Il tunnel di luce

Angelo bianco

Ero stata operata di ginocchio valgo alla gamba sinistra e tutto era andato bene.

Uscii in trionfo dall’ospedale, medici compiaciutissimi, io molto sollevata, mia sorella e mio cognato mi portarono a casa loro perché riprendessi le forze e fossi assistita per tutto il tempo necessario. Scalpitavo per la voglia di rientrare nel mio regno, tra quadri, quaderni di poesie e le mie bestiole momentaneamente affidate alle cure della vicina. Mi sfogavo su un tappeto di fiori a uncinetto surricamato  inventato da me, che suscitava lo stupore di chiunque lo vedesse per il pazzesco lavoro strano e sgargiante che ne usciva.
La pressione era bassa, ma non me ne curavo perché era tale da una vita.

Al primo controllo camminai senza stampella davanti agli occhi sbalorditi dei medici, il professore mi fece andare su e giù elogiandomi. So io i dolori provati per piegare le gambe come mi avevano detto di fare e cosa significava un millimetro di movimento in più guadagnato in ore di fatica.

Incominciai a dire che volevo tornare a casa mia, ma la sorella, da quell’orecchio, non ci sentiva.
Dimenticavo la stampella dapertutto: accanto al letto quando mi alzavo, in bagno, nell’altra stanza.
Ero proprio pimpante, solo quella pressione troppo bassa ci spingeva alla prudenza.

Lavoravo al mio tappeto e sgranavo i piselli nel letto. Anche quel pomeriggio, per quanto mi sentissi strana, ricamai un po’, quel punto del lavoro è venuto più sbilenco del resto. Ero uscita dall’ospedale da circa un mese dopo l’operazione.
Mia sorella mi aveva dato un campanello per chiamarli in caso di bisogno , lo tenevo sul comodino, che era di quelli antichi, piuttosto alto rispetto alla piccola branda di fortuna che mi avevano sistemato nel salone.
Sopra c’era anche la bottiglina dell’acqua, penne e quaderno per scrivere in caso di ispirazione immediata. Di fronte un carrello con la televisione. La mia porta restava sempre aperta, notte e giorno, per un’eventuale necessità. Appena suonavo il campanello arrivava qualcuno: la nipotina oppure il nipote o la sorella o chiunque fosse più vicino ed anche tutti insieme

Quella mattina  mi svegliai presto, stavo malissimo e sembrava che il cuore andasse fuori da ogni regola. Seppi poi che era la fibrillazione. Dapprima tentai di non lamentarmi per non disturbarli, ma subito capii che dovevo chiamare.
La mano destra incominciò a formicolare, pensai: ” La manina con cui dipingo… “
Volli raggiungere la sommità del comodino per prendere il campanello, ci riuscii con enorme fatica, ma non potei agitarlo per farlo suonare.
Pensai che bere mi avrebbe fatto bene, dopo molti stenti presi la bottiglina, ma non fui in grado di aprirla. Rimasi col campanello e con la bottiglia sul petto e pensai che, quando mi avrebbero trovata così, avrebbero pensato che avevo chiamato perché mi aiutassero e non si erano svegliati. Non volevo che si sentissero colpevoli, capita sempre quando muore qualcuno. Allungai il braccio e rimisi campanello e bottiglia sul comodino,  spingendoli bene in fondo, svenni  per lo sforzo.

Dopo un poco ripresi i sensi e stavo ancora peggio, incominciai a lamentarmi involontariamente, mio cognato sentì, svegliò mia sorella, i figli dormivano tranquilli, vidi Iole accendere la luce ed entrare da me, si buttò le mani ai capelli.
In seguito mi disse che ero tutta chiazzata di viola, le labbra, le occhiaie e la punta delle dita. Chiamarono subito per telefono il medico e lui rispose che stavo morendo, di fare venire l’ambulanza. Mentre aspettavamo, sentivo che Iole e mio cognato Giuseppe gridavano ai figli:
< Restate a letto, non venite qui  >, i bambini, invece, si alzarono per vedere cosa succedesse, ricordo uno sguardo sbalordito su di me, non so se di Giovanni o di Maria Chiara, con l’ultimo fiato dissi: < Ciao >. Cercai l’altro nipote e dissi nuovamente < Ciao > con ancora meno fiato.
Dopo mi confessarono: < Avevamo capito che era un piccolo addio >.

Arrivai al policlinico di Messina con un minuto e mezzo di vita, mi salvò una giovane dottoressa in servizio, che mi diede uno sguardo e disse a Iole: < Forse sua sorella ha fatto anticoagulanti e li ha interrotti di colpo? >.
Così era stato. Avevo la pressione a 20. Immediatamente mi hanno messo l’ossigeno ed infilato un piccolo ago in vena, le chiamano “farfalline” e dentro poi seppi che hanno fatto cinque iniezioni di non so che, ho sentito che dicevano:
< Ricoveriamola in rianimazione >, di nuovo mi hanno messa nell’ambulanza e, con la sorella accanto che supplicava: < Resisti, Mimma >, siamo partiti.

Un’infermiera anziana ed esperta, in quel momento in cui arrivai, stava per andarsene a casa, mi dette uno sguardo e tornò indietro per aiutare i giovani che erano rimasti perché, mi ha detto poi, magari non sapevano come sbrogliarsela.
Mi hanno sistemata in un letto badando a spostarmi delicatamente,  ho sentito il primario ordinare di mettere nella prima flebo trenta fiale di urochinasi, lo ricordo perfettamente.
Mi sentii subito bene, in pratica ripresi a respirare. Avevo avuto una trombosi venosa profonda a tutti e due gli arti inferiori con embolia polmonare massiva bilaterale, non ero morta perché il cuore era in perfette condizioni e non fumavo.  Eppure avevo un battito talmente sconvolto che i medici, appena arrivata, mi chiesero se fossi ammalata di cuore, risposi di no, ma sul momento non ci credettero.

Quando giunse l’ora delle visite i miei poterono vedermi da dietro il vetro e parlarmi col citofono. Io sorridevo da un’orecchia all’altra e li tranquillizzavo. Loro quattro erano semplicemente felici di trovarmi viva.
Non ho mai avuto paura e nemmeno pregavo o chiedevo perdono per i miei peccati: ero entrata in uno stato di benessere totale, eppure avevo sentito parlare i medici e sapevo quello che avevo, ero cosciente che potevo morire da un momento all’altro.

Avevano dato la diagnosi di embolia polmonare a occhio e dovettero trasportarmi al piano inferiore per una scintigrafia col mezzo di contrasto. Mi dissero di non fare movimenti e mi sollevarono servendosi del lenzuolo dal letto alla barella, io però tentai di aiutarli spostandomi sul fianco. Quel piccolo affaticamento bastò a sconvolgermi.

Partimmo con la bombola dell’ossigeno su di un carrello ed una dottoressa al seguito, al ritorno mi raccomandarono nuovamente di restare immobile e stavolta obbedii. Con grande cura mi sistemarono nel letto e si allontanarono.
In quel reparto, riscaldato alla temperatura giusta e costante, eravamo maschi e femmine, ognuno in un lettino, nudi sotto le lenzuola per essere subito pronti alle cure in caso di necessità. Quando me ne resi conto mi feci mettere una maglia per evitare che i miei cari mi vedessero in quelle condizioni, e non fu faccenda facile infilarmi testa e maniche in mezzo a tutti i tubi ai quali ero legata. Di fronte a me c’era un ragazzo, sul quale era caduto un cancello e gli aveva portato via  una parte della testa.  Alcuni giorni dopo, una notte, lo sentii morire perché le macchine che continuamente ci monitoravano subito davano l’allarme, proprio come in un film.

I medici mi avevano appena lasciata che mi sentii male, malissimo, volevo dire: < Sto male >, ma non potei parlare e sprofondai come in un pozzo nero. All’improvviso mi trovai in un tunnel di luce, levitavo nel centro volando in avanti senza fare nulla da me, ero semplicemente trasportata. La luce non abbagliava, era fatta di un fascio di luminosità con sfumature gialle orizzontali, come prodotta da lampadine più o meno potenti. Quello che contava era lo stato d’animo, una pacificazione perfetta, uno stare bene appagato oltre ogni immaginazione. Sentii puzza di gomma, che mi disturbò dal mio benessere profondo: sotto il letto tenevano due palloncini dell’ossigeno, detti volgarmente “ va e vieni ”, ne avevano acchiappato uno e mi pompavano ossigeno in faccia, battevano una cosa sul viso, sentii gridare: < Respira, respira, respira, tu devi vivere! > , era il primario, come poi seppi, circondato da tutti, medici, infermieri, vidi una folla intorno al letto appena riaprii gli occhi. “ E va bene ”, pensai, “ accontentiamolo, respiriamoci dentro, così forse me lo toglie ” .
Il palloncino dell’ossigeno mi dava non poco fastidio, ma forse erano piuttosto i loro schiaffoni, così tirai un pugno e, come poi seppi, glielo spaccai. Sentii che qualcuno diceva: < Reagisce. Si sta riprendendo >. Subito afferrarono l’altro e ricominciarono. A questo punto respirai, visto che erano tanto seccanti.  Dopo mi dissero che c’era stato un arresto cardiaco.
Non ho potuto mai sapere quanto tempo sono stata in coma perché nella cartella clinica non è scritto. Intanto, mentre io avevo l’arresto cardiaco, Iole, che era andata a casa a preparare il pranzo a marito e figli per poi correre di nuovo tutti insieme da me, ha visto un’ombra scura uscire dal salone dove c’era il mio letto, ha gridato: < Mimma, sei morta o sei in bilocazione? >, ha lasciato il pranzo, si è messa in macchina ed è arrivata all’ospedale, orario di visite, ma non l’hanno fatta passare perché mi stavano soccorrendo. Quando mi sono ripresa l’ho vista dietro il vetro ed allora l’ho confortata dicendole che non sarei morta, intanto i medici e gli infermieri, come poi ci hanno confessato, ascoltavano acquattati i nostri discorsi d’amore.

Quando il breve tempo di visita finì e se ne andarono, mi addormentai e feci un sogno estremamente vivido: mi trovavo su una zattera con mia sorella, il mare era di un rosa luminosissimo ed immobile. Nessuna onda. Andavamo verso l’altra sponda e d’un tratto lei ha detto:
< Torniamo indietro, siamo arrivate troppo oltre >.
Ho indicato i monti ed una specie di parallelepipedo sul davanti ed ho risposto: < Ma almeno guarda quant’è bello prima. Quello ( il parallelepipedo ) è il monumento alla morte di Nereo >.
Sogni. Non so chi sia questo Nereo e da dove mi sia venuto.

Dopo dieci giorni sempre con flebo ed ossigeno, uscii viva dalla rianimazione, ricordo i corridoi pieni di medici, infermieri e portantini, che non ho rivisto mai più, giovani e meno giovani, sorridenti, che mi salutavano e battevano le mani, mentre la barella procedeva in trionfo ed i miei mi aspettavano più avanti saltando di gioia, e non solo i bambini, contemporaneamente un’altra famiglia piangeva la morte del proprio caro in triste contrasto.

Di nuovo a casa di Iole, ero di carta velina: appena qualcuno si avvicinava al mio letto e mi diceva una parola buona mi scioglievo in pianto.
La pressione era bassissima, per un mese ebbi sessanta di minima e ottanta di massima. Mi alzavo tranquillamente e consolavo mia sorella: < Tu sai che sono abituata a vivere senza pressione >, scherzavo.
In tutto questo c’è una nota comica: quando a scuola si sparse la voce  di quanto succedeva, i miei alunni hanno detto il rosario per me insieme al professore di religione. Io all’epoca insegnavo lettere in un istituto professionale, tutti maschi e adulti. Il pensiero di quei diavoli intenti a dire il rosario mi ha fatto sempre ridere di tenerezza. Me ne sento ancora protetta.

Da allora sono passati più di quindici anni: un bel supplemento di vita.

Dedico questa testimonianza, reale in tutto e per tutto, alle persone meravigliose che mi hanno permesso di vivere altri quindici anni entusiasmanti.

Domenica Luise o Mimma

( Quadro di Domenica Luise, olio su tela, 70 x 50 cm. ).

 

 

62 pensieri su “Il tunnel di luce

  1. Grazie, cara: il vostro affetto è un dono indicibile per me, non avete l’idea di quanto bene io ne riceva. Questa testimonianza, verissima in ogni sottigliezza, era dovuta alle persone che mi hanno salvata e curata con dedizione, sia la famiglia che gli estranei. Si parla tanto di malasanità, qui è avvenuto il contrario. Non dimentico nessuno di loro anche se ho perduto il quaderno in cui avevo scritto gli indirizzi che mi ero fatta dare. Quando sono poi uscita ed andata a casa di Iole, sono venuti a trovarmi un giovane medico ed un’infermiera, che si erano fidanzati e volevano farmelo sapere in anteprima, dopo averlo tenuto segreto sul luogo di lavoro. Ricordo l’enorme scatolo di baci che hanno portato, anch’esso segno di amore e generosità. I due ragazzi erano sicuri che io avrei avuto grande gioia per la loro gioia, e così è stato.

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  2. Stavo per chiudere quando è apparso questo racconto.
    L’ho letto d’un fiato e sono senza parole. Su tutto domina il tuo amore per gli altri: la tua preoccupazione per loro anche in quei momenti che credevi ultimi, il modo in cui narri di parenti, medici, pazienti; di “diavoli ” che recitano il rosario
    Hai sperimentato il tunnel di luce ed è confortante sentirlo descrivere da te
    Condivido la gioia che tu ci sia ancora e ti auguro per tantissimo tempo
    Bacione
    Franca

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  3. Purtroppo, o forse menomale, conosco questi percorsi, so che ti lasciano una lucidità e una consapevolezza che non si aveva prima.
    Alcuni migliorano il proprio percepire e il vivere, amplificano gli orizzonti e sostano lì, dove il cielo si unisce alla terra.
    Altri diventano più cattivi, maledicono il mondo e pensano di essere bersagliati dalla malasorte, anche vendicativi: quante volte ho sentito questa frase che mi fa sussultare ogni volta: “perchè proprio a me?”
    Sarà che ho sempre pensato che gli esseri umani sono tutti esposti alle stesse tempeste, sarà che ne ho viste anche di peggiori di sorti, mi sono sempre sentita compassionevole verso chi soffre ed anche verso me stessa.
    Cara Mimma, ho idea che chi si attacca col morso di un cane cattivo, non abbia mai vissuto tristi eventi, e se li ha vissuti, non ne ha fatto tesoro.
    E sono tanti quelli che continuano ad accanirsi per questioni di poco conto.
    Qui siamo attaccate alla vita per un filo, e qualcuno perfino godrebbe nel reciderlo prima.
    Non lo permettiamo, cara.
    Proseguiamo con l’energia che Qualcun altro ci da, e continuiamo la nostra strada fin dove ci sarà concesso, serenamente…
    un abbraccio onnicomprensivo.
    cri

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  4. Ho riletto con avidità questo racconto. Tre sono i motivi 🙂 è tuo, lo amo tantissimo e dal mio commento a questo testo è iniziata la nostra amicizia.
    Tutti e tre motivi validi, non credi? 🙂
    Non so come tu fossi prima di questi episodi, certo è che sei uscita con una consapevolezza ed una capacità di comprensione, sicuramente enormi.
    Un abbraccio grande Mimmuccia ed ancora grazie per questo aver messo a nudo momenti così difficili.
    Sono felice di aver conosciuto una persona così. Non ancora di persona 🙂 ma arriverà anche quel giorno.
    ciao usignolo 🙂
    eran

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  5. Grazie , amiche mie, perché ci siete e con tanto amore bello, pulito, vero.
    Siete per me preziose una per una.
    Sono esperienze dure e bellissime, che portano alla luce il meglio di ognuno.

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  6. come tu lo sei per ognuna di noi.
    Scusa, come Cri, non ti ho detto nulla del quadro.
    Ti rispecchia è vitale e fantasioso come te ed è bello Mimma.
    Un bacio
    eran

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  7. la meraviglia di questo blog è la sinergia artistica fra scritto e pittura che ti “disegna” a tutto tondo.

    Questo racconto è talmente intenso e intriso di vita che sembra di viverlo sulla bocca.

    Ciao!!!

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  8. Ho riletto questo racconto ancora con maggior trasporto Mimma, proprio perché già lo conoscevo ho potuto ritrovare tanti particolari. La tua fragilità e la tua forza mescolati insieme. Ti ha reso più consapevole questa esperienza, più innamorata della vita credo. Molto bello l’amore dei tuoi familiari e delle persone che ti hanno curata. Ed è un bel dono anche per noi averti conosciuta.
    Tanti baci

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  9. Sì, Paoletta: ho sentito il dovere, in questo mio piccolo blog, di raccontare la generosità e l’amore di tutti quelli che mi sono stati intorno prendendosi cura di me. L’amore salva sempre e, talora, guarisce anche il corpo.

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  10. Mimma,il tuo racconto mi fa accapponare la pelle. Tu ce l’hai fatta, perchè salvata dall’amore dei tuoi cari e dal tuo per loro.E’ per questo che credi all’amore-dono in modo così ecclatante. Sono esperienze, queste, che trasformano e migliorano chi le ha vissute.Tu infatti ,oggi ,sei persona splendida,forse per quello che hai vissuto ,per essere stata ai limiti e aver provato cosa sia l’altra dimensione. Ringrazio Dio di averti preservata, concedendoti a quanti ti vogliono bene ,come un prezioso dono.
    Ti abbraccio.
    PS: il tuo dipinto mi turba per quei colori luminosi e oscuri ad un tempo che sanno di vita e di morte ; quel vortice sembra inghiottire la figura della donna che ha uno sguardo doloroso ed impotente.
    nunzia.b/nunù

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  11. Sì, Nunzia, nella donna del quadro c’è molto dolore e non soltanto fisico. In quel momento ho dipinto ciò che ero.
    I colori ne sembrano violentati. Vedi, è per questo che non venderò mai nessuno di questi quadri. La mia carissima ex allieva mi ha scritto che ne vorrebbe comprare qualcuno, io posso crearlo adesso per lei, non posso darle quelli che fanno parte della mia storia, che sia stata cruda oppure dolcissima o per meglio dire entrambe le cose.
    Adesso, però, mi sento molto stanca.
    Sì, Paolam: l’amore guarisce tutti coloro che lo vogliono ricevere.

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  12. Mimma. Lo avevo letto ricordi? Ne avevamo parlato. Questa sera ho poche parole,solo la voglia di farti sapere che ci sono, che ti so e che ti penso a volte, per tutto quello che sei e che mi completa in qualche modo. Ti voglio bene davvero, spero che tu riesca a percepirlo. Un bacio, Doris.

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  13. Sì, piccola, lo percepisco e in pieno, lo so, ne sono sicura. Mi dispiace che tu e Nunzia stiate avendo problemi per il vostro blog, piano piano e con la pazienza ci arriverete, anzi ci arriveremo. A me l’ha fatto Glodis, ma poi ho cambiato senza problemi l’avatar e sto cercando di capire come funziona questa cosa. Mah, con il computer sono testona, guarda Paolam, invece, come si rigira bene e alla fine ci arriva. Non omnes possumus omnia, dice Orazio, non tutti possiamo fare tutte le cose.
    Ed ha ragione.

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  14. FUNZIONAAAAAAAAAAAA..ma perchè la foto riesce così male ? Non sono così in realtà, e nemmeno la foto…beh…tenterò di rimediare, mettendone un’altra.
    Ma perchè certi riquadretti con le foto sono piccoli e certi più grandi?

    CIAO MIMMINAAAAAAAAAA

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  15. Ciao Mimma, volevo farti sapere che ci sono anch’io, e sono felice di averti letto.
    Felice è proprio la parola giusta.
    Felice.

    guido
    non sono gli anni, amore, sono i chilometri (indiana jones)

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  16. Caro GRDRingegnere, anch’io sono felice di avere scritto questa testimonianza, eh, eh. Benvenuto nel mio blog, sapessi quanto mi sono rallegrata di trovare anche te nel giardino dei poeti. Cristina, per ora l’avatar che ho messo mi dispiace meno della precedente, ho provato pure con la gattina Cristina, ma mi facevo impressione da me.
    ” Chi sono ” e appariva la gatta. E’ inutile, non sono una che scompare.

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  17. Pardon, Cristina mi ha insegnato che la parola avatar è maschile, quindi mi dispiace meno del precedente. Ed è anche un termine mutuato dalla religione induista, vuol dire incarnazione. Cristina, se mi sbaglio o sono inesatta correggimi e spiegaci questa strana cosa. Del resto quelle che chiamiamo “icone” nulla hanno a che vedere con le icone vere e proprie, che rappresentano soggetti religiosi. Perché usano questi termini tratti dalle religioni? Chi lo sa risponda, fate una ricerca su internet, informatevi e dite la vostra nei commenti, ai nostri neuroni potrà fare solo bene.

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  18. Mimma cara, “insegnato” è una parola grossa che non mi sognerei mai di applicare a una piccola informazione suggerita…
    Sei tu la Prof.
    Per l’avatar, vi riporto una risposta copiata in rete:

    …l’avatar è un’immagine scelta dall’utente per rappresentare se stesso.
    L’avatar può essere la foto di un animale o il disegno di un personaggio dei fumetti, ma può trattarsi anche di oggetti, icone, immagini astratte e (perché no?) foto di se stessi. Insomma, nel scegliere un avatar, non si pongono limiti alla fantasia!

    Eppure, non tutti sanno che la parola Avatar (d’ora in poi è necessaria la lettera maiuscola!) ha le sue radici nella religione induista, e sta ad indicare l’assunzione di un corpo fisico da parte della divinità. Nello specifico, la parola in questione deriva dal sanscrito e significa letteralmente “disceso”: il Dio, facendo la sua discesa sulla Terra, si manifesta incarnandosi in un corpo materiale.

    Vishnu, ad esempio, ogni volta in cui è necessario ristabilire la giustizia divina o sconfiggere le forze demoniache, si incarna. I suoi due principali Avatar sono Rama e Krishna, ma per essere precisi, Vishnu avrebbe ben dieci Avatar.
    Il significato di ogni Avatar è strettamente collegato all’evoluzione della vita e dell’umanità.
    Secondo la filosofia New Age, infine, anche Gesù (il Dio fattosi uomo), sarebbe un Avatar di Dio.
    Spero di esservi stata utile.
    Un abbraccio alla padrona di casa e ai suoi gentili ospiti.

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  19. Dolce Cristina, sono orgogliosa: avevo capito bene! Eh, eh, le sinapsi funzionano ancora. Vedi quante cose impariamo gli uni con gli altri? Però non pensavo che tenere un blog fosse così impegnativo, ancora non ho avuto il tempo materiale di ricopiare le mie ultime poesie e lì dentro ci posso capire soltanto io, sono peggio di un linguaggio cifrato con frecce, tratteggi, correzioni e, soprattutto, eliminazioni del solo appena superfluo o decorativo o non pregnante.
    L’Avatar è una cosa bellissima e poi è sensibile, cliccandoci sopra si apre il blog dell’utente in questione. Adesso voglio imparare ancora, mi piace essere allieva.
    Tu insegna, io capisco: così ha risposto mio nipote Giovanni, piccolissimo, quando ha chiesto a mia sorella Iole come venissero fuori i bambini.

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  20. Molto interessante la spiegazione di Cristina, bello capire il significato remoto delle parole. Il mio attuale Avatar è un topo dai piedi grandi, con un mazzo di cuoricini. Faccio collezione di Diddle, sono troppo graziosi secondo me, baci

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  21. Scusate se mi intrometto, mi rivolgo a Paolam che ha usato in questo caso la parola avatar con la maiuscola.
    A me è sembrato di capire, nella spiegazione offerta da Cristina, che lo si scrive con la A per designare il personaggio religioso, mentre con la minuscola quando è nel contesto dei vari simboli o icone del web.
    Cari saluti a Mimma e a tutti i lettori.
    Madelèine.

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  22. Grazie, cara Madelèine: la tua è un’ottima considerazione, altrimenti dovremmo scrivere a lettera maiuscola anche la parola icona, per esempio.
    Però è strano che abbiano usato questa terminologia cavata dalle religioni varie. Mah.
    Madelèine, tu non ti sei “intromessa” affatto, ma sei la benvenuta.
    Paoletta, mi chiedevo se quella strana cosa in mezzo ai fiori fosse un pulcino, adesso so che è un topo, interessante. Comunque sempre una bestiola.

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  23. Leggo ora questo interessante dibattito sull’Avatar. Giuro che pensavo che esso fosse un sostantivo femminile. Mimma mi ha soffiato -:)) che è tutto interamente maschile. Dopo la sua soffiata :-)) mi sono documentata sulla etimologia di questo sostantivo e con somma sorpresa e stupore ho appreso le cose giustissime che Cristina ha così bene illustrato. Ma da cosa ,come è noto,nasce cosa, e da un dibattito ne può scatutire un altro. Allora vi invito a riflettere su quanto Cristina ha detto e vi riporto le sue parole integralmente:

    “Il significato di ogni Avatar è strettamente collegato all’evoluzione della vita e dell’umanità.
    Secondo la filosofia New Age, infine, anche Gesù (il Dio fattosi uomo), sarebbe un Avatar di Dio. “

    Dunque ci rendiamo conto di quanti aspetti simili e talvolta identici si riscontrano nelle religioni più disparate e diverse tra loro, monoteiste o politeiste che esse siano?
    Io credo che il concetto della rinascita e della incarnazione della divinità è obbiettivamente infiltrato in tutte le religioni o quasi, con alcune differenze specifiche, da quella egizia (Osiride), a quella contemplata dall’Induismo (Vishnu), fino a quella cristiana (Gesù) . Questa constatazione apre in me la strada ad una sorta di scetticismo che mi fa pensare le religioni e le loro storie tramandate, una pura necessità dello spirito a procedere per passaggi obbligati, che le priva di un valore assoluto come anche della pretesa di essere considerate credibili rivelazioni o verità a cui affidarsi, esenti da ogni forma di ragionevole dubbio. Ho personalmente la convinzione che tra le stesse religioni, Cristianesimo incluso, non ce ne sia una vera più di un’altra. Le somiglianze tra esse sono incredibili, eccessive, e sotto gli occhi di tutti.
    Aspetto qualche considerazione in merito.
    Grazie, mimma e cristina, per aver riportato alla mia attenzione un problema su cui mi dibatto da tempo senza un confronto.
    nunzia.b

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  24. L’unico comandamento è l’amore, lo dice Gesù: , dove per prossimo si intende ogni vivente del presente, del passato e del futuro, mica solo la moglie o il marito. Nemici compresi.
    L’amore accomuna tutte le religioni e tutta la vita.
    Senza amore non c’è religione, ossia essere “legati” alla divinità, dal latino religare.
    E senza amore non possiamo vivere né poetare né niente.
    Ognuno segua con gioia e fiducia il proprio credo d’amore: è questa la testimonianza.
    Il dubbio non è privazione della fede, ma ascesa di fede, cara Nunzia. E tuttavia l’amore non pone alcun dubbio, esiste solo lui che dia gioia e vita. E poesia.
    Qui cadono tutte le domande, umanissime e sacrosante, perché tutto è amore.

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  25. Che bello mimma sentirti parlare così! Sull’amore non ho dubbi,anche io voglio darlo. Le mie risorse non sono esaurite. Penso inoltre, per tornare al discorso di sopra, che alla base di ogni religione ci sia un messaggio di amore, e l’amore è un’ altra necessità dello spirito, ma anche e per fortuna, un valore assoluto.
    nunzia.b

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  26. Sono felice che un semplice chiarimento dia vita a questa pacata discussione ed anche ad una sorta di svelamento.
    Io ci ho impiegato una vita di letture e di comparazioni tra filosofie e religioni, di esercitazioni del corpo e dello spirito e di esperienze borderline, per riuscire finalmente a unificare in me il senso della vita con quello dell’amore.
    é stato soprattutto l’intuito a salvarmi dai luoghi comini e dalle facili sottomissioni a parole vuote.
    Intuire deriva dal latino intueri che vuol dire conoscenza-percezione diretta, un mio maestro yoga era convinto però che il latino derivasse a sua volta dal greco in-theos, in Dio. Quindi è in effetti la conoscenza di sé in Sè, in quanto la mente è parte del tessuto di Esso, l’Assoluto.
    Che poi dagli albori dell’autoconoscenza l’uomo abbia cercato sempre l’aspetto benevolo (a cominciare dal totemismo per finire nel polimorfismo mitico olimpico o induista, fino ai monoteismi che sono solo apparenti, in quanto innestati su stuoli di santi e guru dotati di qualità taumaturgiche) e che si sia sempre raccomandato all’Amore di Dio o degli Dei, è cosa risaputa.
    Personalmente ho smesso di darmi un nome, un’etichetta, sono passata dal dichiararmi atea, agnostica, ecc. per capire che le definizioni sono gabbie, come tutti i culti religiosi, che insidiano il volo della Mente.
    La mia posizione adesso è di massima apertura all’Amore, da qualunque fonte arrivi, tanto la Sorgente è una sola ed è l’Ein Sof, il Principio, la Volontà che mette in essere.
    Scusami, Mimma di questo rubare spazio, ma l’intervento di Nunzia mi ha stimolata ad interloquire.
    un abbraccio

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  27. Cristina, e tu ti scusi di tanta ricchezza? Lo spazio è tuo quanto e come vuoi. Ogni religione è amore oppure diventa un involucro. Tu non eri agnostica, semplicemente non sopportavi etichette. In quanto al tuo maestro yoga, ha ragione: intueor vuol dire guardare dentro, intuito è quella capacità irrazionale di giungere alle conclusioni senza passaggi intermedi, è prettamente femminile e, a mio avviso, controbilancia l’intelligenza maschile, più matematica o cerebrale. Guardare dentro di noi dove c’è la scintilla divina, e per scintilla non intendo piccola cosa bensì cosa talmente addensata da essere invisibile, inconoscibile, indominabile e indicibile. Ecco perché la poesia balbetta nell’imperfezione: viene da lì anche nei suoi tentativi più sgangherati e poco possono la cultura e anche la passione, è un salire da dentro, è intuito, in Teòs, sguardo dentro Dio. E Dio è Amore, che merita le lettere maiuscole! Anche la parola entusiasmo ha la stessa radice.
    Poffarmimminabella ( questa no: fa parte del Novissimo dizionario umoristico mimmiano ), adesso dovrei riposare un po’ le stanche membra: stamattina ho fatto i biscotti ai miei nipoti, un profumo proibito. Poi mi sono fiondata sul mio blog. Non sono ancora le nove del mattino e sono cotta e biscottata anch’io. Buon ferragosto a tuttiiiiiiii!

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  28. Mimma, ho usato questo vocabolo inglese che significa “limite”, mediandolo dal linguaggio psichiatrico, che però in quell’ambito ha ben altri connotati, drammatici a volte.
    Tu conosci la mia storia umana, e sai che questi limiti io li ho superati almeno tre volte…ecco, questo intendevo, non certo come designazione di un preciso disturbo psichico cui, grazie al cielo, non sono soggetta.
    Anche io imparo e molto, da te e da chiunque abbia da insegnarmi qualcosa, per me è gioia conoscere, ma anche un bel gioco della mente, questo nostro meraviglioso strumento di inferenza, che pur avendo in nuce il Tutto a priori, adesso è calata nella relatività e nella perdita di memoria del suo vero Sé.
    “Lila” è chiamato questo sacro gioco nella religione induista e “Maya” l’illusione di separatività che da esso deriva.
    Ecco, noi immersi in Maya, abbiamo un solo modo per non calarci totalmente in Lila, per non perderci e dannarci nel gioco, ed è l’Amore, unico vero veicolo del nostro ritorno in Teòs (ho imparato che si scrive così’, grazie prof.).
    L’Amore che, non dovendo essere mediato dalla Mente, in quanto impulso primario (che sia fisico o spirituale o entrambe le cose insieme, poco importa) è il puro irrompere dell’Ineffabile in noi.
    un abbraccio

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  29. Veramente Teòs si dovrebbe scrivere in lettere greche, io l’ho italianizzato.
    Grazie delle spiegazioni. Certe volte l’amore è anche un invito extra al ristorante: Iole è stanca, per domenica prossima andremo tutti a mangiare proprio qui dietro, li ho appena invitati. Nemmeno io mi sento di cucinare. Hai visto? Sono un’epicurea. Fanno un’insalata di mare e certe braciolette di pesce spada superbe, per non parlare dei gamberoni. E presentano l’ananas fresco tgliato così graziosamente e maturo in modo perfetto che, ogni volta, l’ordiniamo a priori.
    Le patate al forno Mimma, tuttavia, non hanno rivali.
    Così dicono i nipoti.
    Oggi pranzo su da Iole tutti insieme, gatti compresi.
    Buonissimo pranzo a tuttiiii

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  30. Bello l’intervento di Cristina che ringrazio per essersi prestata al confronto con i miei dubbi continui. Poi ci sei tu ,mimma, che se ricordo bene, hai dissertato durante il tuo esame di laurea, sulle religioni comparate. Sei terreno fertile, mimma, per un ricco confronto sulla questione che ponevo. In fondo su una cosa concordiamo in tre: Teòs è amore. Ma per me, la ricerca di Dio, che è ricerca di amore, rimane un bisogno tutto umano. Le forme per questa sorta di speculazione o ricerca sono apparentemente varie, ma supportate tutte dall’istintiva necessità antropologica di raggiungere il Bene sommo,cioè l’Amore e l’eterno ,antidoto alla morte e al finito. L’umanità cerca protezione in Dio, nel Bene e quindi nell’amore. Lo spirito umano anela a queste dimensioni o se vogliamo a queste essenze, per pura fragilità.
    Rimango comunque scettica ,perdonatemi,se penso che questo ,per quanto spiritualissimo, sia pur sempre un bisogno. Sono ancora in cerca della verità che so di non potere mai possedere e posso anche abbandonarmi “per bisogno” a un credo; lo ho già fatto, ma non potrò mai considerarlo valore assoluto per le ragioni che ho cercato di spiegare. Grazie ancora, Cristina e grazie a te Mimma. Siete adorabili e dotate di tanta intelligenza, se per intelligenza intendiamo ciò che il verbo latino intellego(di nuovo in causa una madre lingua:-)) esprime nella sua interezza di significato…Percepire,sapere,comprendere: e voi siete in grado, dunque, non solo di percepire e sapere ,ma anche di
    comprendere, me ,ovviamente!!!!!!!!:-))
    Vi abbraccio con affetto.
    nunzia.b

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  31. Intellego dal greco, proprio letteralmente: in Teo lego, cioè leggere in Dio.
    Nunzia, abbi pace: ciò che tu senti, soffri e brami è sufficiente alla misericordia di Dio.
    Poi gli slanci mistici suscitati nell’anima umana sono un’altra cosa, che può intendere chi ne ha l’esperienza anche minima, senz’altro è un superamento di ogni brama d’amore fisico o sensuale di cui abbiamo l’idea su questa terra e che è anch’esso sublime.
    Pare a te di cercare Dio soltanto per un tuo bisogno e fragilità, è vero che ne abbiamo bisogno e siamo fragili, ma è l’amore di Dio che cerca per primo l’amore umano ed è l’amore umano che si sublima rivolgendosi a Lui fino al puro amore, perché Dio è Dio e non perché ne ho un terribile bisogno.
    Non ti tormentare: abbandonati serena e vivi felice in poesia.

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  32. Cara Mimma non sono sorpresa da questo tuo racconto perchè da come sei e da qualche indizio avevo immaginato che tu avessi affrontato esperienze molto “forti”, ai limiti.
    Ho letto spesso quello che hai raccontato, del senso di pace e sdoppiamento in relazione alla morte apparente e del ritorno forzato che sembra quasi una seccatura.
    Dopo un’esperienza simile credo che si veda la vita in tutt’altro modo e tutto diventa terribilmente più vivido, forse per questo i tuoi colori sono così accesi come anche i tuoi versi. Sei una persona speciale e questo è un bene per chi ha la fortuna di conoscerti. Un grande abbraccio
    angela-anais

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  33. Sì, c’è stato un arresto cardiaco, ma non ho mai potuto sapere quanto sia durato, penso secondi, perché nella cartella clinica non era scritto. L’ho studiata tutta, ero curiosissima. La parola più frequente lì dentro, ogni giorno, è : paziente tranquilla.
    La forza viene data al momento. E’ inutile spaventarsi “prima”. Le supposizioni non servono. Vi posso assicurare che è un’esperienza bellissima. E’ vero che io volavo nel tunnel, ma non da me: levitavo trasportata in avanti.

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  34. Mimminaaa, quanti commenti! Ho seguito l’interessante svelamento del termine Avatar che per me era solo uno dei tanti termini che ho imparato da quando uso internet…sono veramente sbalordita da quanto ho letto e molto interessata. Ma comunque la si pensi il comune denominatore è l’Amore e qui metto la maiuscola.
    Inutile ripeterti ancora la mia esperienza, forse anche più forte della tua, ne abbiamo già parlato privatamente e trovo l’argomento molto delicato e da non inflazionare.
    Per quanto mi riguarda è stato qualcosa che mi è stato donato e che è indelebile nella mia mente anche a distanza di tanti anni.
    Un grande abbraccio, Lucilla.

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  35. P.S. A proposito, io sono senza avatar e, da quanto ho letto sopra, è una cosa importante!!! Hai la mia foto..è proprio necessario aprire un blog? Io non lo farò e se è questo il prezzo da pagare avrò avatar mutanti che prenderanno il significato del numero del commento. Sempre con simpatia, Lucilla. 🙂

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  36. Piccola, aprire un blog è necessario per avere l’avatar, ma non è necessario metterci dentro niente, basta che ci sia. Molte mie amiche hanno fatto così. Paolam ha consigliato benissimo come si fa, segui i suoi suggerimenti e gliela farai subito.
    Quanto è successo a te, invece, è prezioso e, se vuoi, puoi raccontarlo in un prossimo commento qui sotto, in modo che il colloquio fra noi possa continuare. Ormai la medicina ha fatto passi da gigante e molti, che ormai erano dati per spacciati come me, si sono salvati, quindi è logico che siamo tutti desiderosi di mettere insieme le nostre esperienze e, se possibile, trovare un minimo comune denominatore.

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  37. Dimenticavo: Paolam ha messo le istruzioni per aprire un blog tra i commenti della mia poesia Esulto in giardino, pubblicata qui sopra un po’ più indietro. La riconoscerai subito dall’avatar, un mazzolino di fiori a colori chiari. Così non sarai più ” utente anonimo “.

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  38. Scusami, Paolam, non sono un’esperta di Diddle e vedo fiori dapertutto da quando sono nata. L’avatar di Paolam è un topo dai piedi grandi e ci sono dei cuoricini, il tutto a colori pastello e delicati, a me sembra la zucca di Cenerentola con un mazzetto di fiorellini dentro. Mah.

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  39. Dal buio alla luce

    Quel giorno a un tratto tutto attorno a me prese a ruotare
    e mentre una morsa mi agguantava il petto fui certa di morire
    Un po’ smarrita mi ritrovai in fondo a un pozzo non so come
    precipitata un abisso ovattato e buio ma non provai paura
    E poi un vortice celeste iniziò a risucchiarmi dolcemente
    e dolcemente volteggiando come sale un palloncino verso il cielo
    salivo salivo salivo…….

    E poi canti e suoni e gioiose armonie m’ irradiavano
    di sconosciuta felicità una felicità senza eguale
    una felicità tale da non poterla esprimere in parole
    E su in alto affacciate al bordo del pozzo
    come a un davanzale prendevano forma sagome
    di volti in controluce e mani che salutavano
    e braccia che sporgevano e care voci che mi chiamavano

    E sopra splendeva un bagliore di luce d’ irresistibile luce
    Ed io continuavo a salire a salire sempre più estasiata
    di felicità sempre più anelante di arrivare
    Ero ormai giunta alla meta le mie mani già erano tese
    per congiungersi alle mani di chi dall’ alto si sporgeva
    e con amore il mio nome chiamava

    Ma uno strattone arrestò il mio volo come se un’ àncora
    dispettosa alle gambe mi fosse stata appesa
    Una forza fastidiosa indietro mi riportava e vano rendeva
    il mio lottare per arrivare a quella luce
    Una mano terrena la mano di mia madre mi teneva
    ancorata mi risvegliò alla vita………

    Alla vita?

    Anno dell’avvenimento 1972

    Ho riassunto Mimma, sono stanca di raccontare…per il blog, vedrò.
    Buona Domenica! 🙂

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  40. Buongiorno Mimma e buongiorno a tutte. Ho letto quello che hai scritto Mimma qua sopra. Vorrei specificare, non serve assolutamente aprire un blog per avere l’avatar. Serve un iscrizione a Splider e questo dà diritto a mettere la propria immagine o quello che più ci piace, l’iscrizione è semplicissima di pochi minuti se non si fanno errori, altrimenti si ri fa, niente di eclatante. Servono un indirizzo di posta elettronica, e bisogna scegliere il nome con cui apparire, anche il tuo vero se vuoi, solo che se è stato già scelto da un’altra persona dovrai tentare finchè il tuo nome non sarà stata usato da nessun’altra persona iscritta a Splider. Quindi il tuo nome è unico.
    Poi basta le indicazioni che appaiono nella pagina
    Ciao, baci

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  41. Leggo le tue spiegazioni Paola e prendo nota, appena ho un attimo di tempo ci provo.
    Ne approfitto per dire che la poesia ” dal buio alla luce ” postata sopra è mia e ho dimenticato di firmare…sempre sbadata sono…colpa della fretta. Contenta Mimmina? Lucilla.

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  42. Certo che sono contenta, Lucilla, per il coraggio della tua testimonianza, che si mescola alla mia. Tu sei stata trattenuta dalla mamma, io da mia sorella Iole. Avevamo qualche altra cosuccia da rifinire su questa terra: amare, consolare, perdonare, anche e soprattutto quando è più duro.

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  43. Ho letto con commozione, in religioso abbandono, la tua testimonianza! Come molti hanno scritto, si respira l’amore profondo tra te e la famiglia di tua sorella Iole. Una simbiosi profonda, lei che ha visto la tua ombra in sala, accanto al tuo letto, mentre eri in ospedale tra la vita e la morte. Un’anima bella come la tua, doveva e deve restare sulla terra ancora a lungo, per far del bene a chi l’incontra. Il Signore vuole questo da te! Ed infatti, io ti ho incontrato, ed è stata magia celestiale. (Definisco spesso Dio, come il Grande Mago che ha creato cieli e terra, un Mago buono, che ci ha donato tutto, anche se poi noi umani, tendiamo a distruggere ogni cosa creata: boschi, inquiniamo l’acqua, l’aria, la terra stessa, uccidiamo animali, piante ed esseri umani con guerre e indifferenza). Ringrazio il Signore per averti messa sul mio cammino! E ringrazio te per avermi accolta! Un abbraccio formato Paradiso Danila

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    • Mi sono riletta e ho i brividi anch’io, cara Alessandra, ma si è abbassata la temperatura…la nota comica non manca mai… così non so per che cosa io rabbrividisca di più: la partenza per la morte è stata straordinaria, non c’è da averne paura, invece ho sofferto durante la fibrillazione, è stata terribile.

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