Lettera di Nina agli amici poeti

Carissimi,
direi una bugia se vi dicessi che sono “guarita”. Il caso è aperto: l’aritmia, i tremori e tutto il resto – non passano. Ancora non esiste una motivazione oggettiva che porti a comprendere la causa di quello scompenso al cuore… Forse sto recuperando il motto “Non mollo!”; riesco a stare di più al pc e lavorare e tenere i contatti. Ci siete voi, mio grande supporto… Non avete un’idea di cos’ha rappresentato per me il vostro affetto, le vostre attenzioni, la vicinanza: forza, energia, amicizia, sodalizio. Sto meglio psicologicamente.
Mi è sempre successo il contrario.
La mia salute è cagionevole sin da quando ero bambina. Ho vissuto periodi in cui l’indifferenza di pseudo amici si faceva sentire.
Diciamola tutta: il sano tende, per timore o per atto involontario, ad allontanare il malato. Parlare di malattie fa paura, diventa una quasi “colpa” sociale, induce persino alla discriminazione. Da anni studio questo fenomeno, in ascesa tra l’altro.
L’ospedale diventa luogo metainfernale. Se va meglio – purgatoriale… Molta gente vive una solitudine che consuma, e spesso stille lacrimose le intercetti nei pazienti isolati, negli stanziali delle corsie ospedaliere, persino nei ragazzi… Esiste la malattia, è vero, ma in questi luoghi si vive, contemporaneamente, una condizione aberrante: il proprio lutto. La propria morte – da vivo. Ed è uno stato psicologico grave, orribile, da non sottovalutare affatto.

Vi racconto una cosa, poi chiudiamo l’argomento: accanto al mio lettino, c’era una persona (neanche tanto anziana) che borbottava in continuazione, e lo faceva con tono piuttosto alto. Doveva stare fermo, essendo monitorato, invece si staccava tutto – persino l’ago cannula per le flebo. S’alzava privo d’equilibrio, andava avanti e indietro a zig-zag… C’era la scusa del bagno; poi rivendicava la necessità di un ansiolitico per dormire. E quando l’infermiera glielo portava, rifiutava l’assunzione perché non avrebbe dormito ugualmente. Un incubo, insomma.
Furono in due, alla fine, ad urlare: lui e l’infermiera. Ok…
Mi avevano sedato con una massiccia dose di bromuro e non riuscivo a dormire. Cioè, dormivo a corrente alternata. Ero anch’io monitorata, e più volte hanno dovuto ricorrere all’ossigeno. Stavo da schifo… E il tipo accanto fuori di sé, perché reclamava il MIO ansiolitico, il MIO ossigeno e un’attenzione altrettanto privilegiata. Avevo capito tutto e non capivo nulla, ma ho avuto la forza di chiamare l’infermiera e chiederle di eliminare il telone verde che ci divideva.
Impossibile, sembrava. Sia per le mie condizioni, che per le sue eventuali stranezze reattive… Ho fatto chiamare la capo-infermeria, a stento le ho chiesto la stessa cosa. La capo-infermiera ha svalvolato con me, ricordandomi che non era uno scherzo quello che avevo avuto…
Non capivano! Queste due non capivano che togliendo quel telone facevano cosa sacrosanta! Lui non sopportava quel divisorio, voleva annullare le distanze – perché, nella sua testa, dall’altra parte del telone c’era qualcuno che veniva trattato meglio di lui… 

Giorgio, questo il suo nome, cominciò ad ascoltare una voce flebile – la mia: “Giorgio, puoi chiudere un po’ il telone?”.
Non aspettava altro.
Gli chiesi se mi raccontava qualcosa, anche una favola. E lo fece, iniziando a narrare la sua storia partendo dagli avi!
Ora si comportava in modo “paterno” e “affettuoso”, non voleva più disturbare, si scusò se l’aveva fatto e del resto aveva una grande agitazione e in fondo lui non aveva bisogno dell’ossigeno perché respirava bene… Voleva un trattamento paritario: pensava fossi ricca, quando lui era povero. Pensava che il giorno dopo lo avrebbero buttato fuori dall’ospedale, perché senza soldi e con un brutto carattere… Francamente non ricordo se ebbi la forza di dirgli qualcosa per rassicurarlo, i battiti del cuore stavano diminuendo sempre più, non respiravo neanche con la maschera, pensavo che stessi morendo… Giorgio aveva intuito che stavo male, si ritolse l’ago cannula, buttò all’aria l’armamentario di fili, si staccò dalle macchine ed ebbe la forza di andare dalla capo-infermiera dicendo che stavo morendo… (questo me lo hanno raccontato il giorno dopo).
Lascio a voi le conclusioni.

                                                                 Nina Maraccolo

44 pensieri su “Lettera di Nina agli amici poeti

  1. Non è sempre vero che il sano tenda ad allontanare il malato , ma ho sperimentato  di persona quanto i cosiddetti "amici " siano abili il più delle volte, a sparire se ci si trova in difficoltà. Non si è  più abituati a condividere il dolore, è un fardello pesante, ridere insieme è più facile . E non è nemmeno cosa nuova! Recita un proverbio calabrese " quannu a sacchetta mia avia lu 'ntinno avia amici e cari cumpagni, mo c'ha persu u 'ntinnu ha persu amici e cari cumpagni" ( traduco: quando ero pieno di soldi e stavo bene avevo tanti amici e compagni, ora che non ho più soldi ho perso gli uni e gli altri). Non si parla di soldi ma la frase può essere adattata a qualunque difficoltà si attraversi nella vita.
    Però non volevo parlare di questo. Mimma tu sai quanto io abbia sofferto per 23 lunghi anni di aritmie a volte scaturite in fibrillazioni. 23 anni di corse notturne e diurne al pronto soccorsocon battiti che raggiungevano frequenze esagerate, fino a 230 al minuto. Quante diagnosi e farmaci che si sostituivano l'uno con l'altro e che funzionavano o sembravano funzionare per qualche periodo, fino alla prossima chiamata d'ambulanza.
    Voglio dire alla tua amica che di aritmie si guarisce, però bisogna trovare il posto e la persona giusta. Esiste un metodo chiamato "ablazione transcatetere" ch'è risolutivo nella maggior parte dei casi. Io l'ho provato senza successo nel 1992 al Policlinico San Matteo di Pavia. L'intervento fu condotto da un medico considerato eccezionale (a torto) che per primo aveva portato il metodo in Italia. Solo nel 2003 un suo allievo , ha ridato al mio cuore un battito regolare ed accettabile. Accettabile perchè la mia frequenza è sempre intorno ai 100/110, ed è una condizione con cui devo convivere e non dà più alcun fastidio.
    Non so se l'aritmia della tua amica ha la stessa origine che aveva la mia, però vorrei consigliarle di non rassegnarsi. Di aritmie non si muore ma la qualità della vita è pessima. Le faccio tanti auguri e a te Mimma, un abbraccio affettuoso.
    Maria Perrini

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  2. E' una lettera "bella" dal punto di vista letterario e piena di umanità sofferente, descritta con grande lucidità. Quando ti trovi in questi mondi sai che sono mondi altri da quello della normalità dei più e la sensibilità si acuisce, così nascono i piccoli miracoli di umanità.
    Auguri sinceri a Nina e a Giorgio.

    franca

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  3. La vostra pronta risposta mi commuove intensamente…questo è amore fraterno perfettamente vivo e disinteressato, che si occupa dell'altro, gli dà il consiglio cavato dalla propria esperienza altrettanto dolorosa, eventualmente, se serve, anche un indirizzo. Nessuno di noi è solo su questa terra dura e bella. Grazie, grazie, grazie.

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  4. mi scuso se sono rimasta più colpita dal malessere dell'autrice che dalla perfezione letteraria dello scritto.  Che rimane comunque apprezzabilissimo.
    Maria Perrini

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  5. Che dire, Mimma, sono commossa. Davanti al dolore bisogna stare in  silenzio. Sì, la sofferenza merita rispetto, ancora di più quando contiene in sè una gran dignità, come in questo caso. Nina racconta questo momento difficile e lo fa egregiamente, così bene che alla fine rimani "senza parole", non solo perché ti dispiace il suo star male ma anche perché sa condividere trovando, lei sì, le parole giuste.
    Grazie, Mimma, e grazie, Nina, a te l'augurio di una veloce guarigione.
    Piera 

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  6. Ringrazio Franca e Chiara per avermi fatto riflettere: estendo naturalmente il mio sincero augurio di una veloce guarigione anche a Giorgio che, come Nina, sta attraversando un periodo difficile. 
    Voglio anche dire a Nina che a Vicenza ci sono degli ottimi medici che fanno ai pazienti la cosiddetta ablazione che risolve, nella maggior parte dei casi, le aritmie.
    Ciao a tutti, buona giornata.
    Piera 

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  7. ciao sorellina, ho letto l'esperienza della tua amica Nina e mi ha molto commossa, molte volte ( purtroppo ) anch'io sono stata in ospedale ed ho assaporato la solitudine mia ma anche di alcuni pazienti che invece di comunicare il loro disagio in cerca di aiuto reagivano come Giorgio prendendosela con medici e paramedici e anche con i colleghi pazienti. Nina nella sua sofferenza, per amore, è stata in grado di comprendere ciò di cui aveva bisogno il suo vicino di letto…che poi a sua volta eroicamente l'ha salvata. In questi giorni ho letto la frase di un santo ( scusate, non ricordo chi fosse ) e diceva: " Quanto più la sofferenza scava il cuore dell'uomo, tanto più amore esso può contenere". Auguri di una definitiva guarigione a Nina e a quanti soffrono, un bacio a te dalla tua sorellina Iole.

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  8. Nina, fra tutti noi ti sentirai una quercia… vedi quanto affetto? Ed anche per Giorgio. Bello, anzi bellissimo. Grazie, amici, di tutti i vostri preziosi interventi.

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  9. Buona sera Mimma
    … le senzazioni che scorrono dentro la tua anima ..
    sono i sentimenti più belli e puri […] che trasmetti al lettore, sei grande!!!

    Un abbraccio infinito. Edo

    piesse: il cuore ha bisogno di emozioni; di innamorarsi; non conosce età.

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  10. Grazie Mimma. Tocca tante corde la lettera di Ninette, ci ricorda la precarietà della nostra esistenza e diventa allo stesso tempo un inno alla vita. Ogni Bene a lei e a tutti i Giorgio del mondo.
    un abbraccio
    Abele

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  11. Cara Mimma,
    Non so cosa dire di fronte alla tua generosa beltà d'animo. Chiamiamola iper-sensibilità, spirito di condivisione, accettazione totale dell'altro, amore per chi non ha una vita facile… ma in fondo chi ce l'ha?
    Io sono stata molto fortunata il 4 agosto scorso.
    La crisi cardiaca è stata superata, i suoi strascichi un po' meno… Li accetto come compagni di viaggio.
    Un giorno si stancheranno di camminare con me!

    E' una storia indimenticabile quella di Giorgio… Lui mi ha insegnato come lo scatto difensivo verso il più debole si possa realizzare in qualsiasi condizione.
    Giorgio: allergico ai confini, quelli che ci creiamo *anche* da soli. Inconcepibile, per lui, la "differenza" simboleggiata da una tenda verde a soffietto che separa invece di unire
    Evidente, per me, la sua forte necessità di non essere abbandonato, pur vivendo un problema in atto: il cedimento fisico e mentale (oltre che psicologico) che lo rendeva *immobile*: un'immobilità che non rientrava nel suo vocabolario quotidiano.
    HO VISSUTO Giorgio per poco tempo. Mi è bastato per comprendere, ancora una volta, che il dolore di un essere umano riguarda anche gli altri.
    Giorgio, clochard di strada, ne sapeva più di tutti, rivelando una sofferenza ben più profonda e antica.

    E voi, cari amici, più che guardare me dovreste allargare lo sguardo verso quest'uomo, ché come lui ne esistono tanti che vivono disagi, solitudine, marginalità. Trattati come appestati, quando la "peste" (quella di Camus) ha ben poco da spartire con i diseredati.

    Commovente ogni vostro intervento, la sentita partecipazione… Vi ringrazio per far fluire amore nell'amore.
    Siamo *storie*: bastano due individui per crearne *una*, memoriale. Può accadere all'interno di un'ospedale o in un'altra circostanza. Siamo uniti molto più di quanto si pensi…

    Usignola mia canterina, hai donato il tuo sguardo. Mille sguardi. Ne ho carpito uno che fa di te *resistenza*.
    Solo per amore…

    Grazie a tutti. Farò tesoro di ogni vostra parola e moto d'animo…
    Grazie da parte di Giorgio, che un giorno ritroverò.
    Vostra Nina :-)))*

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  12. Buongiorno a te, Nina, e buongiorno a tutti gli amici e a tutti i clochard e i più diseredati del pianeta. Che da questo incontro possano scaturire scintille d'amore, quello al di sopra di qualsiasi interesse anche nobile. È questa la nostra "resistenza" ad ogni tristezza e sentimento di inutilità. Qualcosa possiamo farla sicuramente: amare per primi, e non per avere l'anima tranquilla, quella non potrà esserlo mai perché mai faremo abbastanza: amare per amare, perché ce n'è bisogno, senza ricambio, in più silenzio possibile, anche senza speranza.

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  13. Cara Nina, l'ammalato è una persona con tanto bisogno di attenzione, di affetto di … tutto.
    Molte volte è una persona sola, emarginata, piena di paure, di dubbi …. Molte volte è una persona assillata da tanta attenzione, tanto affetto….
    La malattia è un pianeta difficile, è un pianeta strano …. Guai ad approdare su questo pianeta!
    Quando poi si ci approda …. bisogna imparare a conviverci, ma, molte insidie ci offre……….
    La malattia è difficile anche per coloro che la guardano dall'esterno, per i familiari.
    La malattia fa paura a tutti, non sai come affrontarla, non sai come porti con la persona "prescelta" dalla  stessa malattia …
    A volte si pensa di creare fastidio al "malato"
    A volte si pensa di essere incompresi dallo stesso "malato"
    Siamo tutti ammalati.
    Cara amica mia, io, vorrei fuggire da queste malattie …… Io, Rosaria, combatto ogni attimo contro questo grande mostro. Sono il tutore di mio fratello affetto da schizofrenia paranoide.
    Sai una cosa? … Mi sento incompresa da mio fratello.
    Tutto il bene, tutto l'amore che gli dono non è compreso e mi si ritorce contro …….
    Quanto volte piombo nel buio più buio!
    Amara realtà!
    Nina carissima, ognuno di noi, deve essere il medico di se stesso.
    Dobbiamo da soli lottare questo "mostro"……
    Ma non siamo soli …… nella nostra "solitudine2 siamo una grande forza.
    Nina non sei sola.
    Nina continua a lottare.
    Sono con te … Sempre!
    Un bacione.
    Rosaria

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  14. di fronte al dolore non ci sono parole, il dolore, la malattia sono così intimi che non è possibile condividerli.
    certo aiuta la vicinanza di persone amiche, l'affetto, la presenza ma nel dolore si è soli di fronte a se stessi, ad interrogarsi, a cercare il senso delle cose.
    a guardare oltre l'orizzonte di una stanza, di una finestra cercando di dare un senso alla presenza e all'assenza.
    qui ci aiuta il nostro bagaglio: aprire una valigia e trovarci dentro le cose importanti che abbiamo scelto, il senso di un involucro fragile che piano piano si sgretola e lascia nuda la nostra anima.
    nuda o libera?
    vediamo il mondo col filtro di un corpo finito e forse i suoi vincoli sono per noi il pregio, il meglio, la vita.
    amo disperatamente il mio corpo bacato, unico mezzo per abbracciare i miei figli, intanto cerco parole o strumenti per comunicare anche senza.
    sperando nel privilegio di molti giorni ancora pieni di possibilità e di amore.
    un privilegio che vorrei per tutti.
    mari

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  15. Un testimonianza che si fa voce per due, che fa risuonare dentro quello che diviene partecipazione, emozione, senso di possibilità d'azione, quel margine che può fare la differenza; così Mimma ne ha proteso il gesto che diviene abbraccio e sentita immedesimazione ancora.

    Un sorriso a Ninette, a Giorgio, a Mimma…

    Doris

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  16. Ricordo un mio lungo ricovero in ospedale, adesso non so più se la causa sia stata quella grave embolia avuta dopo una banale operazione di ginocchio valgo oppure quando ebbi una cisti acquosa a un rene, fortunatamente benigna, e perdevo continuamente sangue e urine, sicché mi stavano cavando un rene, che invece poi è stato spurgato con un terribile stent. Lasciamo andare i particolari. Sulla collina di fronte alla mia finestra sbocciava un cespuglio ed io lo fissavo sempre cercando di capire che fiori fossero, ma erano troppo lontani. È fiorito, è sfiorito, cambiavano le compagne di camera ed io ero sempre là, non guarivo mai. Alla fine ce l'ho fatta e i miei reni, da allora, non hanno mai più dato fastidio. Una signora, quando è uscita, mi ha lasciato una molletta per appendere qualche piccola cosa nel bagno. L'ospedale è un altro pianeta e a quel tempo non avevo nemmeno il computer.
    Rosaria, come ti capisco, quant'è duro, non puoi fare di più, soltanto prenditi i tuoi spazi di libertà. Tu sai bene che non è colpa sua. Ci sono state le madri, vecchie e ormai fuori di testa, ad accusare le figlie che le derubavano. Coraggio, ma lo ripeto: prenditi i tuoi spazi di libertà.

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  17. Mari, le tue parole: "amo disperatamente il mio corpo bacato" mi hanno come ferita. Anch'io. È l'unico mezzo per abbracciare, espandersi, non sappiamo altra vita, per ora. Coraggio a tutti noi, prima o poi questa cosa si deve affrontare in un modo o nell'altro. E adesso, anche se non vi nomino uno per uno e una per una, sappiate che avete tutto l'amore e l'attenzione che posso. Un abbraccio tenero.

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  18. Avevo una vicina di letto anziana, molto anziana e malata. Trascorreva le sue ore, anche quelle notturne, cucendo un lenzuolo immaginario con perizia e determinazione, lo stesso che aveva tenuto fra le mani per una vita intera essendo una ricamatrice. Ma non dormiva e non mangiava. Nessuno se ne curava se non quando le infermiere tentavano di "toglierle" il lenzuolo invisibile dalle mani per una flebo. Mi offrii di imboccarla, lasciandola continuare il suo ricamo indisturbata. Lei non potè ringraziarmi ma sapevo che avrebbe voluto farlo. La figlia, quando venne a trovarla e seppe dell'accaduto, mi abbracciò piangendo. Una delle esperienze umane più profonde della mia vita. E la malattia diventò una specie di dono che ancora porto addosso, ma che con quel ricordo rende la sofferenza meno amara. Coraggio Nina, ti faccio i miei auguri più cari, grazie di questa testimonianza e al blog che la ospita.

    Federica Galetto 

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  19. Ho letto con toccante comprensione la testimonianza di Nina, ma anche quella di Rosaria e di Mari. La malattia spegne la vita, ma va combattuta, chi assiste un ammalato ha un cuore grande che, nonostante le sofferenze, si illumina di appagamento interiore. Anche se l'ammalato non gratifica inizialmente, ciò che conta è essersi adoperati per lui.

    un abbraccio stretto
    annamaria 

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  20. è bellissima questa storia, è commovente, nina hai un cuore grande davvero.
    Mi è piaciuto, in particolare, quello che ha scritto Iole, credo che sia proprio così…
    Un abbraccio a Nina e a Mimma che accoglie la bellezza di questo virtuale…

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  21. Nina, mi ha colpita con un colpo al cuore questa lettera, così come a suo tempo il racconto dell'accaduto a Mimma.

    Tremo, ho tremato al pensiero che tu, come tutti, sia una foglia (anzi una mela 🙂 rimasta sull'albero in questa stagione), ma ancora di più a come la tua forza viva abbia potuto in un momento di difficoltà e sofferenza estrema, spingerti comunque ad abbracciare l'altro, a dargli aiuto e a chiederlo (anche se questo non è avvenuto per voce in realtà,… eppure senz'altro sì)

    Sei una incredibile creatura…sei VIVA e NINA!

    un bacio e forte

    che estendo a Mimma, a tutti…tutti voi grazie di esserci!

    margherita

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  22. Penso che siamo una forma di vita basata sul dolore, perché sembra che solo davanti a questa condizione diventiamo "umani".
    Personalmente mi commuove la posizione di Giorgio che mi auguro stia bene, perché credo che è nella "semplicità" della strada che si acquisisce tale umanità, spesso coperta da una finta durezza necessaria alla sopravvivenza. Poi, quando ci si trova di fronte alla fragilità si diventa padri, fratelli e si combatte per la vita di un estraneo perché senti l'appartenenza.
    Nina, adesso stai bene, e ne sono/siamo felici ma quanto ci insegni attraverso queste esperienze. Solo un'anima grande come la tua riesce, in quei momenti, a pensare all'estraneo/appartenente, e toglie il telo verde…
    niente da aggiungere…
    per questo ti adoro Nina cara.
    Sebastiano

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  23. Troppo commossa per esprimere al meglio ciò ho dentro in questo momento. Un abbraccio a te Mimma, a Nina, a tutti coloro che hanno lasciato una testimonianza in questo spazio.Tu sai quanto dolore ha sopportato il mio cuore, ma proprio per questo faccio mio il dolore altrui.

    Rossella

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  24. Arrivo tardi, e tante bellissime considerazioni sono già state scritte. La solitudine del malato, dell'anziano, della persona considerata in qualche modo "diversa" è un dato di fatto e purtroppo una delle caratteristiche della nostra società, tesa a tutto ciò che è bello, ricco, giovane e sano.
    Chi soffre o ha sofferto è però molto più sensibile di altri ed in grado di capire chi altrettanto soffre e, come sempre, chi apparentemente ha meno da dare agli altri perchè ha già poco per sè, è invece colui che dà di più, perchè sa quanto sia importante ricevere una mano tesa nei momenti del bisogno.

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  25. Katherine, non arrivi tardi: questo tipo di testimonianza non ha scadenza. Non è come quello che ho mangiato ieri e di cui già non mi ricordo. E poi, nell'assistere persone ormai nel bisogno tu hai una lunga esperienza e puoi parlare a buon diritto. Tutti prima o poi ci arriviamo se non moriamo precocemente d'un colpo. E tutti dobbiamo farcene una ragione per noi stessi ed essere compassionevoli verso gli altri, che sono, più o meno,  come noi saremo. Vivere è difficile per tutti, anche per quelli delle macchine blu.

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  26. Anch'io desidero esprimere la mia solidarietà e affetto per Nina, e per il suo compagno di viaggio Giorgio, ho fatto diverse esperienze d'ospedale, e tu Mimma sai le mie peripezie…il dolore e le malattie ci affratellano tutti in un'unica famiglia solidale e questo è meraviglioso, meravigliosa è la comprensione dell'altro.

    Un abbraccio a tutti

    frantzisca

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  27. Mimma, non so se Nina ripasserà da qua, ma ugualmente sento di doverle lasciare un segno della mia imperitura riconoscenza per questa testimonianza palpabile, vera, una di quelle che trafigge.
    Grazie anche  a te che hai voluto lasciarla per tutti noi, perchè una riflessione sulla sofferenza diventa parecchio ardua e rischia di cadere in mera retorica seminata in questo "huc et nunc", ossia un reale orrendo quanto il nostro.
    Sì, orrendo in quanto indifferenze, menefreghismo.
    E' un balsamo questa lettera…
    Ho mia suocera novantenne che ci sta dando filo da torcere; sta terminando la  sua vita tra il panico, l'ansia, i ricatti..
    Questa mi rattrista ancora di più che farmi arrabbiare.
    Triste per mio marito che ha 62 anni..
    E,poi, c'è mio padre che sta cambiando ancora badante nonostante si faccia di tutto. Lui è sul tipo "giovanilista" , più o meno.
    Non è un nonno di quelli che tengono sulle gambe un nipotino; grane non ne vuole e già i dieci anni di sofferenza di mia madre son stati una odissea per tutti..quasi un miracolo…
    Quello che questa lettera di Nina insegna è che la solidarietà è possibile ovunque e quanto uscire da se stessi sia "condituio sine qua non" per crescere a tutte le età, per aprirsi agli altri.
    Grazie Mimma e Nina

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  28. Cara Mimma,
    leggo solo ora,presa come sono da prolungati stati compartecipativi di dolore che si sono intensificati e a cui mi ribello perchè non trovo una razionale risposta.La vita! Si lotta perchè si  generi e si lotta per non finire.Ma solo chi è determinato a vivere avrà la meglio anche sulla morte.Almeno gli avrà dato del ferro da torcere con la "passione" di chi ama la vita.E sin quando s'incontreranno persone come VOI varrà sempre la pena d'aver camminato per conoscerle,anche se solo virtualmente o per lettera mentre una lacrima scorre a testimoniarne il passaggio.Vi abbraccio grandi e care persone che, se non fosse stato per questo scritto, mai avrei conosciuto la gioia di questa conoscenza.Mirka

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  29. Care, ma certo che Nina verrà ancora qui a leggere, le mando subito un'email per maggior sicurezza. Percepisco la vostra sofferenza, sì, vi capisco e vi abbraccio teneramente, sperate, speriamo sempre in una vita migliore. Coraggio. Le mie parole sanno esprimere così poco in confronto al sentire.

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  30. DA NINA 1

    Cari, cari, carissimi amici uniti qui da una persona meravigliosa come Mimma! Avrei dovuto-voluto rispondervi da molti giorni, mi scuso profondamente: è molto complesso ammaestrare il Tempo e non ce la faccio ad essere presente quanto vorrei e dove desidererei (ho la fama, tra l'altro, del bradipo:-)
    Non possiedo la matrice del pressapochismo. Amo dedicare attenzione e un ascolto attento a chi mi giunge con grande affetto, il cuore nel palmo della mano: "balsamo" – come ha citato un'amica che grida, nel viverlo, un passaggio della sua vita molto difficile –  per lenire ogni punto di sutura, ogni ferita tatuata nel corpo, ogni cicatrice dell'anima e del *nostro* profondo… Esso vive indisturbato tra voragini, cunicoli e anfratti in una realtà interiore che spesso non riusciamo a comprendere e ci fa dolere. Esiste la malattia fisica come esiste la malattia dell'anima (e quella mentale). Forse ne abbiamo timore…. Abbiamo paura della paura che genera solo paura: un cerchio dal quale è complesso uscire. Affrontare lentamente, ri-conoscere i *demoni* che abitano il nostro didentro, è fondamentale.

    Esistono in noi delle risorse che non conosciamo, e credetemi: sono tante. Se solo riuscissimo ad ascoltare ogni segnale del corpo e dell'Anima! Se solo ascoltassimo questo apparente silenzio…
    Nel mio caso non ho valutato bene una forma di "resistenza" psico-fisica che, a lungo andare, mi ha portato alla crisi cardiaca. Ma da tempo stavo male… Un malessere che purtroppo mi accompagna da quando ero bambina; una depressione non-depressione per niente qualificabile.
    A cinque anni ebbi un forte trauma, quel tipo di trauma che andava  ripetendosi per il piacere altrui… Questo fatto mi fece diventare un'adulta-bambina a cinque anni. La mia famiglia era all'oscuro di tutto, li volevo preservare da sofferenze indicibili; e ho resistito tutta la vita senza rivelarlo a nessuno. A tutt'oggi la mia famiglia non sa niente… La depressione si è scatenata intorno ai quindici anni: iniziò con l'insonnia e l'ansia, e via via andava peggiorando. Ho conosciuto una quantità enorme di psicologi, psichiatri, psicanalisti: lo chiamavo "nomadismo"… Il seguito è stato un inferno. In contemporanea mia madre era sempre all'ospedale, operazioni su operazioni, e posso dire d'esser diventata adolescente frequentando corsie e cloroformio.

    Ho conosciuto tante, ma tante persone afflitte da qualunque tipo di dolore e malattia (quasi mi dicevo fortunata… ). Ed è stato lì che pian piano mi sono accorta che non ero l'unica a stare male.
    Mi diventò naturale entrare in contatto con i malati, tra cui bimbi allo stato terminale. Mi diventò naturale parlare e, soprattutto, ascoltare le loro storie… terribili quasi sempre. Mi diventò naturale fare amicizia con le infermiere e i chirurghi, e quando le infermiere non c'erano provvedevo io a dar da mangiare agli anziani, girarli nel letto, portarli a fare una passeggiatina per muovere gambe e circolazione.
    Lo facevo perché mi andava di farlo. Nella mia testa&cuore era assolutamente normale fare ciò che facevo. Mi sentivo utile… poi raccontavo gli aneddoti a  mia madre***

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  31. DA NINA 2

    Al solito, non so perché sto scrivendo argomenti altri… Tendo a perdermi, scusatemi.
    In DA NINA 1 voleva chiarire dei passaggi importanti che mi hanno portata a sviluppare prestissimo il concetto di solidarietà, l'impegno ad ascoltare più che a parlare. L'attenzione di un occhio fermo, e tremante al contempo, per gli altri. Madre e famiglia compresa.
    Un'intera esistenza vissuta così: tra dolore e malattie, operazioni, asportazioni, ed io che inglobavo le lacrime di mia madre trattenendo le mie…

    Arriviamo a quel 4 agosto. Da due anni stavo male interiormente, attraversavo tutto ciò che esiste nel mondo "psicosomatico" (e comunque la psiche malata porta sintomatologie vere che vanno curate). Iniziò da una broncopolmonite nel 2009. Da quell'anno non sono più riuscita a riprendermi, ma solo a peggiorare fisicamente e psicologicamente… Dopo tre mesi di villeggiatura per via della polmonite, uscii da casa! Un evento… Però… in quei mesi, e in quelli successivi, continuai – malgrado tutto – a lavorare sui miei scritti. A lavorare per la pagnottina ina ina, scrivere treatment cinematografici, il primo romanzo da finire, la silloge poetica – pure. Contemporaneamente venivo chiamata per cantare e performare. Insomma, cercavo di recuperare il tempo perduto, senza accorgermi che spingevo troppo… e persino la mia vita personale andava a rotoli.
    Ho avuto di tutto, tra cui un tumore non grave (pur essendo un carcinoma), febbri, allergie, intossicazioni, forti stati depressivi… Mi riprendevo e andavo avanti. La mia vita privata: sempre peggio.

    Intanto mia madre peggiorava (e vi sto scrivendo da Baccaiano di Montespertoli, Firenze, dove sono venuta a trovarla). Ogni tre mesi veniva annunciato il suo addio, poi lo scatto e la ripresa… Nuovamente ospedali, corsie, PS, operazioni, visite… Pianti, pianti, pianti, un dolore fisso allo stomaco, ricadute depressive… Ho tirato avanti senza ascoltare il fisico che, invece, stava cedendo. Chiedevo troppo a questo miserabile corpo, quand'esso m'aveva addizionato molti allarmi.
    Dopo una lite incredibile con il mio fidanzato, mi sentii male. Un dolore che si espandeva fino al braccio sinistro. Febbre, freddo, rallentamento del battito… Poi l'ospedale e il MERAVIGLIOSO GIORGIO!!! La storia che vi ho raccontato… Contemporaneamente un amico carissimo, ventitrè anni di amicizia, mi lasciò ponendo fine alla sua tormentata vita. Peggioramento di mia madre, ancora ospedali per lei… Ed ecco, a distanza di qualche giorno, un'altra crisi cardiaca di più lieve entità.

    Ho scritto questo lungo papiro perché volevo farmi conoscere da voi sotto altre sfumature. Perchè mi avete lodato sin troppo… E non sapevo, proprio non sapevo come ringraziarvi per così tanto amore, tanta vicinanza… Ho pensato che l'unico modo fosse quello di aprirmi a voi, sperando che qualche esperienza vissuta potesse far riflettere…
    Il mio viaggio è iniziato a cinque anni: molti sono i confini irrisolti… Ma credo che valga per tutti, nessuno escluso.
    Spero di non avervi annoiato – il mio cuore nelle vostre mani – e grazie infinite. Grazie a ciascuno di voi… Chi è arrivato in fondo a questa lettera possiede un vero coraggio!!!***  Grazie a Mimma, la mia cara Usignola canterina… Grazie per le struggenti testimonianze e la solidarietà dimostrata. Grazie al mio amico Giorgio.

    Con Amore,
    Nina Maroccolo

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  32. Nina, tesoro, mi hai commossa tantissimo per queste tue ulteriori aperture col dono di te che si completa soavemente. Dovevo capire che eri stata ammaestrata dal dolore della vita, che ti aveva trasformata in un brillante puro e prezioso limando tutte le tue facce, credo che quelle del brillante siano cinquantotto, le umane senz'altro di più. Il dolore è il più grande mistero. Non ti eri accorta di spingere troppo, anch'io l'ho fatto e adesso debbo andare piano, riposare, acquietarmi. Ebbene, ci accontentiamo. Canta, Nina, anch'io lo faccio quando sono felice, mi invento le musiche e canto. Avevo un cane, qualche anno fa, si chiamava Lupo ed era nero, un pastore belga meticcio, tenerissimo, al mattino mangiava ai miei piedi, se cantavo lui ballava a ritmo felicissimo. Il mio migliore ascoltatore senz'altro.
    Grazie, cara, delle preziose confidenze, adesso posso valutare quanto abbia sofferto precocemente una bambina di cinque anni.
    Un abbraccio grande e vivi felice fra tutti noi.

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