di noi.
    “Consenti al presente la mietitura del grano” significa goditi questo momento di vita, raccogli quello che c’è, essendo il grano nutrimento del corpo come la poesia lo è dello spirito. Consenti: è un atto libero, una scelta fondamentale perché l’uomo sia uomo.
    Dio e la verità esigono l’attesa dell’uomo, il silenzio è dolente ed è lungo. Perché il silenzio? E chi potrebbe capire questo travaglio se non uno che lo vive come me, ma nella sua dimensione e nel suo modo?
    Quindi meglio tacere o di noi diranno: è matto, è matta.
    E voglio spiegare, qui, cosa mi ha suggerito un ultimo verso: “In quel ventre di polvere abbi la forza di cantare”.
    Il ventre di polvere è la terra dove siamo anche noi polvere, ma in questo attimo di vita dura e bella possiamo trovare la forza di cantare.
    E che i poeti cantino e diano inizio a cori inaspettati.

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  9. Carissima Mimma, cari amici,
    amici amorevoli quanto la nostra Usignola, perché nutrite quell’ardore in cui mi riconosco, nel quale “sento” forza e comprensione – altre; lettura e ascolto – altre: partecipazione emotiva autentica… Vi ringrazio oltremodo per i dialoghi che via via emergono portando con sé distillati liquidi, umori, salgemma a fior di lacrime.

    Ancora una volta emerge il Noi.
    Non a caso Mimma CI ha presi per mano e CI ha portati dentro il testo, o meglio: dentro Nina Maroccolo [nome e cognome possono rendere egualmente funambola e “non-definita” la mia stessa “identità”, la sua inesausta ricerca…].
    Mimma ha riconosciuto perfettamente gli abissi che mi abitano, meandri difficili da dipanare. Mimma non ha temuto di “entrare” e “uscire” dal proprio Sé, trascinandosi gli abissi di Nina; e trasferendo in un polveroso scantinato quell’Io ipertrofico che rende sempre più fragile il nostro esistere & stare & vivere la realtà. Poche persone hanno un’attitudine così profonda nell’esplorare l’animo umano…

    Intanto, mi soffermerei su questi aspetti, prima di entrare nell’analisi di questa parte del testo teatrale che Mimma ha scelto.
    Analisi che “incolla i nostri cuori” e CI fa da specchio.

    Ora devo uscire per incombenze varie. Ci sentiamo stasera, se volete.
    Mimma, ti voglio bene!!!

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  10. rimango sempre incantata sia dalla bellezza dei testi che di volta in volta proponi, sia dalla maniera delicata e competente in cui ci trasporti in questo viaggio dell’anima, attraverso la poesia di Nina Maroccolo e lo fai con la stessa passione con cui dipingi, canti, crei opere meravigliose. è un dono rarissimo l’empatia con cui ci sveli ogni verso, ogni parola, entri dentro la mente, il cuore di un poeta e lo fai diventare tuo, nostro…
    grazie, per questa amorevole cura.

    mirella

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  11. una lettura quella di Mimma, davvero bella e profonda, particolarmente capace di cogliere il colloquio intenso, anche nei dubbi umano, del testo di Nina.
    Dice bene Nina, quando sottolinea il “ci”, il noi che emerge dalla lettura e che diventa un dono di Mimma per tutti noi.

    Grazie
    e un bacio ad entrambe e a tutti i presenti, mi siete cari, che sono nei commenti

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  12. Ho letto e riletto le osservazioni straordinarie di Mimma, umanissime “traduzioni” di un esasperato, doloroso dialogo fra Don Tonino e San Giuseppe. Figura grandissima quella di San Giuseppe, “falegname di Luce”.
    Chi potrebbe far suo, infatti, un mistero così forte quale l’Immacolata Concezione?
    E può una fermezza priva di dubbi essere colmata dalla fede?
    Credo nel Credo terreno e spirituale di Giuseppe, in “veste di piuma”. Di fatto non si disperde; la sua umiltà ci porta ad un rito iniziatico: il suo. Ci dona l’incomprensibile agli occhi senza temerlo; fermezza; la dinamica dell’accettazione di un evento inspiegabile e indicibile.
    Don Tonino può solo rivolgersi a lui, “opponendo la ragione alle sacre insidie / dei suoi vezzeggiamenti…”.
    Giungendovi lacrima.

    “Quella lacrima è la compassione vicendevole per i nostri peccati, ai quali non ci rassegniamo, ma con cui ci ritroviamo sempre a fare i conti, ma è anche la lacrima per l’oscurità di fede tremenda nella quale, su questa terra, annaspiamo cercando qui o lì e quante volte invano, mai soddisfatti…”, scrive Mimma.
    Cara Mimma, e cari tutti, possiamo migliorare – piangendo?
    Mimma già risponde: San Giuseppe dice a don Tonino: piangi per inondarmi di gioia.
    E ancora, sempre Mimma: “Vorrei evidenziare queste parole di Nina: la lacrima lava e trasforma il nostro dolore in gioia ad una dimensione così elevata che non possiamo vederla né capirla… “.
    VERO!
    “A noi è chiesta quella lacrima. Anche ai signori uomini, così restii a piangere perfino quando sarebbe indispensabile. Forse le metafore servono a nascondere quella lacrima di cui abbiamo così tanto pudore.”
    E’ sempre Mimma con le sue illuminanti riflessioni.
    Cosa posso aggiungere? Che io, quando scrivo, quando compio un qualunque gesto, giungo per metafora, ma nell’accezione positiva?
    CONFERMO.

    E QUESTO, POSSO: la mia invocazione che si fa preghiera:
    Amico mio, lacrimo ogni giorno mentre leggo la storia delle tue lacrime.
    Siamo stati un rigagnolo, un torrente. Fiume e mare siamo diventati.
    E se la tua, la mia anima si riconoscono nelle nostre acque – noi saremo salvi: perché nient’altro potrebbe inondarci ancora… CI sapremo solo nel tornare.

    Il dubbio è sempre radicato alla fede.

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  13. @ Theallamente: sì, è proprio un dialogo tra Dubbio e Fede. Speranza e Vita. Soprattutto, spero, in termini di risoluzione fra opposti.

    Diversamente, riporto un pensiero di Sciascia su Majorana:
    “Majorana […] sente in ogni scoperta che gli si rivela, un avvicinarsi alla morte; e che tale scoperta, nell’ordine dell’umano e della Natura sarà la distruzione… “.

    Si aprono altri mondi, lo so. Fede e Scienza. Scienza e Arte. Identità e perdita (“La scomparsa di Majorana” è un esempio eclatante). “Identità, ancora identità,” immagino dica don Tonino a Giuseppe.

    Infine, ancora un pensiero di Leonardo Sciascia che riguarda il rapporto tra Scienza e Arte:
    “La scienza, come la poesia, si sa che sta ad un passo dalla follia…”.

    Nessuno può essere giudicato.
    Il Noi spaiato è il vero responsabile.

    Grazie a tutti, Mimma per prima… A domani!
    Un abbraccio carissimo,
    Nina*

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  14. È una gioia per me questo discorso poetico, un dono raro, che ci accomuna. NOI è un bellissimo pronome, nel quale l’io si arricchisce e moltiplica. Stavo pensando a una pagina proprio su Ermetismo e follia, avevo già preso appunto del titolo, cara Nina: ho una mia teoria su questo argomento. Per voi sento un affetto “oltre”: non siete virtuali, quasi invisibili, siete spiriti profondi al di là della presenza fisica , addirittura anche di una voce per telefono, perfino al di là di una presenza costante nei nostri vicendevoli blog, che non sempre ci può essere. È bello e consolante. Vi abbraccio tutti.

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