Vacanze di Natale

Buon Natale 2013

Ho scritto a casa, non sapevo che raccontargli, ma io so scrivere e posso inventare o per meglio dire prendere delle situazioni che mi colpiscono senza interessarmi e metterle al centro delle mie lettere. Per esempio che Vitti Paolo oggi, nell’ora di latino, leggeva sotto il banco una barzelletta sporca con il suo compagno e che quando li ho rimproverati gelidamente sono arrossiti tutti e due e hanno abbassato gli occhi. Che dal preside non li ho mandati, il preside non vuole essere seccato e poi ho capito che lui certi alunni come Vitti Paolo non li tocca perché sono figli del medico del paese, nipoti dell’onorevole di questo o di quell’altro partito, non importa quale, cugini in secondo di qualche altro signorotto dei dintorni. Se dal preside mando dei tipi come Vitti Paolo, finisce col dirmi che non so tenere la disciplina: sicuro.
Queste considerazioni amare, però, ai miei le dico blandamente, quasi con ironia. Sono diventata maestra dell’ironia, inizio su me stessa, i miei capelli che porto cortissimi perché cadono e sono grassi, il mio naso lungo, la mia minuscola statura, le cicatrici che l’acne giovanile mi ha lasciato scritte in faccia.
Ho anche i denti storti sul davanti, a questo si potrebbe ovviare.
Stasera sono triste e godo nell’autolesionismo. Ho continuamente davanti agli occhi il modo sicuro di comportarsi delle ragazze belle, quando salgono su un treno affollato chiedono: <C’è un posto?> e subito trovano un giovanotto che mette la valigia sulla reticella e un altro che si alza perché è giusto fare una gentilezza a quella bella ragazza.

20 dicembre

È quasi Natale e sto tornando a casa per le vacanze, ho comprato un golfino di lana morbida alla mamma, una gran bottiglia di colonia a papà, un foulard di seta a mia sorella e una bambola bionda e bella alla nipotina. Adesso mi sembrano regali sciocchi, non ho avuto neanche un filo di fantasia, ho perfino dimenticato di prendere la carta colorata per impacchettarli in modo un po’ grazioso e così mi sto servendo del rotolo che uso per foderare i libri, a fiorellini gialli e striscette blu.
I regali di Natale mi irritano, devo farli per forza, tutti se li aspettano. Non mi piace niente di quello che si fa per forza.
Il medico mi ha ordinato i tranquillanti, devo prenderne uno ogni sera prima di andare a letto. Dice che sono nervosa, ha ragione. A scuola spesso urlo con gli alunni. Dio, come sono giovane, perché devo essere così brutta, bassa, poco femminile? Quando leggo una rivista qualunque, i miei occhi sono calamitati dalla pubblicità che promette un bel seno, una bella pelle, la rinoplastica per il naso. <Ragazzi, basta adesso, la ricreazione è finita>.
Perché certune hanno tutto e certe altre non hanno niente?
<La consecutio temporum in latino…> come ho dormito bene col primo tranquillante, finalmente ho dormito.
<Il significato della pena nel Purgatorio di Dante…>, chissà, forse dormirei dolcemente se i tranquillanti li prendessi tutti in una volta.
22 dicembre
Il treno è affollato e sto nel corridoio, c’è gente anche nei gabinetti. È quasi sera, guardo la campagna umida che scorre nella nebbia, grigio e verde spento, grigio e verde spento. Ho comprato, in tre farmacie diverse, tre flaconi di tranquillanti, quarantacinque pillole, me li hanno dati senza pensarci su due volte. Sollevo alternativamente un piede, poi l’altro nell’illusione di riposarmi, mi guardo attorno, un militare mi fissa in modo torpido, è chiaro che non mi vede, nessun uomo mi ha mai vista, nemmeno le donne mi prestano attenzione, anche il preside quando ha i nervi rimprovera me perché sono quella che tace subito, non disputa, non è abile a trovare giustificazioni.
È tremendo essere soli in mezzo a tutti gli altri. Sotto la pelle sottile della mia borsa firmata sento la forma delle scatole di tranquillanti. Lo farò il 26, prima lascio passare Natale perché la nipotina potrebbe piangere e anche i miei genitori, poveracci.
All’improvviso mi muovo, <Permesso, permesso…>.
<Ma dove va quella?>.
<Permesso, permesso…>.
Incomincio dal primo scompartimento: <C’è un posto?>.
<Tutto occupato>.
Passo avanti, <Permesso, permesso, c’è un posto?>.
Se fossi stata una bella ragazza quel giovanotto che fa finta di dormire si sarebbe alzato. <C’è un posto?>.
<No, è tutto occupato>.
<Permesso, permesso, c’è un posto?>.
E all’improvviso una suorina mi guarda. Per la prima volta, finalmente, una che mi guarda. E mi sorride. C’è tutta la pace in quel sorriso. Guarda me, sorride a me. È seduta accanto a un’altra suora vecchia, un donnone che occupa un posto e mezzo e dorme ronfando. Tutte le luci sono accese sul mio viso e sul suo: è bella. Stringo fortemente la borsa con le scatole dei tranquillanti, li prenderò con una bottiglia di spumante alla malvasia: <C’è un posto?> ripeto con voce fioca. La suorina si alza: <Le cedo il mio posto, signorina> dice serenamente, <grazie> rispondo. Il suicidio va bene, ma al momento sono esausta e mi lascio cadere contro lo schienale imbottito accanto al donnone, chiudo gli occhi.
Non ho mai potuto soffrire le suore e quando mi sveglio il donnone mi sta strizzando tanto che mi manca il fiato. Lei è in corridoio, appesa al finestrino, con la fronte sulle dita intrecciate, il velo si è un pochino spostato e anche se i capelli sono quasi rapati mi accorgo che è pure bionda, di un colore radioso, che non si dovrebbe nascondere, almeno dal mio punto di vista. Mi alzo e la raggiungo:<Sorella…>, <Che c’è,signorina?> gli occhi sono di un azzurro da nordica, <sorella, la ringrazio>, ha un modo, questa, di guardarmi come se avesse capito qualcosa di me, quello che voglio fare>, <Si vada a riposare> aggiungo, <si sieda un poco anche lei, è stanca>.
Mi interrompo: è la prima volta che mi accorgo della stanchezza degli altri. <Facciamo un poco per uno> insisto. La suorina mi continua a fissare con gli occhi assonnati di ragazza giovane, poi con semplicità mi dice <Grazie> e va a sedersi, il donnone si sveglia e apre la sua borsa nera, piglia una mantella a uncinetto e la mette in grembo alla suorina, <sei ghiacciata>, dice.
Già: il riscaldamento non funziona e le suore non sono tutte cattive. Sbalordita, guardo la scena inconsueta.
Mi giro e abbasso il vetro, entra una zaffata d’aria gelida, è notte. Il treno sta per fermarsi a una stazione secondaria.
<Ma che fa, vuole farci venire una polmonite?> è una vecchia striminzita che protesta, ma io le sorrido e, con una mossa veloce, lancio fuori le tre scatole di tranquillanti.
<Lo sa che non si buttano oggetti dal finestrino?>, continua lei, <Ma se il treno è fermo> dice sgarbatamente un tipo alto e con la barba. Sorrido anche a lui e dopo un poco ci mettiamo a chiacchierare tutti insieme e mangio anche il pane e cotoletta che mi offre la vecchierella. Meno male perché, pensando al suicidio, non m’ero portata niente e schiattavo di fame.
Mi accorgo che è semplice volere bene alla gente e ascoltarla.
Stasera ho incontrato gli altri  e per la prima volta in vita mia non mi sento sola.
Alla prossima stazione scenderò dal treno e aspetterò la coincidenza per il paesino, mi comprerò un’arancina calda, anzi due, di riso croccante pieno di ragù di carne, come sanno fare a Messina, una rivista o anche due, una bibita frizzante dolce. Sono bassa e brutta come prima, ma mi sento una piccola candela accesa dentro. Non mi era mai capitato di provare questa sensazione di gioia. Grazie, Dio.
Ma cosa mi è successo, mi metto pure a pregare, adesso. Da quanto tempo non pregavo.
<Scusami>, mi accorgo di mormorare, così, come si chiede scusa a un amico. E mi sento in pace.

Domenica Luise

Disegno di Domenica Luise

22 pensieri su “Vacanze di Natale

  1. Un bellissimo racconto di Natale, di rinascita in un insolito presepe di viaggiatori che si ricompone in un treno, illuminato dalla stella che è dentro ciascuno di noi e propaga il suo chiarore attraverso l’umanità e il sorriso.
    Struggente e aspro il dolore della ragazza, la sua rassegnazione, il suo vivere avvilita, l’intelligenza acuta che le permette di vedere oltre i fatti e purtroppo di scorgere le tristi miserie e le ingiustizie umane. Posso dire che c’è prima un climax di dolore – rabbia, seguito da un anticlimax di dolore – rassegnazione. Sino a quel sorriso bellissimo e serenamente divino, scia di una cometa che mataforicamente dà avvio alla luce e alla vita, di nuovo e come sempre, in ogni personale Natale.
    Non potevo avere un risveglio migliore. Grazie Mimma! Bravissima, uno dei racconti che più ho sentito.
    Ti abbraccio, buona giornata
    Flavia

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    • Grazie a te, Flavia, di questo bel commento, come sempre sai entrare nell’anima di chi scrive. Una comunicazione accolta è bellissima, dà forza ed entusiasmo, e grazie, anche, per avere citato sulla tua pagina di facebook questo racconto.

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  2. Bellissimo racconto di Natale … grazie a Flavia per avermelo reso disponibile e d’altra parte una poetessa di alta sensibilità come lei è logico e giusto che riesca a calamitare altre chicche del pensiero e dell’animo di altre eccellenze

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  3. _Questa è pacificazione profonda. un invito a leggere la bellezza in fondo agli animi, al di là di ogni guscio effimero.
    ti abbraccio, Domenica
    Annamaria Ferramosca

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    • Benvenuta, Annamaria. Sì, il guscio è effimero, ma quanta cura ce ne prendiamo e come ci rammarichiamo quando incomincia a invecchiare. Sarebbe bene, mentre lottiamo per rimanere almeno presentabili, che non ci dimenticassimo dell’anima dentro ognuno di noi. Vedo imperare il dio denaro dapertutto. Vergogna al mondo.

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  4. Brava, Mimma, un bel racconto che parte buio e pian piano si illumina di consapevolezza. Perchè la vita mette muri, ma a volte questi muri contribuiamo noi stessi a fortificarli e renderli inaccessibili. Riuscire a sbrecciarli significa saper guardare oltre e scoprire magari che non tutto è così nero.
    Buon Natale anche a te. La maternità è molto dolce nella sua lineare essenza. Un abbraccio, ciao
    Marirò

    p.s. concordo: a Messina gli arancini sono molto buoni 🙂

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    • Ciao, Marirò carissima, quando una creatura giovane è talmente brutta la sofferenza c’è ed è seria, non un volere essere bella a tutti i costi, ma un voler “essere”.
      Quindi un muro c’è, ma poi noi stessi ne costruioamo molti altri intorno, fino a quando arriva un gesto d’amore che salva sempre.

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    • Cristina, tu sai quanto detesto il natale commerciale eppure mi dà fastidio anche il natale penitenziale di chi sa pensare soltanto ai mali di tutto il mondo e così non fa niente per nessuno. Festeggiamo pure il natale e chi vuole pregare preghi, chi non vuole no, e ognuno sia libero, scambiamo piccoli doni d’amore sincero senza obblighi e chi ne è capace goda più nel dare che nel ricevere, mangiamo le cose buone senza strafogarci e giochiamo pure tutti insieme, se ci va la tombolata coi fagioli e il tintinnio delle monetine. E che il natale sia buono anche per te, cara Cri, e per tutti gli amici di questo blog, ma anche per gli altri e per ognuno nel mondo. Rinasciamo magari sulla paglia e nel freddo, ma tiriamoci su. Io ci sto provando.

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  5. “Stasera ho incontrato gli altri e per la prima volta in vita mia non mi sento sola”
    sempre saggi i tuoi racconti. Mi piacciono per la serenità che comunicano e per il linguaggio colloquiale che rende vivi i personaggi.
    Buone festività in salute e poesia
    franca

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  6. Il Natale ha senso soltanto se lo viviamo tutti i giorni dell’anno e della vita, altrimenti è solo un blablabla.
    Il tuo racconto potrebbe proprio avere questo senso, anche se nell’approssimarsi delle festività si accende qualche scintilla in più di attenzione verso gli altri… e ben venga…!
    Ma è certo che non basta, se non è corroborata da un amore vero e profondo, almeno da chi e per chi ci sta vicino.
    Felici festività a te Mimma, che hai un cuore buono, e il Nuovo Anno ti porti salute e gioia.
    carmen

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    • Già, Carmen, è proprio come tu dici: difatti detesto il natale commerciale che mi urla nelle orecchie tutt’intorno, vergogna. Hanno trasformato il presepio in carta per pacchi regalo. E quanti do ut des per puro calcolo. Ricambio ogni augurio “autentico”, degli altri strombazzamenti non sappiamo cosa fare.

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  7. “Meno male perché, pensando al suicidio, non m’ero portata niente e schiattavo di fame.”
    Non puoi fare a meno di farmi ridere!! E’ un dono, questo, un’arma, la possibile salvezza per chi scrive e chi legge , un regalo!

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    • Sì, ne sono cosciente. E queste battute mi vengono spontanee nello scrivere, non c’è mai nulla di costruito, io mi immergo soltanto nelle mie storie e amo i vari personaggi, sintesi di uno stato d’animo che magari ho osservato o vissuto di persona sotto altre forme. Poi, entro nella fantasia dove tutto è possibile. L’ironia su se stessi è salvezza: dici bene. Invece l’ironia sugli altri frequentemente diventa sfogo e cattiveria.

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  8. Ciò che nella vita fa soffrire di più è l’indifferenza. Sentirsi invisibili, inutili, inferiori agli altri, è una sensazione terribile che può veramente portare a gesti estremi. A volte, nei momenti più bui, basta veramente un gesto d’amore per cambiare tutto e far sentire la vita più accettabile.

    Grazie per questo bellissimo racconto di Natale e tanti auguri di cuore a te ed ai tuoi cari.

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    • Cara Katherine, la vita è sempre bella malgrado tutto, anche se siamo brutti, invecchiati, ammalati, abbandonati, inermi e moribondi. E spesso l’indifferenza è figlia dell’invidia: prendiamone pure coscienza. In quanto alla bruttezza esteriore, oggi si può fare molto senza bisogno di orribili operazioni pericolose alle quali consiglio di ricorrere soltanto se, per esempio, abbiamo al centro della faccia un monumento al posto del naso oppure il mento storto, allora sì, ma la ciccia intorno alla vita, e via, un po’ di dieta e di ginnastica mirata, accontentiamoci. L’attrattiva fisica è bellissima e può anche riaccendersi e durare, ma l’amore è ben oltre e noi vogliamo l’amore. Amare ed essere amati sotto tutti gli aspetti: nuziale, amicale, materno, fraterno e filiale. Con gioia ricambio ogni augurio.

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  9. La protagonista del tuo racconto credo che abbia vissuto il suo più bel Natale della sua vita. Inutile dire che ella rappresenta ognuno di noi, Basta dare e ricevere un sorriso per vivere pienamente la Festa. Baciobacio cara

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    • Cara farfalla leggera, hai proprio inteso la profondità di questo racconto, però il sorriso deve essere autentico, non quelle smorfie fasulle riconoscibilissime che mirano a ottenere il proprio interesse. Cerchiamo di vivere nella maggiore verità possibile, certo senza umiliare il prossimo con la scusa che siamo sinceri, io non andrò a dire a una persona smunta: “sei anoressica”, ma nemmeno “sei una balena” a quella di cento chili.

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