I tre busti della pavonessa

 

Angelilla De Pavonibus era diversa da tutte le pavonesse della sua specie. I genitori, vergognosi di una figlia talmente grassa, insolente, quasi nana e con le piume scolorite, la tenevano chiusa in casa circondandola di mistero.
< E’ troppo studiosa > diceva papà pavone, < sta sempre sui libri ed al computer. >
<E’ troppo bella > diceva mamma pavona, < non vogliamo che nessuno ce la possa invidiare. >
Di lei non esistevano fotografie nemmeno nei gruppi di famiglia.
I maestri privati, profumatamente pagati per farle lezione ed intrattenerla, si disperavano confidandosi l’uno con l’altro.
Quella bimba presuntuosa, svogliata, viziata, golosa e squallidina rendeva loro amaro ogni istante che dovevano dedicarle.
Infine venne assunta dalla facoltosa famiglia una professoressa di estetica pavonesca che, quando la vide, le insegnò subito a tingersi le piume del petto con un audace colore blu.
La volta successiva le fece la permanente coi riflessi ramati e la volta dopo ancora le regalò un busto che, strizzandole la vita, faceva venire fuori una specie di petto e di fianchi.
Angelilla, lì dentro, quasi non poteva fiatare e quindi smise di parlare con voce alta e stridula e di saltellare da una zampa all’altra nervosamente perché sennò si faceva più male.
La professoressa, dopo averla così ingabbiata, diagnosticò che avrebbe potuto togliere il busto soltanto mezz’ora al giorno, per fare il bagno, dopo di che era indispensabile tenerlo sempre, anche la notte, o non avrebbe avuto alcun effetto.
Entro tre mesi, essendo la pavoncella nell’età dello sviluppo, si sarebbe dovuto cambiare il modello in un altro più lungo e più stretto.
Malgrado fosse vanitosissima, Angelilla più volte tentò di liberarsi del busto, che pure la migliorava non poco. I primi tempi dovevano guardarla a vista.
< La bambina non ce la fa > disse mamma pavona al marito.
< Ce la deve fare per forza o resterà zitella > rispose lui, pratico come tutti gli uomini. Ciò sarebbe stata, per la nobile famiglia, un’onta a vita.
La ragazzina si abituò ben presto a trattenere il fiato più che poteva. Poiché aveva dei grossi cuscinetti di grasso intorno al giro vita, evitava finanche di sedersi, ma la professoressa se ne accorse ben presto e la costrinse a comportarsi come se nulla avesse, anzi le faceva fare perfino ginnastica con flessioni sempre più numerose a destra, a sinistra e avanti, senza curarsi se le scappavano le lacrime. Certe volte i genitori non avevano il coraggio di assistere a quelle scene strazianti. Angelilla incominciò a mangiare sempre meno nella speranza di dimagrire e, dopo dieci giorni senza dolci né leccornie, vide che poteva perfino fare qualche respiro completo ogni tanto.
Si trovava carina con quella permanente e le piume del petto tutte blu, ma era ancora molto lontana dalla bellezza perfetta, che le avrebbe aperto le porte del bel mondo e fatto sposare il buon partito.
In fondo, cosa capiva lei? Soltanto che il busto stringeva.
La professoressa di estetica le insegnò a combinare i colori nelle varie sfumature maggiormente alla moda e due esperti artisti la dipinsero penna per penna.
Adesso Angelilla stava sempre con lo specchio in zampa, ritoccandosi il trucco, sicché i suoi genitori incominciarono a sperare che diventasse sufficientemente vanitosa per lo splendido matrimonio che avrebbe dovuto fare.
Però non cresceva in altezza e così dovette aggiungere un nuovo esercizio ginnico: agganciata su un letto di ferro, ogni giorno veniva tirata di qualche millimetro in più.
Qualche volta la fanciullina si scoraggiava e le veniva la tentazione di supplicare i suoi genitori perché la lasciassero nana com’era.
Intanto prese, con un esame via Internet, il diploma di terza media a pieni voti. In estate le venne sostituito il busto, che ormai le andava fin troppo comodo, con un altro di tre taglie più piccolo e di venti centimetri più lungo, e così Angelilla ricominciò a trattenere il fiato, la pancia e le lacrime. Di nuovo si mise a digiunare. Questo secondo busto si poteva togliere soltanto quindici minuti al giorno, per una rapida doccia.
La professoressa di estetica aggrondava la fronte ogni volta che la ragazzina non si piegava proprio fino a terra nel fare le flessioni o quando le scappava qualche grido o anche un semplice lamento roco: < Come se tu niente avessi, Angelilla, così, piegati un altro poco, ancora, no, non va. Seduta. Alzata. Seduta. Alzata. Sorridi. Più svelta, Angelilla. Non va.
Fu un’estate di veri sudori. In autunno sarebbe andata al liceo classico,
nella scuola
pubblica: < Ti metteremo il terzo busto > le disse la professoressa come se le concedesse il più grande premio. Quella notte la ragazza non poteva smettere di piangere.
L’indomani non voleva alzarsi, ma i genitori la tirarono giù da letto a viva forza. Si rifiutò di fare la colazione, meglio. Era ancora grassa, disse la professoressa . Era evidente che, ormai, quel secondo busto era largo, bene. Prima di affrontare lo sguardo del mondo doveva essere perfetta: < Un giorno ci ringrazierai. Sai tu quello che abbiamo speso per te? E smettila di fare i capricci. E’ l’unico modo per trovare un buon marito > declamavano i genitori.
A mezzogiorno Angelilla non toccò cibo: < Meglio > disse papà pavone, < così potremo stringerle il nuovo busto di un altro centimetro. >
Il primo giorno di scuola Angelilla lasciò tutti a bocca aperta per la bellezza, la compostezza, la squisita educazione ed il modo di parlare in un italiano perfetto.
In fondo, durante tutta la vita, lo studio era stato l’unico suo svago.
Camminava solo un po’ rigida (ma tutti i maschi dissero che era maestosa) essendo il terzo busto davvero terribile. Lo doveva tenere anche sotto la doccia perché le era stato applicato sul corpo mediante una macchina computerizzata, se l’avesse tolto anche un solo momento non le sarebbe mai stato possibile riagganciarlo da sola. Quando si lavava la stoffa del busto si stringeva e stavolta, per respirare, le toccava morire davvero di fame. Tutti i professori la lodarono subito affermando che era l’unica a stare seduta bella dritta, lo credo bene: il busto era montato su stecche di acciaio inox, larghe e pesanti. I suoi compagni e compagne di classe masticavano gommine, divoravano caramelle, succhiavano cioccolattini durante le lezioni, lei niente. In ricreazione facevano fuori il panino, anzi il filone bene imbottito con prosciutto cotto, provola, funghetti e sottaceti, lei no. < Tu rispondi che non hai fame > le disse la mamma. < E non li stare a guardare > aggiunse il papà.
Dimagrì ancora e le vennero le occhiaie. Adesso, quando sorrideva, si vedevano le fossette. La fontanella della gola divenne più sensuale di giorno in giorno e tutti i maschi della classe le morivano dietro: così alta, così magra, così perfetta. Invece di stare attenti alle lezioni facevano continuamente la ruota per lei, che nemmeno se ne accorgeva, occupata com’era a tenere in dentro la pancia.
La crema della crema dei pavoni la pressò con richieste di matrimonio. Infine Angelilla si innamorò di un giovane poeta squattrinato, un certo Pinuccio de Pinis, perché la faceva ridere ed aveva le ali spennacchiate che mettevano tenerezza. Così una bella sera di plenilunio, mentre tutti dormivano, si chiuse a chiave nella propria tana e si tolse il busto che, da sola, non si sarebbe potuta riagganciare mai più, dette un bel respiro di sollievo, si mise un jeans ed una maglietta, si calò dalla finestra aggrappata ad una corda fatta con le lenzuola ricamate del proprio letto e se ne fuggì con lui.
Per prima cosa, nascosti in una siepe sicura, mangiarono, metà per uno, una pagnotta da un chilo imbottita di lardo al pepe rosso che Pinuccio aveva portato nello zaino, e si sposarono e vissero felici e contenti e lei non si laureò in estetica pavonesca, come sognavano i genitori, ed ingrassò un poco, e fece dei bei bambini e li crebbe e tutti dovettero fare buon viso e incassare la botta, e le piume, col tempo, le si scolorirono un poco, ma Pinuccio la vedeva bellissima come il primo giorno perché l’amava.
 
Domenica Luise
 
 
 

20 pensieri su “I tre busti della pavonessa

  1. è vero il busto delle costrizioni altrui ci toglie il respiro e occorre molto corraggio per gettarlo via ed essere noi stessi per accettarci, volerci bene così difettosi come siamo. Per essere migliori per noi stessi e per gli altri. Lunghissimo racconto che si legge in gran velocità pieno di personaggi e zeppo di colori!!! e qui si ritrova il tema della metamorfosi…ciao cara Mimma
    Laura

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  2. Favola metaforica di tante giovani vite, costrette dalle aspettative e dalle convenzioni-convinzioni altrui, che liberano se stesse nello sguardo dell’altro e si scoprono vere nello sguardo dell’amato.
    Eterna favola della crescita, della riscoperta di sé e dell’accettazione, che diviene forza e gioia.
    Scritta come sempre molto,molto bene.
    Un abbraccio, carissima
    Flavia

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  3. mi sono scialata!…
    ma tu sei uno sfizio incredibile!
    a me però non la fai franca: come mai conosco quasi tutti i personaggi di questa divertentissima fiaba?…
    me la salvo,
    me la rileggo
    mi si snebbia un pò il cuore…  grazie!

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  4. Benvenute, signore, eccomi qua. Quando i miei nipoti erano bambini questa era la loro favola preferita dopo quella dell’usignola stonata. Le scrivevo in sala d’aspetto e sul treno, andando e venendo dalla scuola. Poi le ho ricopiate al computer e ne ho stampate due copie, una per me ed una per loro. L’altro ieri Mariachiara e il suo fidanzato ( ricordate? Il cantante. Veramente lui ha pure una laurea non mi ricordo in che cosa, ma non la piglia in considerazione ), accomodati sul divano, se ne sono lette un paio ed immagino che la prima sarà stata questa. Ho notato che i vostri commenti migliorano sempre più, me ne compiaccio, se però  vi accorgete di qualcosa che vi stona e oggettivamente non va vi prego di chiarirmelo. Grazie.
    Oggi è un giorno feriale pieno di sorprese buone. La lavatrice sta lavorando docilmente, non diluvia, la luce elettrica funziona, il pranzo è già quasi pronto ed ho perfino messo a posto la cucina, le mie gattine stanno bene e mi festeggiano costantemente, posso invecchiare in pace o quasi.

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  5. Quanto sei brava Mimma, leggerti vuol dire allontanarsi dalla realtà!
    La tua favola rappresenta tante situazioni così, l’aspetto fisico a tutti i costi. Sono contenta che hanno trionfato i sentimenti.

    Buona giornata, cara.
    un abbraccio
    annamaria

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  6. Mi hai fatto ridere con la storia dei polli in cinese 🙂
    Questa pavona nana che vuole dimagrire sembro io 😛 anche se non ho ancora imparato a star dritta sulla sedia e non ho trovato nessun pennuto spennacchiato 😛

    Buon anno nuovo, mimma, un abbraccio.

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  7. Ehi, ragazzuole, buonasera e ben trovate, passate una bella serata e fate un buon sonno stanotte. Sono contenta che le mie favole vi svaghino, io mi diverto moltissimo a scriverle, mi ci calo dentro e vado libera.
    Argeta, i polli possono piangere e ridere in cinese anche contemporaneamente: gli editori mi fanno quest’effetto, voglio dire quella che piange e ride sono io. Poiché le eccezioni esistono e sono una donna di speranza, posso supporre che l’uno per cento abbia anche intenzioni serie.
    Fatti il pollo spennacchiato al forno con le patatine, almeno te lo mangi. E speriamo che sia ruspante.

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  8. Eccomi anch’io, finalmente ho letto con calma e mi sono non tanto divertita, quanto arrabbiata! Sì, perché è una tortura sentirsi definire dai propri genitori proprio per quel poco di apparente e superficiale che non è "al top" (come si dice oggi!), tralasciando invece quel tanto che è nell’interiorità di ciascuno e soffocandone anche sentimenti ed emozioni. Spesso poi, si formano dei veri e propri complessi e l’autostima se ne va miglia e miglia "sotto il livello del mare"!!!
    Per un albero, nessuno direbbe mai che non è fatto bene, anzi più si differenzia per qualche particolarità, più viene ammirato. 

    Ma siccome la tua è una bella favola didascalica e moraleggiante, (come hanno già sottolineato molto bene Laura e Flavia), che mette in rilievo proprio la limitazione della libertà a causa dei condizionamenti negativi, mi è venuta in mente un’idea. Anche altre tue belle storielle che hai scritto parlano di animali e hanno un significato metaforico che va oltre quello che si legge: un po’ come le favole di Esopo. Allora perché non raccoglierle in un libro e pubblicarle, magari con il titolo "Esopopea"?
    Mah, la butto lì, chissà se hai voglia di raccoglierla e fare una cosa molto carina e importante! Forse il 2010 è l’anno giusto! Intanto, questo è un augurio. Spero che si possa avverare.
    Ciao, Con sympatia! Carmen.

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  9. Buongiorno, care, mi sono appena svegliata, stanotte ho dormito poco e ancora non ho finito di recuperare. Grazie per quello che mi dite, un’altra volta mi avete suggerito di pubblicare le mie poesie, io un’idea l’avrei: un libro misto, che " cresce " insieme ai propri figli, incomincerei con l’Usignola stonata illustrata a fumetto in bianco e nero ( ho appena scoperto come si fa ad usare il callout in M. Word ), continuerei con le altre fiabe , qualche racconto ed infine il mio articolo sulla poesia italiana nei secoli ( quello pubblicato come postfazione nell’antologia del giardino ), che può essere utilissimo per gli esami di maturità, corredato da una scelta dalle poesie.
    I vostri commenti e un certo " indice di gradimento " mi saranno utilissimi per la scelta.Che ve ne pare?

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  10. Perfetto, cara Mimma! Almeno si potrà leggere anche in carta qualcosa di gradevole. Oggi girano tante di quelle cose illeggibili, che si fan passare per letteratura, che non vedo perché debbano restare nei cassetti delle cose interessanti e piacevolissime. Io mi candido già come la tua prima "estimatrice". E… ad meljora!
    Ciao, Carmen

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  11. Ciao Mimma, che bella favola dei tempi moderni.
    Come dico sempre io è meglio essere che apparire.
    Dovrebbero leggerla tante ragazine costantemente in dieta
    perdendo il gusto della vita.
    Un’idea straordinaria il libro…certo sarò tra le fans che grideranno…
    MIMMAAAAAAAA, MIMMMAAAAAA e poi ….applausi applausi!!!
    Ciao carissima
    un sorriso
    una strofa di una poesia
    un abbraccio
    Chiara

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  12. Eccomi a voi, belle giovani, dopo un pomeriggio di grafica fa-ti-co-sis-si-ma, ecco. Trasformare la favola in fumetto è tremendo. Microsofty Word mi ha fatto tutti i dispetti disumanamente pensabili e non ho mica capito perché, cambiando il carattere, scappano altrove i fumetti. Mah. Così poi li debbo riagguantare e regolare.
    Comunque le prime cinque pagine sono quasi finite e sembrano accettabili, ma conoscendomi, prima di promuoverle ci debbo ancora lavorare.
    Peggio per me che mi faccio venire le idee più assurde e poi non sto buona fino a quando non le realizzo.
    Adesso gironzolo un po’ qui e lì su internet, dopo mi metto in fase di relax più o meno meritato.
    Buonanotte e ciao.

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  13. Che bella Mimma, sempre ricche di significati le tue fiabe, pur leggendoti da quasi un anno, ogni volta sei meraviglia. Meraviglia di fantasia,  freschezza,  e ironia, insomma un bellissimo mix.
    Ciao bell’usignola, ti abbraccio.

    frantzisca

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  14. Cara Mimma, un’amica oggi mi ha scritto che il silenzio è bellezza, lo penso anche io a volte il silenzio è più ricco di mille parole. Grazie di esserci e così dolce e affettuosa.
    Ti abbraccio

    frantzisca

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  15. Buongiorno Frantzisca, buongiorno a tutti. Il pensiero che ho appena pubblicato stamattina è per tutti quelli che soffrono in un qualunque modo e talora portano un peso insopportabile. Eppure camminiamo: ciò è stupefacente.

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