mano
che raccoglie il tempo
lo dedica lo stiva
in questa tua materia del dono
ore non più volatili
s’addentrano
dal chiaro della soglia
nella fibra del legno
disegno che ti cade dalle dita
è il tuo tempopensiero
la scommessa perfino
sul mistero della sposa la prescelta
da due: l’altro
che pure te ha scelto è l’Alto
e sfida il tuo coraggio
grati e lentissimi
i giorni del legno disperdono
tutte le ombre là fuori
dai rami pigolii prove d’ali
perché siamo in attesa di culle
e di angeli ancora
(quella folata improvvisa sulla fronte come un messaggio)
ecco i passi e le scarne parole
di chi al crepuscolo ti porta il pane
in cambio di trucioli per il fuoco
e s’accontenta
di guardare in ginocchio
l’oggetto che ti esce dalle mani
guarito
è tempo del riparo
avverso alle solitudini
ritorno della cucitura
che guarisce lo strappo grido
della sedia appena reimpagliata
che vorrebbe ancora germogliare
ma parlerà solo di attesa
a chi vi si riposa
È come se le parole dei poeti moderni abbiano trovato una dimensione parallela alla concretezza ed ivi si aggirino con stili più o meno diversi, ma con un fattore comune: il bisogno di oltrepassare la realtà concreta alla ricerca di una profondità comunque inattingibile per il mistero oscuro di cui è fatta, che è il midollo dell’uomo ed il suo perché.
Qui la poetessa si rivolge alla mano di Giuseppe, che trasforma le ore del suo lavoro in legno e le concretizza (ore non più volatili), ma non è un semplice falegname che produce trucioli e oggetti, il tempo per lui è pensiero, è scommessa su quella sposa scelta anche dall’Alto perché divenga madre di Dio in terra.
È una sfida al coraggio di un uomo, che deve credere contro ogni logica, cosa del resto richiesta a tutti gli esseri umani della storia anche se nessuno mai si è ritrovato la sposa incinta per azione dello Spirito Santo.
Certamente l’Alto ha saputo come convincere Giuseppe dell’innocenza di Maria (quella folata improvvisa sulla fronte come messaggio) e tutto questo pensiero del falegname durante il suo lavoro si mescola alle visite dei clienti e dell’amico che alla sera gli porta il pane (sono tutti poveri) in cambio di trucioli per il fuoco e si accontenta di ammirare la sedia reimpagliata uscita come nuova, guarita dalle mani di Giuseppe, fatta per riposare e parlare di attesa: la condizione terrena di tutti gli esseri capaci di pensiero.
E invece, cara Bianca, la conosco soltanto perché anche lei ha partecipato al libro La versione di Giuseppe insieme ad altri venti poeti, una dei quali sono io stessa. Li ho letti, mi sono piaciuti e li ho commentati tutti (tranne me) in ordine di stampa su questo blog, adesso mi restano gli ultimi tre autori partecipanti all’antologia. Mi trovo spesso a commentare persone sconosciute sia qui che sul Giardino dei poeti di Cristina Bove ed è entusiasmante, dopo, quando le persone mi rispondono e magari si diventa amici.
mi stimola molto ciò che hai scritto, più della poesia, da non credente quale sono interpreto le tue parole come una riflessione sulle zone d’ombra della vita che si possono, si devono, illuminare con il coraggio della reazione più “giusta”, anche quando questa non sia propriamente razionale. Se usciamo dal territorio delle imposizioni, mi riferisco a noi comuni mortali, l’impresa diventa titanica. L’accettazione dell’illogico è, per cultura, sintomo di rassegnazione, l’esatto opposto del coraggio, nel tuo dire si individua il coraggio della rassegnazione, una debolezza trasformata in forza… se memoria non mi inganna questa è una direttrice della dottrina cristiana, elevando il tutto alla ennesima potenza si giunge al martirio.
Non condivido il concetto ma apprezzo TANTISSIMO il tuo modo di esporlo.
Ed io, caro TADS, apprezzo TANTISSIMO il tuo modo di rispondere e quella sincerità che ti contraddistingue. E credimi: siamo tutti “comuni mortali”. Penso che il dubbio e la ricerca siano un’immensità umana, sono anche d’accordo che l’impresa sia titanica: la fede della prima Comunione è per tutti duramente provata, i santi, quelli canonizzati e quelli ignoti, hanno attraversato la notte dello spirito, che è uguale alle notti di noi tutti, TADS, lo vedo in me stessa e nelle confidenze delle amiche (solitamente gli uomini hanno pudore a parlare con una signora, anche se qualche volta ne avrebbero un gran bisogno).
In quanto alla rassegnazione, la odio da quando ho avuto l’età della ragione, non è davvero per me, preferisco la lotta, il grido, sperare contro ogni speranza e per assurdo, la rassegnazione MAI.
Non penso che la rassegnazione c’entri nulla con una fede anche oscura e provata. Meglio l’abisso. Che ci faccio con la rassegnazione? Per me dire: “bisogna rassegnarsi alla volontà di Dio” è una specie di bestemmia. Preferisco: “Bisogna amare la volontà di Dio” qui ci siamo, qualunque religione che non sia falsificata deve riconoscere che soltanto l’amore vale, il resto è caducità, formalismo e presunzione.
PS: riguardo al martirio, è vero, ci si arriva anche senza spargimento di sangue. Attualmente tra i miei amici che si reputano non credenti vedo alcuni martiri dalle cui ferite interiori trasuda poesia.
grazie anche qui, Mimma, per la tua generosità. ho seguito tutti i brani -video de La versione di Giuseppe che hai con paziente amore riproposto e le tue riflessioni così partecipate e intense. il mio è un pensiero rivolto al coraggio dell’uomo che nei secoli sfida se stesso di fronte a eventi assurdi, incomprensibili. Tra questi, al di là del testo cui il brano è ispirato, leggo l’insensatezza di violenze e guerre, cui contrappongo la visione di culle-nidi-angeli per evocare l’esigenza forte di pace. e’ questo il coraggio, la sfida dell’abbraccio universale che ogni uomo ha davanti come soglia quotidiana. grazie a voi tutti per la lettura,
annamaria
“ ecco i passi e le scarne parole
di chi al crepuscolo ti porta il pane
in cambio di trucioli per il fuoco
e s’accontenta
di guardare in ginocchio
l’oggetto che ti esce dalle mani
guarito”
“e tutto questo pensiero del falegname durante il suo lavoro si mescola alle visite dei clienti e dell’amico che alla sera gli porta il pane (sono tutti poveri) in cambio di trucioli per il fuoco e si accontenta di ammirare la sedia reimpagliata uscita come nuova, guarita dalle mani di Giuseppe, fatta per riposare e parlare di attesa: la condizione terrena di tutti gli esseri capaci di pensiero.”
Ho riportato i versi che più mi hanno colpito di Annamaria, e la relativa considerazione di Mimma, perché esprimono al meglio la figura dell’uomo giusto, dell’uomo che si fa protettore dell’infanzia bambina, e della donna.
Anche io non credente, ma sempre pronta a condividere qualsiasi istanza di bontà e giustizia che nasca dai cuori sinceri, umani, desiderosi di dare e avere amore.
Cristina cara, la fede non è davvero il formalismo ed il sentirsi in una categoria privilegiata: quello è don Abbondio. La fede è amore o non è niente, anzi va sotto zero perché usa Dio per il proprio tornaconto. Credente o non credente per me non fa differenza, ami tu, per quanto con limiti e cedimenti? E allora hai la fede in atto. Nella famiglia di Gesù o in Maometto o in qualsiasi che tocchi il tuo cuore. Su questa terra ognuno trova Dio e il prossimo a suo modo, nell’imperfezione e nell’ignoranza, la visione non c’è, per adesso, dopo non so, ma spero.
questo gioco sottile tra ideative mi seduce moltissimo, complimenti alla poeta e amica a. ferramosca e alla stupenda analisi critica svolta da d. luise.. con vera stima
r.m.
Grazie per la tua presenza, amico di Annamaria e quindi amico mio. È vero, il colloquio poetico diventa seducente, saporoso, si apre a nuovi orizzonti inaspettati e si sente che ci fa bene.
Cristina e Roberto, amici sensibili, è bello ritrovarvi accanto a questo giro di parole, di Mimma sulle mie, ed essere confortata dall’eco buona propagata.
Ma è tanto confortante anche per me, Annamaria. A causa della fragilità della mia salute non posso assumere altri impegni come vorrei: commentare di più, frequentare altri blog, andare e venire. Faccio serenamente quello che posso, il bisogno creativo è sempre urgente e debbo dargli la precedenza. Chiedo scusa se non ho la forza di una maggiore presenza. E poi, lo sapete, debbo pure badare alle faccende, come tutte le donne normali, anche se ho un valido aiuto ugualmente faccio troppa fatica.
addirittura chiedere scusa, ma scherzi? penso che i post nei blog vadano centellinati, per lasciare tempo all’elaborazione. non dobbiamo fare mai consumismo delle parole di poesia, dunque quel che fai, Mimma, così onestamente e generosamente, anche se fosse a sprazzi, è più che prezioso!
un abbraccio, annamaria
p.s.ti segnalo una piccola svista nel copiare il mio brano sul post.
dovresti aggiungere “un” al verso:
quella folata improvvisa …come un messaggio
grazie!
Cara Annamaria, grazie per le tue parole. Appena ho aperto il computer ho subito corretto quel verso, eppure sono attentissima, leggo e rileggo. Ma io dico sempre che i refusi hanno zampette proprie e dispettose.
Oggi, sabato, giornata di faccende, domani penso che mi farò pasta e ricotta (buona), tortino di zucchine e, se mi resta lo spazio, una scaloppina, che altrimenti passa per la cena, normalmente la carne viene trasferita al giorno dopo. Mah. Se fosse per me, mangerei sempre uova, formaggi e latte e caffè coi biscotti.
Anche il cibo è poesia e tutto è buono dove c’è amore.
Non ho capito perché un blog di poesia debba anche essere tedioso, serio e piuttosto lagnoso. Ci possiamo lagnare, d’accordo, ma un certo spirito di patata ci sta bene, altrimenti nuoteremo nelle nostre lacrime come Alice nel paese delle meraviglie. Ho trovato una mia foto a tre mesi nuda come un verme, così mi sono fatta il pannolino col programma di fotografia perché voglio farmi vedere da voi, avevo già stampato in faccia quello che divenne il mio broncio caratteristico da star. Mah.
Grazie Mimma per questa tua bellissima lettura, per riprendere e continuare a tessere i fili di un’opera che non solo nei contenuti ma anche nella forma ha trovato ispirazione nella lettera di don Tonino a Giuseppe. E la poesia di Annamaria ne e’ un esempio,… la cura, l’amore per il verso che traspare dai suoi quadri “polifonici”.
un abbraccio
Abele
Grazie a te, Abele, di tutto, compresa la pazienza e la finezza che sempre dimostri verso di me. Mi piacerebbe avere vent’anni di vantaggio per godermi i blog, gli amici, andare e venire come prima e poetare a lungo, ma se rimbambissi dall’oggi al domani? A molti capita. Intanto, ho fatto del mio meglio.
Mi piace l’idea dei quadri polifonici, li amo moltissimo e me li immagino sempre.
Ogni persona umana, se vuole, può diventare un coro polifonico e un quadro che canta.
Devi conoscerla molto bene questa poetessa per regalarle una recensione così.Complimenti ad entrambe.Bianca 2007
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E invece, cara Bianca, la conosco soltanto perché anche lei ha partecipato al libro La versione di Giuseppe insieme ad altri venti poeti, una dei quali sono io stessa. Li ho letti, mi sono piaciuti e li ho commentati tutti (tranne me) in ordine di stampa su questo blog, adesso mi restano gli ultimi tre autori partecipanti all’antologia. Mi trovo spesso a commentare persone sconosciute sia qui che sul Giardino dei poeti di Cristina Bove ed è entusiasmante, dopo, quando le persone mi rispondono e magari si diventa amici.
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mi stimola molto ciò che hai scritto, più della poesia, da non credente quale sono interpreto le tue parole come una riflessione sulle zone d’ombra della vita che si possono, si devono, illuminare con il coraggio della reazione più “giusta”, anche quando questa non sia propriamente razionale. Se usciamo dal territorio delle imposizioni, mi riferisco a noi comuni mortali, l’impresa diventa titanica. L’accettazione dell’illogico è, per cultura, sintomo di rassegnazione, l’esatto opposto del coraggio, nel tuo dire si individua il coraggio della rassegnazione, una debolezza trasformata in forza… se memoria non mi inganna questa è una direttrice della dottrina cristiana, elevando il tutto alla ennesima potenza si giunge al martirio.
Non condivido il concetto ma apprezzo TANTISSIMO il tuo modo di esporlo.
TADS
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Ed io, caro TADS, apprezzo TANTISSIMO il tuo modo di rispondere e quella sincerità che ti contraddistingue. E credimi: siamo tutti “comuni mortali”. Penso che il dubbio e la ricerca siano un’immensità umana, sono anche d’accordo che l’impresa sia titanica: la fede della prima Comunione è per tutti duramente provata, i santi, quelli canonizzati e quelli ignoti, hanno attraversato la notte dello spirito, che è uguale alle notti di noi tutti, TADS, lo vedo in me stessa e nelle confidenze delle amiche (solitamente gli uomini hanno pudore a parlare con una signora, anche se qualche volta ne avrebbero un gran bisogno).
In quanto alla rassegnazione, la odio da quando ho avuto l’età della ragione, non è davvero per me, preferisco la lotta, il grido, sperare contro ogni speranza e per assurdo, la rassegnazione MAI.
Non penso che la rassegnazione c’entri nulla con una fede anche oscura e provata. Meglio l’abisso. Che ci faccio con la rassegnazione? Per me dire: “bisogna rassegnarsi alla volontà di Dio” è una specie di bestemmia. Preferisco: “Bisogna amare la volontà di Dio” qui ci siamo, qualunque religione che non sia falsificata deve riconoscere che soltanto l’amore vale, il resto è caducità, formalismo e presunzione.
PS: riguardo al martirio, è vero, ci si arriva anche senza spargimento di sangue. Attualmente tra i miei amici che si reputano non credenti vedo alcuni martiri dalle cui ferite interiori trasuda poesia.
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Pingback: Domenica Luise: Poeti per don Tonino Bello – Annamaria Ferramosca | Neobar
grazie anche qui, Mimma, per la tua generosità. ho seguito tutti i brani -video de La versione di Giuseppe che hai con paziente amore riproposto e le tue riflessioni così partecipate e intense. il mio è un pensiero rivolto al coraggio dell’uomo che nei secoli sfida se stesso di fronte a eventi assurdi, incomprensibili. Tra questi, al di là del testo cui il brano è ispirato, leggo l’insensatezza di violenze e guerre, cui contrappongo la visione di culle-nidi-angeli per evocare l’esigenza forte di pace. e’ questo il coraggio, la sfida dell’abbraccio universale che ogni uomo ha davanti come soglia quotidiana. grazie a voi tutti per la lettura,
annamaria
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“ ecco i passi e le scarne parole
di chi al crepuscolo ti porta il pane
in cambio di trucioli per il fuoco
e s’accontenta
di guardare in ginocchio
l’oggetto che ti esce dalle mani
guarito”
“e tutto questo pensiero del falegname durante il suo lavoro si mescola alle visite dei clienti e dell’amico che alla sera gli porta il pane (sono tutti poveri) in cambio di trucioli per il fuoco e si accontenta di ammirare la sedia reimpagliata uscita come nuova, guarita dalle mani di Giuseppe, fatta per riposare e parlare di attesa: la condizione terrena di tutti gli esseri capaci di pensiero.”
Ho riportato i versi che più mi hanno colpito di Annamaria, e la relativa considerazione di Mimma, perché esprimono al meglio la figura dell’uomo giusto, dell’uomo che si fa protettore dell’infanzia bambina, e della donna.
Anche io non credente, ma sempre pronta a condividere qualsiasi istanza di bontà e giustizia che nasca dai cuori sinceri, umani, desiderosi di dare e avere amore.
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Cristina cara, la fede non è davvero il formalismo ed il sentirsi in una categoria privilegiata: quello è don Abbondio. La fede è amore o non è niente, anzi va sotto zero perché usa Dio per il proprio tornaconto. Credente o non credente per me non fa differenza, ami tu, per quanto con limiti e cedimenti? E allora hai la fede in atto. Nella famiglia di Gesù o in Maometto o in qualsiasi che tocchi il tuo cuore. Su questa terra ognuno trova Dio e il prossimo a suo modo, nell’imperfezione e nell’ignoranza, la visione non c’è, per adesso, dopo non so, ma spero.
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Cristina e Roberto, amici sensibili, è bello ritrovarvi accanto a questo giro di parole, di Mimma sulle mie, ed essere confortata dall’eco buona propagata.
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Ma è tanto confortante anche per me, Annamaria. A causa della fragilità della mia salute non posso assumere altri impegni come vorrei: commentare di più, frequentare altri blog, andare e venire. Faccio serenamente quello che posso, il bisogno creativo è sempre urgente e debbo dargli la precedenza. Chiedo scusa se non ho la forza di una maggiore presenza. E poi, lo sapete, debbo pure badare alle faccende, come tutte le donne normali, anche se ho un valido aiuto ugualmente faccio troppa fatica.
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addirittura chiedere scusa, ma scherzi? penso che i post nei blog vadano centellinati, per lasciare tempo all’elaborazione. non dobbiamo fare mai consumismo delle parole di poesia, dunque quel che fai, Mimma, così onestamente e generosamente, anche se fosse a sprazzi, è più che prezioso!
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p.s.ti segnalo una piccola svista nel copiare il mio brano sul post.
dovresti aggiungere “un” al verso:
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Cara Annamaria, grazie per le tue parole. Appena ho aperto il computer ho subito corretto quel verso, eppure sono attentissima, leggo e rileggo. Ma io dico sempre che i refusi hanno zampette proprie e dispettose.
Oggi, sabato, giornata di faccende, domani penso che mi farò pasta e ricotta (buona), tortino di zucchine e, se mi resta lo spazio, una scaloppina, che altrimenti passa per la cena, normalmente la carne viene trasferita al giorno dopo. Mah. Se fosse per me, mangerei sempre uova, formaggi e latte e caffè coi biscotti.
Anche il cibo è poesia e tutto è buono dove c’è amore.
Non ho capito perché un blog di poesia debba anche essere tedioso, serio e piuttosto lagnoso. Ci possiamo lagnare, d’accordo, ma un certo spirito di patata ci sta bene, altrimenti nuoteremo nelle nostre lacrime come Alice nel paese delle meraviglie. Ho trovato una mia foto a tre mesi nuda come un verme, così mi sono fatta il pannolino col programma di fotografia perché voglio farmi vedere da voi, avevo già stampato in faccia quello che divenne il mio broncio caratteristico da star. Mah.
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Grazie Mimma per questa tua bellissima lettura, per riprendere e continuare a tessere i fili di un’opera che non solo nei contenuti ma anche nella forma ha trovato ispirazione nella lettera di don Tonino a Giuseppe. E la poesia di Annamaria ne e’ un esempio,… la cura, l’amore per il verso che traspare dai suoi quadri “polifonici”.
un abbraccio
Abele
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Grazie a te, Abele, di tutto, compresa la pazienza e la finezza che sempre dimostri verso di me. Mi piacerebbe avere vent’anni di vantaggio per godermi i blog, gli amici, andare e venire come prima e poetare a lungo, ma se rimbambissi dall’oggi al domani? A molti capita. Intanto, ho fatto del mio meglio.
Mi piace l’idea dei quadri polifonici, li amo moltissimo e me li immagino sempre.
Ogni persona umana, se vuole, può diventare un coro polifonico e un quadro che canta.
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