Il concorso

Un giorno l’asino si stancò di portare pesi, mangiare, bere, dormire, accoppiarsi e ragliare. Possibile che al mondo non ci fosse null’altro?
Oggi come ieri e come domani.
Pensieroso, si grattò una zecca che lo stava mordendo sul ciuffo ritto fra le orecchie. Forse questo gesto gli mise in moto le sinapsi e qualche neurotrasmettitore sonnacchioso.
Fatto sta che gli venne l’IDEA: un concorso per tutti gli animali del mondo, con una piccola quota di iscrizione ed un premio al più bravo.
Avrebbe fatto un po’ di soldi e molta gloria. Tutti i giornali avrebbero pubblicato la sua foto, nella didascalia lo avrebbero presentato bello per com’era, altezza delle orecchie: centimetri tanti; circonferenza della vita (con pancia): centimetri tanti altri; lunghezza, coda inclusa: metri e centimetri tanti ancora; peso in chilogrammi, data di nascita, scuole e diploma di prima elementare.
Sì, ma l’argomento del concorso? Qui stava il busillis.
Continuò, a lungo, a grattarsi. Ragliava più forte che mai.
Un concorso sulla guerra? Troppo triste. Sui tossicodipendenti? Sulla cronaca nera? Sulla corruzione dei politici e degli industriali?
L’asino sbadigliava dimenticandosi di mettere la zampa davanti alla bocca.
Che noia. Possibile che al mondo non ci fosse nulla di buono?
Ci voleva una cosa che desse gioia ed allegria, ma che cosa?
Infine vide due passerotti che si sbaciucchiavano dietro la siepe di pitosforo. Giovani giovani, ali tremanti, guance rosse, zampette gelate dall’emozione. Mettevano tenerezza.
Un concorso sul vero amore. Ecco l’idea dell’idea, l’idea d’oro.
Detto fatto. Appena lo seppero si iscrissero tutti. Anche l’uomo disse di essere un animale come gli altri e volle partecipare al concorso.
Le zebre si riunirono in cooperativa e fecero un manifesto. < Il vero amore > proclamarono, < è a strisce bianche e nere > .
I cavalli protestarono: < Il vero amore nitrisce, galoppa e si diverte a saltare gli ostacoli > .
Gli uomini ribadirono il loro antico concetto: < Il vero amore sono i soldi > affermarono convinti.
Gli uccelli risero e cantarono: < Il vero amore è volare > .
I pesci si offesero e dissero: < Il vero amore è nuotare > .
Le tigri balzarono sulla preda e brontolarono, con la bocca piena di sangue: < Il vero amore è uccidere > .
In tutto questo traffico, le piante e i fiori intervennero: < Il vero amore
siamo noi, colorati, profumati e belli > .
Finanche la sabbia del mare volle dire la sua: < Il vero amore è fatto di infiniti granellini > .
E tutti litigarono furiosamente.
L’asino si pentì di avere organizzato il concorso. E’ vero, le sue tasche erano piene di soldi ed il suo nome (con fotografia, lunghezza in centimetri delle orecchie e di tutto) sui giornali, ma rischiò più volte di essere linciato dalla folla dei partecipanti.
< Il vero amore sono i miei colori > sussurrava l’arcobaleno allargandosi e brillando più che poteva.
< Il vero amore è il mio canto > trillava l’usignolo.
< Il vero amore è la mia poesia > disse il poeta. Questo, pensò l’asino, era un po’ più nobile.
< No, il vero amore è la mia pittura > disse il pittore, < la mia, non quella degli altri>.
Che miserabile egoista, pensò l’asino.
< E la mia scultura? >
< E la mia architettura? >
< E la mia musica? >
< Ed io? >
Ormai il litigio era quotidiano ed universale. Una delegazione fu mandata a sollecitare l’asino perché, finalmente, premiasse il vincitore.
L’asino non sapeva che fare e sarebbe fuggito tanto volentieri, ma non c’era posto né in cielo né in terra né in mare perché comunque l’avrebbero scoperto.
Venne accusato di inadempienza e processato. Fu condannato all’ergastolo.
Nell’aula stipata, si sentì un raglio di dolore e venne fuori dalla folla la sua vecchia mamma, con gli occhiali e i capelli bianchi. Gli fece scudo col proprio corpo e disse a voce alta e ferma: < Mio figlio è innocente, condannate me piuttosto >.
Tutti fecero silenzio ed il leone le rispose: < Anche tu sei innocente > .
< Ma io sono sua madre e lo amo più di me stessa > .
< Meriti il premio, è questo il vero amore > fischiò ammirata la zanzara.
Così l’asino tornò nella stalla con sua madre e non si lamentò più che al mondo non succedeva mai niente di nuovo. In quanto ai soldi del premio vennero dati tutti ad un ospizio di canguri poveri perché il vero amore non si può pagare.

Domenica Luise

18 pensieri su “Il concorso

  1. Quanto è delizioso questo racconto e quante cose insegna. Ciascuno ha un proprio concetto dell’amore. Escludendo quello per i soldi o per qualsiasi altra cosa che sia fatta di materia, a mio avviso, tutto ciò ci riempie la vita, ci fa amare la vita, è amore

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  2. molto bella a tua conclusione. Una lezione per tutti soprattutto per l’asino con fotografia, lunghezza in centimetri delle orecchie e di tutto. Una lezione per i nostri figli che spesso dimenticano quanto amore sta attorno a loro e soprattutto quanto sono amati.
    Se posso aggiungere la regola d’oro Mt 7,12 ” Tutto quanto volete che gli altri facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.

    Oggi che è domenica ho postato la tua canzone sospesa rischiando una tirata d’orecchi dalla prof. Mimma visto che ho lasciato da parte Lorca per Milva.

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  3. Buongiorno, cara Mimma, mi sono divertita ed ho pianto, perché devi sapere che quando una storia mi tocca il cuore io mi commuovo e per me il finale dell’amore materno è toccante. Bravissima Mimma, quanta verità nelle tue fiabe: l’uomo, se la vita scorre normalmente, è insoddisfatto e solo dopo comprende che nella semplicità delle cose vi è la vera felicità.
    Complimenti per questo scritto bellissimo.
    un abbraccio
    annamaria

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  4. Molto molto carino questo racconto! Ma vorrei farti una domanda, se posso, perché i soldi dati proprio ad un ospizio di canguri poveri? Niente di ciò che scrivi è buttato lì per caso e questo non sono riuscita ad interpretarlo… perdonami! :))

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  5. SORRIDO 😉
    Che bellissima storia e quanto è scritta bene.
    La mamma, è sempre la mamma che ci ama più di lei stessa.
    Complimenti cara Mimma leggerti è emozionante.
    1 Abbraccio ♥ vany

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  6. Sì, credo che non esista amore più grande di quello di una madre per un figlio. Un amore che non si può pagare e che nulla chiede. Per quel che mi concerne ci metterei anche quello del papà. Credo che nessuno nella vita mi abbia mai amata più di loro.
    Bellissima storia, ricca di significato.

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  7. Buongiorno, buongiornissimo, molto più buongiornissimo assai a tutti. Un po’ di superlativi assolutissimi ci stanno proprio bene, oh, quanto mi piacciono. Ecco.
    Mi piace tanto scrivere le favole, mi diverto sfrenatamente e seguo la vecchia teoria: ridendo castigat mores.
    Che sono i costumi, non i mori. Ah, ah, ah.
    Oggi giornata grigia e gocciolante, tutto tace. Ieri abbiamo avuto il passaggio dei carri carnascialeschi (mia sorella Iole li ha contati: undici carri) con una bella chiassata che non finiva più, un po’ d’allegria. Indispensabile.
    Ho inventato una torta buonissima, sapete com’è, mi difendo. Avevo voglia di provare i nuovi stampi di silicone dei quali mi sono rifornita: funzionano.
    È vero, non possiamo dimenticare l’amore del papà, che è il sostegno robusto mentre la mamma è la delicatezza.
    A tutti voi, uno per uno, un abbraccio affettuoso.

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  8. Ho letto già da qualche giorno il tuo nuovo racconto, ma non ho avuto tempo di commentare. Intanto pensavo…
    E pensavo che si possono dare letture su almeno due livelli:
    1: il primo è il concetto di amore, declinato da ciascuno secondo la propria esperienza, ma con quell’assoluto che è l’amore genitoriale, che hai evidenziato alla fine;
    2. il secondo è implicito, mi pare: a me ha fatto pensare a certe situazioni reali, in cui basta che “un asino ragli” e tanti gli vanno dietro eleggendolo per loro capo, e giù a dire sproloqui sul suo conto, tipo che ha carisma e che è un buon capo… (v. nano di Arcore… tanto per fare un solo esempio…) per poi doversene vergognare…
    Infatti mi dicevo che forse non è un caso che tu abbia scelto l’asino…
    Poi forse si possono leggere altre cose, ma mi fermo qui.
    Ciao
    Buona serata
    car

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  9. Buongiorno baldi giovani e belle ragazze, interessanti commenti. È vero che i livelli debbono essere almeno un paio, poi ci sono ulteriori livelli interni, perché una lettura sia interessante e prenda e faccia pensare. O altrimenti meglio leggere che scrivere, e tutto questo si compie nella costante imperfezione della propria natura umana, dove la parola “professionismo” è un modo di dire. Quando ho scritto questa favola ero incazzata nera con alcuni editori che ragliavano, così mi sono presa una piccola vendetta innocua. Senza offesa agli asini, naturalmente.

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  10. Dimenticavo: volevate sapere perché il premio del concorso è andato ai canguri poveri, solo perché erano poveri, non c’è altra ragione, o forse perché erano più poveri di altri poveri. Pensateci: un canguro non serve a niente, è un grosso ratto che salta, qualcuno sa dirmi a che cosa servono i canguri?

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