Mimma e Cristina fantascientifiche


                       

Buon divertimento e vivete felici.

Quando l’aereo sul quale viaggiava Cristina sparì nel triangolo delle Bermuda, Mimma non ebbe più pace. Le mancava e forse non era morta,
così almeno voleva sperare.

Le bastava l’uno per cento delle possibilità per partire alla guida del proprio elicottero personale acquistato coi folli guadagni di scrittrice, solo che il pilota, l’aiuto pilota, il maggiordomo, la segretaria, l’autista e perfino la colf
non vollero accompagnarla per nessuna somma al mondo.

Allora Mimma lo chiese alla sorella Iole, che giustamente le rispose
di avere famiglia.

Nemmeno l’arcangelo Francesco Pasticcio rispose alle sue email né sul
telefonino né niente. Poté soltanto lasciargli un messaggio nella segreteria.

Così Mimma partì da sola e col magone. Era una bella notte stellata quando l’elicottero decollò dalla terrazza del palazzo mimmiano,
che occupava il centro di Rometta Marea.

Aveva portato con sè tutto l’indispensabile: il supercombustibile concentrato
che durava a tempo indeterminato, cibo in pillole di tutti i sapori e odori,
perfino un gran mazzo di fiori a lunga conservazione che sperava di non
dovere deporre su una tomba, ma di poterle dare viso a viso,
quaderni e penne a punta fine ed altre cosucce, non escluse alcune
bottigline di acqua minerale naturale e una tavoletta di cioccolata
fondente che a Cristina piaceva.

Consultò il monitor della strada stellare, diede gli ordini ai computer
di bordo e mise in moto il pilota automatico, un bel ragazzo biondo
che sembrava quasi umano.

<Così ti hanno lasciata da sola> fece lui. Da un po’ di tempo si prendeva
troppe confidenze, ed aggiunse: <Fifoni>.

Gli occhi verdi gli scintillarono con una specie di lampo, Mimma pensò che
poteva trattarsi soltanto di energia atomica a lungo repressa,
<Io invece darei la vita per te> disse con voce roca.

<Ma non lo vedi che tu sei un pupazzo ed io una vecchia?> rispose
Mimma sbadigliando.

<Io non pupazzo, tu bella femmina> si inceppò il robot con voce
piagnucolosa che Mimma non gli aveva sentito mai. Effettivamente,
con una pilloletta di eternagiovinezza tutte le mattine, era tornata
a vent’anni e un giorno, chiome corvine e peso forma compresi.

Portava una coda di cavallo legata con un nastro rosso ed una tutina
rossa anch’essa che facevano girare vorticosamente i chip al robot,
il quale lasciò la guida e cercò di abbracciarla, l’elicottero incominciò
a precipitare, <Che bello morire insieme> sussurrò lui, Mimma tirò
giù la levetta dello spegnimento facendolo afflosciare per terra
e si precipitò ai comandi, che però non obbedirono.

La velocità incominciò a diminuire: sembrava che una mano invisibile
sostenesse l’elicottero.

“Può trattarsi soltanto di una condensazione di elettroni purificati
e dietro c’è un’intelligenza umana, se non superiore” pensò Mimma.
Chiunque fosse, non voleva la sua morte, era lampante.

Apparve davanti e intorno una nuvola densa e la caduta divenne morbida,
sempre più delicata, anche gradevole.

Sembrava di appoggiarsi su un enorme materasso di bambagia.
Prevedendo un incontro ravvicinato con una forma di vita superiore,
Mimma ingoiò una pillola dov’era copiato tutto il tragitto di ritorno
memorizzato nel computer di bordo. Era l’ultimo ritrovato
della scienza e della tecnica ed avrebbe consentito in qualunque momento
un rientro felice sulla terra da qualsiasi altro luogo anche sperduto
dell’universo, sempre che fosse disponibile un mezzo di trasporto:
una tavoletta su cui puntare i piedi, un pallone tipo mongolfiera,
una piccola astronave o disco volante, anche un aquilone di carta velina.
Dopo di che Mimma ingoiò una pillola della sazietà a tempo
indeterminato, che l’avrebbe anche dissetata in qualunque emergenza
ed una pillola di invulnerabilità. Veramente non era tipo di prendere
tante medicine, preferiva seguire una vita naturale mangiando e
bevendo come gli avi, ma in questo frangente non era il caso
di esitare. Diede un ultimo sguardo al robot disteso per terra e girò
la sicura che lo immobilizzava, così l’avrebbero, forse, creduto guasto.
Aprì lo sportello dell’elicottero e si incontrò con una gran faccia
di donna che le veniva vagamente a conoscere.  Aveva i capelli bianchi
legati con due codini stranissimi, le sopracciglia cespugliose e
poteva pesare centoventi chili, forse più.

<Non mi riconosci?> disse la voce di Cristina.
<Ti riconosco dalla voce, ma come hai fatto ad ingrassare tanto
in sette giorni?>.

<Tu non sai che inferno è questo postaccio> disse Cristina sottovoce,
<hai ingoiato la pillola per il ritorno? E quella che toglie lo stimolo
dell’appetito e mantiene il peso ottimale? Altrimenti siamo rovinate>.

Mimma rispose di sì e Cristina la strinse in un abbraccio che quasi
la soffocava: <O mia salvatrice!> esclamò sussurrando.

Mimma era preoccupata: <Ma qui dove siamo?> chiese anche lei a voce bassa.
<Al centro dei tifoni che sempre battono il triangolo delle Bermuda,
nella zona immobile. Nessuno può tornare indietro perché loro svuotano
i serbatoi di tutti i mezzi che arrivano e che conservano come oggetti
ricordo. Presto, hai portato le pillole anche per me?

Cristina le ingoiò in fretta:<Adesso possiamo tornare a casa anche
coi serbatoi vuoti>.

<Cosa fanno ai robot, li smantellano?> chiese Mimma alla quale dispiaceva
perdere un ammiratore.

<No, li conservano nei loro musei insieme al resto>.
<E per adesso “loro” dove sono?>.
<A pranzo>.
<A quest’ora?>.
< Incominciano alle sei del mattino, finiscono a mezzanotte
e ricominciano alle sei dell’altro mattino>.

<Ma sono come noi?>.
<Sì, soltanto hanno la pelle verde, i capelli rossi e gli occhi viola fosforescenti
che lampeggiano>.

<E ci sono altri con la nostra pelle?>.
<No perché tutti diventano del loro colore e della loro stazza,
centocinquanta chili, poco più, poco meno>.

<Che orrore> affermò Mimma, che era longilinea di natura. Beata lei.
<Ti ho portato dei fiori> disse porgendole il fascio di rose, che Cristina annusò con aria beata.
<Ci conviene distribuirli, così forse non ci chiuderanno nelle segrete>
affermò. <Appena ti vedono ti arrestano> aggiunse preoccupata.

<E perché se non gli ho fatto niente e nemmeno li conosco?>.
<Sei troppo magra, è proibito per legge. Pure io sono troppo magra
se non arrivo almeno a centotrenta chili>.

<Ti hanno fatta mangiare per forza?>.
<E come. Mi hanno drogata con l’elisir spremifame, legata al tavolino
e messo i piatti davanti. Cucinano benissimo>.

<Meglio partire subito> sussurrò Mimma, riattivò il robot automatico,
che la guardò storto lampeggiando e dicendo bip, poi si accorse di Cristina: <Clandestina a bordo, clandestina a bordo, il sistema è infettato da una
virus sconosciuta>.

<Non vedi che è Cristina, scemo?>.
<Denominare password sillabando piano> gracchiò il computer. Cristina
disse una delle proprie cinquantacinque password e finalmente il robot
mise in moto. Appena in tempo.

Gli alieni mangioni arrivavano in massa, per fortuna erano obesi
e correvano lentamente.

Dagli alberi le lasagne col ragù ricoperte di formaggio scolavano un
sugo grasso su cespugli di parmigiana e patate al forno. Una pianta rampicante attorcigliava  polpettoni opulenti a mo’ di frutti e costolette d’agnello
cotte alla brace.

<Questi, quando vogliono andare leggeri, si mangiano pane e sugna
e bevono un litro di vino rosso, che schifo> fece a voce bassa Cristina.

<Coraggio, cara, sei salva, ormai è finita>, minimizzò Mimma.
<O mia salvatrice, come ringraziarti? Ma mi deve essere scesa la pressione,
è da troppo tempo che sono digiuna, mi è arrivato il calo glicemico>
fece Cristina con voce fioca, <non avresti qualcosa
da mettere sotto i denti? Oh, solo uno spuntino, magari una fetta di
cassata siciliana e un gelato al gianduia con due o tre cucchiaiate di panna>.

                                                                   
                                                                Domenica Luise

                                                                             (Fine della prima puntata)


L’arcangelo Francesco Pasticcio bussò timidamente allo studio del Padre.
Una voce allegra disse subito: <Avanti, Ciccino>.
Egli aprì la porta imbottita di azzurro e si fermò sulla soglia, dove le
ginocchia gli cedettero subito. Fissò una piccola nube bianchissima sotto
il suo piede destro e strinse i pugni: non sapeva come dirglielo.
<Cosa c’è, Ciccino? Mi sembra ancora presto per aumentarti di grado
e portarti con me al prossimo cielo. Per adesso il giardino dell’eden è sufficiente, ancora non hai ammirato tutte le piante né annusato ogni fiore>.
<Maestà>, rispose Ciccino flebilmente, <a questo non pensavo nemmeno.
Sua maestà conosce benissimo il mio problema>.
Il Padre, col dito, gli fece cenno di avvicinarsi, il piccolo arcangelo volò,
<Chiedo perdono perché non ho risposto a Mimma, che mi aveva telefonato,
e l’ho mandata da sola nel triangolo delle Bermuda a cercare Cristina.
Chiedo perdono perché Cristina è ingrassata orribilmente.
Chiedo perdono per non avere chiesto consiglio a sua maestà.
Merito una degradazione al purgatorio>.
<Il purgatorio che tu conosci, Ciccino, è soltanto una metafora. Il vero
purgatorio è la cecità spirituale>.
<Che significa, maestà?> si impappinò il vecchio gesuita e lo abbracciò
stretto mentre il cuore gli martellava, <Se non fossi già morto da un po’,
mi sembrerebbe di morire d’amore> tentò di dire, ma non potè perché gli
mancò la voce, si abbandonò su quel petto di pace e provò una intensità
senza confronti, <Questo è un piccolo anticipo del prossimo cielo>
disse il Padre.
<Sì, papà> pensò Ciccino ancora muto.
<E perché, Ciccino, non hai risposto a Mimma e hai abbandonato Cristina all’ingrassaggio? Sei l’angelo custode delle poetesse, non dimenticarlo mai>.
<Il fatto è che le due poetesse sono un moto perpetuo e non le reggo, una ne
fanno, una ne pensano e una ne dicono, io sono un uomo di silenzio e riflessione>
si scusò Ciccino, poi ebbe un’esitazione e confessò: <E va bene, non avevo voglia dell’ennesima avventura>.
<Gli alieni nei quali sono incappate sono ancora molto sottosviluppati,
pensano soltanto a mangiare > disse il Padre, < le due ragazze hanno corso
un bel rischio. E non ti sei accorto che il robot faceva delle avances
a Mimma e l’elicottero stava precipitando? >.
<Ah, ah, ah> scappò a Ciccino, <delle avances a Mimma! Chissà cosa
gli girava per i chip>.
<Anche i robot hanno bisogno d’amore> rispose il Padre e divenne serio,
sicché Ciccino incominciò a battersi il petto e chiedere perdono.
<Ciccino, smettila. Vatti a rendere presentabile, indossa una toga da
arcangelo più dignitosa di questa specie di pigiama a strisce bianche e celesti
con il quale giri per tutto il paradiso e, per una volta, mettiti un paio
di scarpe, mocassini celesti flosci di pura pelle, sono nel corredo
degli alti cori e ti toccano in dotazione, si può sapere perché
non hai nemmeno aperto l’armadio nella tua stanza?>.
<Maestà, permettetemi di piangere un po’> rispose costernato Ciccino,
che in camera sua non si era permesso di toccare niente per umiltà.
<E piangi> rispose il Padre. Subito sulla terra incominciò a diluviare
e nel triangolo delle Bermuda vennero le onde anomale.
Ciccino, al vedere l’inizio della catastrofe, si asciugò gli occhi con bioccoli
di nuvole.
<Vado a cambiarmi d’abito> affermò, poi gli venne un pensiero:
“E se adesso LUI è offeso e non si lascia più abbracciare?”.
Così lo strinse a sè per quella che pensava potesse essere l’ultima volta e
quale non fu la sua gioia quando si rese conto che il Padre gli ricambiava
l’abbraccio e lo sollevava come un fuscello baciandolo in fronte.
Nuovamente gli parve di morire d’amore, ma con ulteriori delizie.
 
L’arcangelo Francesco Pasticcio era più che presentabile e faceva anzi
bella figura.
Il Padre lo controllò da ogni lato, gli sistemò il cravattino che era un po’ storto
e gli disse che poteva andare.
< Dove, Maestà? >.
< Lo sai benissimo >.
< E cosa debbo fare? >.
< Lascio decidere a te, Ciccino, io vado a passeggio nell’Eden > rispose il Padre.
E sparì.
L’arcangioletto si guardò a destra, dopo a sinistra, infine davanti a sè:
cielo e  nuvole ovunque.
Nessuno a cui chiedere consiglio tranne un’angiolessa anziana
di quarta categoria, che cantava con aria ispirata.
Portava l’abito degli ultimi, che aveva ancora un po’ del cinereo.
Ciccino le si accostò, ma non osò interromperla. Lei si vide guardata e gli sorrise.
<Sono appena arrivata dal Purgatorio> gli disse, <quale felicità sto provando. Mi chiamo Dominica de Luisis de mimmiana familia>.
<Oh, che bel nome> rispose il vecchio gesuita, <io sono Franceschino de Ciccinis de cicciniana familia>.
<Piacere>.
<Piacere. Mi puoi dare una mano? > e le raccontò il fatto,
<Tu cosa faresti?> concluse.
<Intanto cercherei le due poetesse>.
<E poi?>.
<E poi chiederei perdono>.
<Questo non è difficile, ma poi ?>.
<Le accompagnerei a casa con letizia>.
<Nient’altro?>
<Beh, farei dimagrire Cristina al peso giusto>.
<Elementare! Grazie. Come non ci ho pensato da me?>.
Ciccino spiccò il volo e, in un lampo, apparve nell’elicottero, si prostrò dinanzi alle poetesse sbalordite, chiese ed ottenne il perdono e le riaccompagnò fino a casa, prima di sparire rimise a posto il peso di Cristina, ma nel toglierle le sopracciglia cespugliose si distrasse un momento e le aggiunse il dono della bellezza irresistibile. Il robot, che accompagnava le due poetesse con i bagagli, lasciò cadere per terra le valigie, l’inseguì e le si dichiarò sfacciatamente : <Io non pupazzo, tu bella femmina, mi vuoi sposare?>.
 

                                                          Domenica Luise
   
                                                 (Fine della seconda puntata)
 

Il robot innamorato incominciò a squagliarsi dalle falangi delle mani fino
agli alluci dei piedi e in trenta secondi di lui restò un mucchietto di neuroni
e sinapsi sintetici con un cuore di quarzo rosa che si agitava e batteva.
Il minuto dopo tutto fu silenzio.
Mimma guardò Cristina: <Cosa gli hai fatto? L’hai ucciso!>.
<Semplice sindrome di Stendhal> rispose Cristina come se non gliene importasse niente. Si ravviò i capelli e aggiunse: <Forse hai uno specchio?>.
Mimma cercò nella sua borsa e glielo passò.
<Questo è piccolo, non ne hai uno più grande? Come ho fatto a dimenticarmi
lo specchio?> continuò Cristina, <Oh, come sono bella! Ma tu mi hai vista?
Ho gli occhi verdi cangianti che brillano, le labbra rosse, la pelle rosa
e questa rughina vezzosa al centro della fronte>.
<Oh, come sei bella, che ci importa di lui> rispose Mimma indicando ciò che
del robot giaceva per terra. <Io sono la tua migliore amica, non è vero?>
chiese con ansia.
<Certo, Mimma, ma non la prima né l’ultima. Una dei miei innumerevoli
ammiratori, ecco> rispose Cristina camminando senza smettere di specchiarsi.
Tutte le macchine si fermavano, gli elicotteri atterravano, gli aerei
cambiavano rotta, incominciarono parecchi tamponamenti a catena e alcuni
surfisti scivolarono davanti a lei, ginocchioni le proponevano il matrimonio
o almeno una convivenza a tempo indeterminato.
Una schiera di editori apparsi dal nulla incominciò a contendersi il privilegio
di pubblicare un libro delle sue poesie, visto che erano troppi Cristina stabilì
che ognuno ne avrebbe stampato una pagina. La decisione salomonica accontentò tutti, ma tornarono a casa disfatti perché ognuno di loro l’avrebbe voluta
almeno baciare con passione.
Una volta arrivati barcollanti in camera da letto, si coricarono con la febbre
a quarantadue e gli spasmi. Le mogli furibonde dovettero assisterli, ma quando
la sera videro in televisione l’intervista a Cristina se ne innamorarono anch’esse.
Una tigre scappata dal circo, che casualmente si trovò nei pressi della sua casa, intravide la sua silhouette dalla finestra della cucina e subito cadde a terra,
era incinta e partorì, prima del tempo, una tigrotta che volle chiamare Cristina
a perenne ricordo di quell’emozione.
Il telefono squillava, il campanello della porta suonava continuamente, il fioraio
e il pasticciere erano ben felici di andare e venire portando scatole di
cioccolattini e fasci di rose scarlatte.
<Sono sempre io, madame>.
<Altri cioccolattini, signora>.
<Scusi se disturbo ancora>.
<Mi può fare l’autografo?>.
In tarda serata Mimma e Cristina piombarono addormentate lì dov’erano,
sul divano del salotto buono.
Furono svegliate dal canto del gallo, che volò dentro casa dopo avere rotto
a forza di beccate i vetri della finestra e si precipitò fra le braccia
di Cristina tentando di baciarla sulla bocca, ma lei minacciò di
torcergli il collo. Fuori dalla porta si stipavano parecchi  chilometri di folla,
c’erano anche alcuni prelati, con imbarazzo di Mimma e divertimento di Cristina.
La quale non mollava lo specchio. Ora Mimma non era una donna portata
all’invidia per natura, beata lei, ma vedere l’amica così corteggiata,
con un libro di poesie pubblicato una pagina per editore  e a lei niente,
le incominciava a dare un pochino di fastidio, una puntura piccolissima,
quasi inavvertibile.
<Mi sembri il puffo vanitoso> le disse, <ti sei innamorata di te stessa? >.
<Tu sei soltanto invidiosa> fece Cristina soprappensiero.
<Invidiosa di che? Anch’io sono bella> disse Mimma, ma poiché era
una persona sincera aggiunse dubbiosa: <Mah!> col punto esclamativo.
 
Il gesuita Francesco Pasticcio, quella mattina, si presentò dal Padre con l’animo tranquillo: chissà quanto si sarebbe compiaciuto per il suo comportamento e gli avrebbe dato un altro di quei baci che gli spezzavano l’anima.
Aveva perfino indossato una stola con sciarpetta trasparente in vita e si era ricordato di mettere un comodo paio di mocassini celesti. L’aureola gli
sprizzava soddisfazione da tutte le luci.
Il Padre lo abbracciò, gli disse che apprezzava le sue buone intenzioni,
ma che da ora in poi fosse più attento a non lasciarsi scappare sui mortali
doni che essi non potevano sopportare.
E poiché Ciccino sbalordiva, gli mostrò le due poetesse che quasi litigavano
per la prima volta in vita loro col gallo che, spaventato, svolazzava di qua
e di là fra tutti quei fiori e scatole di cioccolattini e fiocchi colorati.
<Cos’ho fatto, maestà! Mi è scappata una scintilla di bellezza irresistibile
e ha colpito Cristina> disse costernato.
In un lampo si presentò alle due poetesse, <Cosa state facendo, litigate a chi
è più bella, vergognatevi, alla vostra età>.
Allungò il dito indice della mano destra e sfiorò la testa di Cristina disintossicandola con il dono della normalità quotidiana.
Subito i prelati se ne andarono in processione, gli aerei ripresero ognuno
la propria rotta, gli elicotteri smisero gli atterraggi di fortuna in quei pressi
e si interruppero di colpo i tamponamenti. Il fioraio e il pasticciere,
stremati, poterono finalmente recuperare il sonno perduto, soltanto
gli editori mantennero l’affare del libro di Cristina pubblicato una pagina
per uno, quei furbacchioni. In quanto ai surfisti, saltarono su di un’altra
onda e nessuno li vide più da quelle parti, anche la tigre tornò al circo
con la figlioletta e il gallo volò nel pollaio a corteggiare le galline.
Per Mimma non cambiò niente, ma riebbe la sua amica e lo specchietto.
 

                                                               Domenica Luise
FINE

 
 

 

37 pensieri su “Mimma e Cristina fantascientifiche

  1. Che avventura! Ma come ti vengono? Per fortuna è finita bene, ma cominciavo ad avere i tremori dell'ansia, senza le giuste pilloline!

    Sei troppo forte.Un abbraccioWilma

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  2. maro'!!!io centocinquanta chili.. le sopracciglia cespugliose, ma che razza di triangolo delle Bermuda è?..Hahahahahah, ma insomma, con te non starò mai tranquilla, mi fai fare le cose più assurde e… sorprendenti…Scusa, ma stavolta Ciccino perché ti ha abbandonata?Mai fidarsi della metacibernetica, eh?.Sai una cosa? io ci vorrei davvero sparire in quel maledetto triangolo…Piuttosto dovresti imparare a guidare l'elicottero personalmente, chissà che allora non mi ci butteresti senza paracadute, direttamente nel vulcano,ops, triangolo, delle Bermuda.Magari quella pazza sconsiderata di Cristina, sta facendo di tutto per restare, pesare una tonnellata e non schiodarsi più da quei fondali.Mimmina cara, scherzi a parte, sto scrivendo con le penne a punta fine, ho mangiato la cioccolata e letto riviste suii computer nelle quali non ci ho capito niente, ho memorizzato una visita bellissima ma così nel profondo che se la faccio riemergere mi viene il magone, e per le ragioni più disparate che esistono.E sto andando avanti per forza d'inerzia.Ma in tutto questo c'è di consolatorio che tu scrivi questi racconti stupefacenti, esilaranti, magici.Allora forse vale anche la pena sparire per un pò…un abbraccio immensograzie di ogni cosa bellissima che pensi che fai che sei.cri

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  3. Che spasso! che divertimento!Hai ancora qualche pillola per me? Io vorrei fermarmi ad assaggiare i cespugli, le lasagne etc, etc, solo un piccolo spuntino…prometto.Come al solito qui da te si sta UNA FAVOLA:Ciao Mimma, un bacione.frantzisca

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  4. Ah, ah, ah, la tavola è un luogo sacro, anche Gesù fra nozze di Cana e ultima cena ci stava bene. Com'è giusto che sia, ma tre sole cucchiaiate di panna sul gelato al gianduia ti bastano per il calo glicemico? Dico a te, Cristina.Però voglio proprio capire perché l'arcangelo non mi ha risposto, cosa starà escogitando? Della serie nemmeno gli arcangeli hanno tempo.Basta, passo, chiudo e procedo al mio prossimo diletto: un tozzo di televisione.

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  5. sentite….facciamo che vi portiamo entrambe ad un ristorante di ALBEROBELLO……………"IL PINNACOLO"…… inserito in un tradizionale TRULLO….RIGOROSAMENTE A SPESE NOSTRE (m&g)….vediamo se vi passano certi pensieri!!!aaaaaaaaaaaaaahahah….ma l'invito è vero!il matador.

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  6. Sei adorabile, leggerti vuol dire tornare indietro negli anni e rallegrarsi il cuore. Mica male avere tutte quelle pillole del benessere, sazietà, ringiovanimento, che goduria! Hai fatto conquiste spaziali e povera Cristina, ingrassata sino a 130 Kg, l'hai anche abbruttita con le sopracciglie cespugliose. Qui ci vuole un altro capitolo con Cristina abbellita e dimagrita che fa strage non di robot, ma di extraterrestri di bell'aspetto.Ti auguro una buona giornata,radiosa come il tuo spirito.affettuosamenteannamaria

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  7. Buongiorno, signore e signori, sì, continuiamno la fiaba e divertiamoci ancora. Ma che bello, anche un invito a pranzo nel trullo con Cristina, sarebbe magnifico. Una volta ho visitato un trullo, era seducente, strano, tutto rotondo dentro. Ricordo il mio sguardo spalancato mentre giravo su me stessa.Ci sono molte cose belle su questa terra e sono inventate dalla natura, dagli esseri umani ed anche dagli animali.

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  8. "tu pupazzo, io non bella femmina, smammare!…"ecco cosa rispose la normopeso cristina al robot salameleccoso.per il resto, a quel povero ciccino gliene fai passare davvero di tutti i colori co' 'ste due matte!poetesse, poi!nemmeno ciccino ci crede, in fondo lui sa bene di che si tratta: ormoni corticosurrenali…ahahahha!….e cosìtu ti stai divrtendo a scrivere, noi a leggere, ciccino a rimediare, lover-tobot a farsi miracolare come pinocchio…e tu sei una che non se ne può più dalle risate, ecco!

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  9. E' finita? Perché potrebbe anche continuare vero? Quanta bella e divertente fantasia, cara Mimma. La prima parte, con tutte quelle efficacissime medicine,  l'ho trovata esilarante. Grazie per il sano divertimento.ciaofranca

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  10. segnali[..] QUI continua la storia di Mimma e Cristina alle BermudaQUI Lucy scrive di cosa sia la con-divisione…Qui Milvia stanca del blog… forse QUI Renzo ci dice la sua sui festival di cultura. [..]

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  11. Delizioso! Vedo che hai ascoltato il mio consiglio: "Io non pupazzo, tu bella femmina". Sono esilaranti queste fiabe, in chiave divertente prospettano l'altra vita di pace e di gioia, un po' come l'immagino io.buon giovedì, cara Mimma.un bacioannamaria

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  12. Che divertente viaggiare con la tua fantasia, mi è piaciuto molto !!Tutto diventa possibile e raggiungibile, che bello Mimma !E adesso come si fa con il robot innamorato ?Ciaoo, bacini, bravissima

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  13. Veramente ho la tentazione di una terza puntata che mi folleggia nelle meningi, vedremo se esce d'impatto come le due precedenti. Ma sì, divaghiamoci un po'. Ho appena sentito il telegiornale e sono inorridita. Non ci posso credere. Mi ricordo che il mio primo padre spirituale, poco prima di morire, mi disse: <Chiedi alla Madonna il dono dell'equilibrio>.Quanto aveva ragione.Stiamo attenti, non diamo nulla per scontato, difendiamo i figli, la famiglia, le persone care e sosteniamoci fra di noi, ne abbiamo un gran bisogno.Insegniamo ai figli a parlare. Da piccola (prima media) mi salvai da un cretino perché lo dissi alla mamma e sentii che lei lo riferiva al papà. Mi faceva ripetizioni di matematica. Mi tolsero immediatamente.E ricordo, con immensa tenerezza, il bene pulito e profondo che voleva a me e Iole lo zio Peppino, marito di Concettina, sorella della mamma. I suoi occhi erano sempre gioiosi e sinceri quando si posavano su di noi.

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  14. Un bel trambusto !! L'eccesso di bellezza aveva creato dei squilibri, eh, eh,per fortuna che si è tornati alla normalità " il dono della bellezza irresistibile " sembra essere l'obbiettivo principale di questi tempi. Hai toccato un tasto attualissimo…Bravissima, mi sono divertita nel leggerlo !Kiss

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  15. Buongiorno, cari, e sempre ben trovati. Che spettacolo la natura: un incanto perpetuo dove siamo immersi. E quant'è bello un cuore umano pulito che parla battendo. Grazie e vivete felici.

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  16. Sono tornata e ho trovato la terza, esilarante ultima parte. Mentre leggevo mi chiedevo come l'avresti finita ( il finale è sempre compito arduo ); ma avevo dimenticato che c'erano l'angelo e il padre eterno a risolvere tutti i problemi :))bravissima scrittrice di fiabe giocose!ciaofranca

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  17. Bellissima parte finale, Cristina bellissima che fa strage di cuori e di editori, per fortuna dopo, nella normalità, almeno gli editori restano. Che dirti, cara Mimma, se non che la tua scrittura è unica, fantasiosa e così amena e con i tempi che corrono abbiamo bisogno di fantasia sana e divertente. Credo che con un'amica come Cristina, l'ispirazione nasce come un bel fiore.un abbraccio mattutinoannamaria*

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  18. Sono appena tornata,"normalissima", per fortuna, dalla spesa settimanale.Quel dono lì, cara la mia Mimmina, non lo vorrei proprio per niente.Per fortuna non sono vanitosa e non mi trovo bella, anzi, il contrario, e questo in passato è stato anche la mia condanna e il mio accontentarmi sempre, da cenerentola.Stranamente soltanto adesso, alla mia età, riesco a vedermi passabile.Comunque la fiaba è stratosferica, tu sempre con la tua inventiva lussureggiante.. E che vuoi che ti dica, sei bravissima! Ma davvero tanto!Certo avere un'amica come te è certamente gratificante, ma anche sorprendente,  nel senso che non sai mai da che parte ti farà andare e dove ti farà capitare insieme a lei.Avventurosamente è poco. Ci vorrebbe un neologismo per significare il tutto: supermimmipoemagicomicospassoso…e te lo scrivo pure in QR code:e adesso, stremata dalle veglie, dagli amori, dalle diete, dai cioccolatini, e da tante altre cose che è meglio non suggerirti…ahahah… ho bisogno di riposare…Tu veglia su di me, mi raccomando, e intanto riposati anche tu, eh?In quanto a specchi, bisogna che te ne invio io uno giusto per te: così vedrai tutta la bellezza e lo splendore di Mimma.un baciocri

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  19. QUESTA E' UNA DELLE PIU' BELLE FAVOLE  CHE SI RACCONTANO AI GRANDI E POI ANCHE AI PICCINI,CHE HANNO SUPERATO SHAHRAZAD!  VIVENDO COSI' A LUNGO DA NON SAPER LA FINE!Un bacio,Mirka

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  20. Buonasera, signore, ma quanto siete belle e divertite, Cristina, cos'è quel geroglifico o labirinto misterioso? QR code, spiegati, a che cosa serve?Un abbraccio globale a tutti coloro che si aggirano su questo blog, con particolare riguardo alle commentatrici e a qualche coraggioso commentatore. Vivete felici.

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  21. Mimma , cara, ora mi devi spiegare come hai fatto ad arrivare fino in fondo, perchè io leggendo soprattutto quest'ultima terza parte mi sono dovuto interrompere tante e tante volte , le lacrime del ridere mi impedivano di leggere. Mia moglie che a quest'ora del sabato si concede un meritato riposo facendosi la manicure davanti alla TV è corsa qui in studio per vedere cosa stava succedendo e se stavo male, pensava singhiozzassi. Ahahahah che spasso, devi continuare ancora, troppo bello, abbiamo bisogno di questi momenti di sfogo, riportano alla gioia di vivere.E pensare che proprio oggi volevo scriverti per complimentarmi del tuo commento alla poesia di Crì -L'ultima tentazione- mi è piaciuto molto e lo condivido in pieno. Condivido anche la cioccolata fondente ahahahahache mi da un sacco di allegria ahhahahascusa ma vado a rileggermi ancora una volta la terza parte della fiabaho voglia di star bene stasera.Grazie ancora e un abbraccione dal falconiere

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  22. E dopo un commento di questo genere, così vivace e pieno di risate, mi hai aumentato facciamo cinque anni di buona vita. Grazie, falconier. Ho visto tutta la scenetta come se aleggiassi nella vostra casa tipo fantasma. Vivete sempre felici.

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  23. Ciao carissimafinalmente riesco a leggere tutte e tre le parti.Ha ragione Falconier, quante risate, ci volevano proprio tutte.Sai sarebbe bello vedere le tue storie in cartone animato, sai che meraviglia,te e la Cristina al triangolo delle barmuda.Ho letto che Matador vi ha invitate a cena o pranzo….beh….vengo anch'io…tanto la dieta inizia sempre domani…ah…ah…ah.Un sorriso carico di risatee che risate!!!!Un abbraccioChiara

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  24. E dopo questi altri bei commenti, gli anni di vita guadagnati sono aumentati a dieci. Ragazze, ma che dite? Certo che avete il "permesso" di stampare le mie cose, sono tutti capi firmati, come potete vedere. Altra cosa è quanto è stato fatto, su un sito NON DEL NOSTRO GRUPPETTO, alla mia favola dell'Usignola stonata: ridotta in quattro puntate senza chiedere il permesso, rubati alcuni disegni ad arbitrio, con in fondo la mia firma, pubblicata e commentata da ignare persone anche entusiaste. Io e Cristina abbiamo protestato senza ricevere risposta né tante scuse né niente. Non pubblico l'indirizzo del sito per non fare loro pubblicità.Quel giorno mi sono arrabbiata nera.Sostituire arrabbiata con la parolaccia in uso, prego: io mi sono assoggettata all'autocensura. Sono la più grande e devo dare il buon esempio. Forse.

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  25. Ciao Mimma (mi permetto di chiamarti così anche se non ci conosciamo) oggi ho pubblicato sul mio blog un'altra delle tue poesie tratte da quel famoso testo scritto nel 73 (Tu sei la mia sete) che donasti a mio marito.Scusa se non ti ho ancora scritto ma in questi giorni il mio tempo, perfino per le mail è stato limitato e vado sempre di corsa. Mio marito non è stato uno dei tuoi bambini del catechismo, ma lo incontrasti un anno a Zafferana mentre  eri in vacanza lì. Mi riprometto di scriverti presto e di tornare a trovarti nel tuo blog che vedo pieno di gioia e di colori…Grazie della tua visita dell'altra volta.. Un caro abbraccioletizia

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