Gli assetati d’amore

 

 

< Nemmeno l’usufrutto vita natural durante volete tenere? > disse il notaio ai vecchi contadini, < io vi consiglio… >

Angela e Gustavo alzarono la testa fiera.

< Certi figli hanno buttato i genitori all’ospizio e anche in mezzo a una strada. Chi pecora si fa il lupo se la mangia > concluse il notaio, che sapeva le cose della vita.

< Nemmeno l’usufrutto > risposero in coro.

< Contenti voi > disse il notaio scrollando le spalle.

Così adesso la casetta, costruita col lavoro di una vita, apparteneva alla loro unica figlia adottiva. La quale, appena seppe, li rimproverò:

< Papà, mamma, che avete fatto? E non vi siete tenuti nemmeno l’usufrutto? Lo sapevate che certi figli hanno sbattuto i genitori sul marciapiede? >

< Ma non tu > risposero sempre in coro.

La figlia volle che essi tenessero la stanza più bella della casa, fece perfino fabbricare un secondo bagnetto con le mattonelle decorate, di modo che fossero completamente liberi.

Vivevano felici e contenti. Il matrimonio della ragazza, così giovane ancora, con un ricco signore padrone di una casa grande come un castello e molte terre, li riempì di orgoglio.

In chiesa avrebbero dovuto avere il posto d’onore in prima fila, ma i parenti di lui, una vera schiera, li spinsero dietro. Al pranzo di nozze avrebbero dovuto avere il posto d’onore accanto alla sposa, ma gli stessi parenti di lui li spinsero nell’angolino, dove le loro gambe urtavano contro le gambe del tavolo.

La figlia, ogni tanto, li guardava e sorrideva.

Al ritorno dal viaggio di nozze gli sposi dissero che avevano affittato il castello per venirsene ad abitare con loro e non lasciarli da soli.

Angela e Gustavo piansero di gioia : < Ma vi prendete la nostra stanza, che è la più bella della casa, noi ci mettiamo nella camera rosa, dove c’è il salotto buono, tanto quello non si usa mai >.

Accettarono prontamente, come se se l’aspettassero. Lo sposino trovò che fosse inutile tenere stipati in cantina i mobili del salotto e, senza dire niente, li vendette ad un antiquario ed incassò i soldi. Aveva lasciato il lavoro e spendeva come voleva l’affitto del castello.

Mangiavano tutti con la pensione dei vecchi. La madre passava il tempo a cucinare, apparecchiare, sparecchiare, riordinare e sferruzzare, il padre si occupava del pezzetto di terra lì intorno, zappava, seminava, concimava, tirava il collo alle galline, mungeva la capretta e faceva le ricottelle, il burro e i formaggi.

Quando la figlia restò incinta, i vecchi si trasferirono nella cosiddetta “ stanza del grano “ , dove tenevano sacchi di farina e le riserve alimentari, per lasciare la propria camera al bambino. Lì dentro ci stavano a malapena due brande e dovevano tenere l’armadio nel corridoio.

La figlia incominciò a dire che, così stretti, stavano scomodi. Intanto i due nonni si occupavano del bambino.

L’anno dopo restò nuovamente incinta e suo marito si lamentava, in gran segreto, affermando che, se fosse nata una femminuccia, non sarebbe stato igienico tenerla nella stessa stanza del maschio. Diceva proprio così, igienico, sibilando un poco con la bocca storta. Era scontento e nervoso. Infine suggerì di fare una sorpresa ai due vecchi, adattandogli un miniappartamento nella cantina.

Fece dare una scrostata alla muffa, un’imbiancata, un’incollata alle porte ed alle imposte consunte, fece cambiare un vetro rotto ed essi si trasferirono ancora. Lì sotto non c’erano termosifoni e così si facevano il braciere. Come quand’erano giovani. Adesso si sentivano ricchi perché avevano il loro armadio in camera. Però si beccarono i reumatismi alla schiena, alle ginocchia ed alle articolazioni delle dita. Cercavano di non lamentarsi per non darsi dispiacere a vicenda, ma scricchiolavano tutti e due.

Si tenevano sempre per mano e dicevano il rosario insieme. Appena erano un po’ soli, s’intende, perché i nipotini, intanto, crescevano e la figlia aveva bisogno di aiuto.

Divennero due scalpitanti giovani moderni ed incominciarono a guardare con interesse quell’umida cantina nella quale i vecchietti sembravano così felici.

Era un angolo giusto dove riunirsi con gli amici senza dare fastidio a nessuno e, soprattutto, senza essere infastiditi. Lì sarebbero stati liberi. Volevano però dormire ognuno nella propria camera perché sotto era umido.

< Facciamo una sorpresa ai nonni, adattiamogli un miniappartamento nella soffitta, non in tutta : una parte la terremo come deposito per noi > suggerì stavolta la figlia.

Stringi e stringi, perché la roba da conservare era tanta, per i vecchietti rimase una specie di cella striminzita. L’armadio fu sistemato oltre lo stretto corridoio, in cima alle scale.

Una pulita alle pareti, tre vetri rotti sostituiti al volo, un bagnetto di fortuna grande come una cabina telefonica ed essi, con gli occhi lucidi, cambiarono di nuovo domicilio. Stavolta le brande si erano dovute sistemare ad angolo e così non potevano più addormentarsi tenendosi per mano. Trovarono sul comodino un bel mazzo di fiori di campo ed un affettuoso biglietto dei nipoti, con l’augurio che potessero vivere a lungo, sempre sani e contenti.

Tacquero per non darsi dispiacere a vicenda.

Nel trasloco dalla cantina alla soffitta andarono perdute la lampada di porcellana cinese, ricordo del matrimonio, che piaceva alla femmina, e la collezione di pipe di radica del nonno, che piacevano al maschio.

Era estate ed in soffitta c’era caldo.

I due vecchietti pensarono di andare a passeggio nel bosco, che circondava, dal lato nord, la loro campagna.

< Portiamoci una merenda e mangiamo là > propose lui cercando di essere allegro.

Lei batté troppo forzatamente le mani: < Che bella idea > disse con voce stridula.

Andarono in cucina a farsi le pagnottelle e prendersi un po’ di frutta, ma gli amici dei nipoti avevano mangiato tutto. Trovarono solo alcuni resti di pane duro, < La frutta la raccogliamo fuori, prima di partire >.

Lui prese un paniere e si avviò sottobraccio alla moglie. Sembrava che su ogni albero fossero passate le cavallette, non avevano lasciato fichi né quelle belle pesche schiacciate intorno a cui sciamavano le api, attratte dalla loro dolcezza. Riempirono almeno una bottiglia d’acqua alla fontana, la figlia chiese dove andassero. Un picnic? E dove? Qui intorno? State attenti, tornate presto, non mi fate stare preoccupata.

Il cane li seguì saltando di gioia.

< Viene anche lui > disse la moglie. Si tenevano per mano. < Sì > rispose asciutto il marito. Veniva perché li amava ed era sincero. Non lo dissero per non dispiacersi.

Camminavano sereni respirando a fondo. Più si allontanavano e più si sentivano felici.

Divisero il pane duro con il cane, bevvero l’acqua e mangiarono squisite fragole di bosco. Accanto c’era un cespuglio cavo all’interno, dormirono sdraiati sull’erba, tutti e tre vicini.

Quando si svegliarono il cane uscì dal cespuglio e tornò a casa, ma i vecchietti non riuscirono a trovare la strada.

Si guardarono attorno disorientati.

< Boby è scomparso > disse lei.

Lo cercarono affannosamente. Intanto sentivano sete, avevano la lingua asciutta, le labbra screpolate ed anche la gola bruciava in modo strano.

Soffrivano molto.

Tacquero un poco, per non dispiacersi.

Alla fine lui non ne poté più e disse: < Che sete >.

< Anch’io ho sete > rispose lei.

< Però non è sete di acqua >.

< E nemmeno di aranciata > .

< Né sete di vino > .

< Non è una sete fisica > .

< Abbiamo sete d’amore > dissero in coro.

Videro due lumicini lontano. Cammina cammina arrivarono ad una tavola di marmo bianchissimo dove c’erano due calici di cristallo colmi di fuoco che sovrabbondava dagli orli, cadeva sul marmo e l’incendiava . Si accorsero che la luce veniva dai calici e che lì accanto c’era un giovanetto alato ridente.

< Sono l’angelo della vita > disse, < avete sete d’amore. Bevete pure > .

< Ma come possiamo bere il fuoco? >

< La vita è sempre un mistero. Bevete > .

< Ma noi… >

< Indietro non potete tornare. Guardate > .

I vecchietti si voltarono, dietro c’era un buio assoluto, davanti la luce assoluta.

Ebbero paura, ma non lo dissero per non dispiacersi.

Simultaneamente allungarono una mano e presero il calice. Era delizioso ed il fuoco li dissetò perfettamente.

Quando, l’indomani, Boby li ritrovò, erano sdraiati per terra dentro il cespuglio e sembravano addormentati. Si tenevano per mano.

La figlia si strappò i capelli davanti a tutti, che la consolavano dicendo: < Non ti disperare, non hanno sentito niente, non hanno sofferto > .

Ed era vero.

Il marito, con la bocca sempre più storta e una specie di tic facciale, sembrava altrettanto costernato, in realtà pensava che, dalla prossima volta in poi, avrebbe dovuto pagare lui tutte le bollette del telefono, della luce e del gas.

Così è la vita.

Invece i due vecchietti avevano nuovamente vent’anni ed aleggiavano nel bosco giocando liberi qua e là. Non avevano fame né caldo né dolori nelle articolazioni e nemmeno sete perché erano sazi d’amore. Si tenevano per mano.

 
Domenica Luise

 

 

 

31 pensieri su “Gli assetati d’amore

  1. molto bello
    anche amaro, come lo sono certe situazioni reali, ma pervaso della dolcezza di un legame più forte del tempo e di qualsiasi avversità

    un saluto affettuoso 🙂

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  2. Sei bravissima Mimma, l’ho letto tutto d’un fiato, e alla fine mi sono anche commossa. La storia ha tanto da insegnare. “I puri di cuore” non sono sagaci e non vedono il male , ma trovano la via dell’amore eterno, il calice del fuoco(dell’Amore Divino) viveva già in loro e l’hanno conquistato per l’eternità. Complimenti, un caro saluto.
    Annamaria

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  3. Mimma sono rimasta molto colpita da questo racconto che è una favola (mica tanto favola) triste e si chiude però con una promessa di eternità. La cosa che mi ha colpito però è che ho scritto qualcosa di simile in poesia in due versioni: satirico-umoristica e lirica. Se le ritrovo tra le mie scartoffie ti mando una mail. Mi piace molto anche la grafica, si legge velocemente e corre via che è un piacere. Fa anche riflettere sui genitori ad uso e consumo. Io spero di essere una figlia migliore. Grazie per questo bel racconto.

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  4. Mimma, ho seguito col fiato sospeso questa cronaca famigliare dolceamara.
    La tua indiscussa maestria è tale che si legge tutto d’un fiato, eppure non se ne perde il minimo particolare.
    con un groppo alla gola si segue l’iter di depauperazione dei due vecchi, la sarcastica descrizione del tizio con la bocca storta, il tic che lo connota e lo rende inviso, quasi a sottolineatura della sua anima sghemba.
    La completa indifferenza e l’egoismo di figlia e nipoti.
    Ho avuto modo di conoscere situazioni abbastanza simili.
    Ho accompagnato come un’ombra il loro incamminarsi verso la Libertà, verso l’Amore…
    Bellissimo racconto, Mimma, e tu sei una narratrice eccezionale.

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  5. Buongiorno, belle signore! Allora: questo racconto deriva da ciò che di reale ho visto tutt’intorno. E’ vergognoso trattare così gli anziani come se non avessero più vita propria usandoli per farli lavorare fino all’ultimo respiro. E’ sfruttamento. Alla fine, poi, quando una loro vecchia zia era ricoverata e stava morendo, sono venuti a dirmi: ” è diventata capricciosa, è accontentata in tutto “. Sì, lo giuro, l’hanno detto,
    Dopo i vecchi muoiono e quelli che restano iniziano i lavori di ritrutturazione, diciamo, della casa ereditata o se la vendono e fanno soldi, comunque subentrano. In quanto al lutto, o come lo chiamavano una volta, non so se riusciranno a restare seri e col telefonino spento almeno in chiesa, durante il funerale.

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  6. Hai ragione Mimma, c’è un’insensibilità verso gli altri che si sente a fior di pelle, il tuo racconto è come una lama tagliente, così realistico (purtroppo!); anche a me venivano i brividi mentre leggevo. Comunque penso che l’insensibilità che palpiamo intorno anche senza sentire discorsi di alcun tipo, stia diventando fisiologica, come se gli “umani” avessero smarrito il senso dell’essere tali. Forse perché non c’è amore, nel senso più alto e totale del termine. O non si conosce il significato vero e profondo del verbo amare. Ciao, buona giornata, nonostante tutto. Wilma.

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  7. E allora incominciamo noi ad amare per prime, malgrado tutto, in maniera robusta e giusta e non per debolezza e perché tanto dobbiamo cedere dinanzi al più forte. E poi, il massimo: amare per dare felicità agli altri, non per essere felici noi. Per questo ci vuole coraggio, perseveranza e un fegato forte. La risposta verrà e sarà una gran pace interna, al di dentro delle tempeste, quella zona tranquilla al centro del tifone.

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  8. Un altro dei tuoi che mi lascia una grande commozione.. e ahimè una grande verità.. sai quante ne ho raccolte di simili testimonianze nel mio percorso lavorativo? Sei Bravissima a scrivere racconti e poesia… lo fai con la naturalezza di chi sa prendere la vita con trasporto infinito e oculatezza..
    Un forte abbraccio Mimì!

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  9. Carra Mimma, che bello il tuo racconto mi piaccciono i due anziani
    che si dissetano con l’amore. Per il resto, che devo dire…conosco molto bene il comportamento egoistico di “molti” figli…ho lavorato tanti anni con gli anziani…e ti assicuro che ho visto di peggio che il cellurare in chiesa, ho visto anche fare a pugni davanti la bara…per soldi. Brava tu a parlarne, e così bene, ho letto d’un fiato, mi è molto piaciuto.

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  10. Hai preso un’amara realtà e l’hai trasformata in fiaba ( una fiaba che non ha niente da invidiare alla piccola fiammiferaia, che mi faceva tanto piangere ). E’ bellissima per come è scritta, per i valori che veicola, per il messaggio educativo che contiene. Possiedi una capacità straordinaria nel metterci di fronte alla inerme fragilità dei vecchi e nell’indicarci un comportamento più umano.
    ( Ho sempre pensato che almeno l’usufrutto è meglio tenerselo )
    franca

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  11. Mimma cara, questo tuo racconto è talmente simile a tante storie realmente accadute, che mi ha fatto venire brividi di sdegno.
    Ne conosco di genitori che si sono fidati troppo e sono finiti in mezzo alla strada.
    I tuoi nonnini invece sono felici, perché sazi d’amore.
    Ma quanto l’hanno pagata quella felicità!
    Amaro ma tanto bello il tuo racconto.
    Un abbraccio

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  12. Grazie delle vostre parole e di tanta vicinanza. Anch’io, ormai, ho un’età e mi avvio, speriamo, verso quel calice di fuoco e l’angelo della vita. Il racconto è venuto fuori dalle ingiustizie osservate, ha toni di favola, ma avete capito bene: non è per niente una favola. Quand’ero bambina sul libro di lettura delle elementari c’era la storia di un nonno che i figli volevano piazzare all’ospizio, un giorno si ruppe la ciotola nella quale egli mangiava e il nipotino cercava di incollarla, allora il papà gli chiese cosa facesse e il bambino rispose: .
    Perché tutto torna indietro: sia l’amore donato che le offese compiute contro gli inermi.

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  13. E poi ignorare gli anziani è delittuoso: hanno tanto da inegnarci se soltanto gli diamo la parola ogni tanto. Mai considerare di seconda mano la vita altrui solo perché non hanno la nostra cultura o giovinezza o non hanno figli, marito, casa e bellezza. Non sappiamo quali ricchezze abbiano sostituito quello che lampantemente gli manca né se siano migliori di noi.

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  14. Un racconto triste su una realtà ancora più triste. Chi non è “veloce e produttivo” è inutile, quindi gettato nell’immondizia. Credo che la civiltà di un popolo la si misuri da come tratta anziani e piccini e noi siamo messi davvero male!
    Un abbraccio* stretto

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  15. Hai ragione, cara, e qui gli errori sono due: i piccini vengono normalmente viziati e quindi resi inetti a vivere pienamente ed i vecchi normalmente isolati e quindi resi inetti ad una morte dignitosa. Ci vuole qualcuno che li ami in quei momenti, ma tutti fuggono appena la quercia cade a terra portandosi via la legna da bruciare ancora utile e dimenticando che verrà il loro tempo.
    Fortunati quelli che hanno qualcuno vicino a confortarli. Altrimenti c’è Dio, e c’è per tutti.

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  16. Sì, mimma, “così è la vita”,hai ragione. Il tuo racconto fa riflettere e strappa il cuore. Come ci si riduce quando si è troppo generosi e quando si è troppo vecchi! Bellissimo poi il messaggio di amore racchiuso nel tuo racconto, certo ,amore coniugale,paterno e materno contro un disamore filiale,o se vogliamo …un disaffezione filiale. Spero che i miei figli non debbano, in futuro,mai somigliare alla giovane protagonista del tuo toccante racconto.
    E Viva l’amore, in tutte le sue forme ed in tutte le sue espressioni!
    nunù.

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  17. gli anziani sono vecchi, come tra appena un filo di tempo lo saremo noi, ed i vecchi non li vuole vedere nessuno. Al massimo commuovono. Il successo delle badanti, poi è sintomatico; chi baderà i parenti delle badanti?

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  18. Benvenuti, Nunù e sassofortino, grazie della vostra partecipazione. Questi sono problemi veri, di livello planetario. Per me l’anziano va rispettato ed amato fino all’ultimo e tenuto nella famiglia, no buttato all’ospizio o costretto ad andarsene di propria volontà perché preferisce il disamore degli estranei al disamore dei propri figli. Da parte sua l’anziano non deve approfittarsi della bontà dei figli né addossarsi a corpo morto sulla persona più mite della famiglia rubandole ogni minuto di tempo, nessuno può resistere ad una simile vita. Quindi che ognuno faccia del suo meglio con delicatezza vicendevole.

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  19. Mimma, mi sono commosso. Ho letto, ho divorato queste parole. Saisono molto cristico nella scelta della prosa da leggere.

    Un racconto una fiaba una parabola

    Sono fiero di conoscerti, vorrei poterti chiamare amica per farbi bello davanti agli altri.

    Complimenti,

    anche io vorrei ricominciare a scivere racconti, prosa insomma come ai tempi del liceo e di “spazio libero” un giornalino di paese su cui pubblicavo favole.

    Dammi qualche consiglio. Magari in ptv.

    Sarà bene accetto. Detto da te qualunque cosa avrà più valore. Non sei solo poetessa sei una vera e propria scrittrice e… mi hai commosso non lacrime a dirotto ma glio occhi umidi e una sensazione di smarrimento meravigliosa mi hai donato.

    Grazie grazie grazie.

    Elia

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  20. Ci sono degli errori di fretta nel commento che ti ho lasciato. Copio e incollo e correggo.

    Mimma, mi sono commosso. Ho letto, ho divorato queste parole. Sai, sono molto critico nella scelta della prosa da leggere. (non ne leggo da tanto)

    Un racconto una fiaba una parabola

    Sono fiero di conoscerti, vorrei poterti chiamare amica per farmi bello davanti agli altri.

    Complimenti,

    anche io vorrei ricominciare a scivere racconti. Prosa, insomma; come ai tempi del liceo e di “spazio libero” un giornalino di paese su cui pubblicavo favole.

    Dammi qualche consiglio. Magari in ptv.

    Sarà bene accetto. Detto da te qualunque cosa avrà più valore. Non sei solo poetessa sei una vera e propria scrittrice e… mi hai commosso: non lacrime a dirotto, ma gli occhi umidi e una sensazione di smarrimento meravigliosa mi hai donato.

    Grazie grazie grazie.

    Elia

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  21. Caro Elia, quale scrittore pubblicato, da tavole rotonde alla televisione e forti guadagni, può dire di avere ricevuto un messaggio così bello come questo che tu hai scritto sul mio blogghino? Ma certo che sei mio amico, ne sono orgogliosa. Leggerò con gioia un tuo racconto appena lo scriverai, mandami pure la tua email privata con un PVT. Grazie infinite della tua presenza e dell’incoraggiamento.

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  22. è raccontato con molto brio e leggerezza, con il piglio dell’usignola che sa dire con un fremito d’ala (e di penna, s’intende), ma colpisce al cuore e non le manda a dire, anzi.., proprio perché non giudica e non si lascia andare a vittimismi o lamentele, è capace di meglio evidenziare la pochezza della figlia e del marito di lei, in questo caso, e la solidarietà amorosa, direi infinita, anche ovviamente la grande fede (e la grande lezione di fede) dei due sposi.
    Verso la fine pensavo che i due vecchi facessero come hansel e gretel, insomma un finale così. invece mi hai spiazzata e spezzato il cuore un po’ (e questo da un punto di vista letterario, lo so, è un bene)

    ciao

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  23. Che bella storia, è triste, ma l’amore che univa i due coniugi è molto bello e confortante, sono riusciti a superare insieme le difficoltà sempre con la tenerezza. Alla fine l’ingordigia della famiglia li ha esclusi completamente, ma per fortuna, c’è un’altra vita che può saziare la loro sete d’amore
    C’è tanta verità in questo racconto, l’hai scritto con tanta delicatezza Mimma, mi è piaciuto moltissimo
    Bravissima!!

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  24. La storia originaria, dalla quale ho preso spunto, mi era stata narrata in maniera diversa: c’è un vecchietto che i figli veri, e non adottivi, trattano restringendogli sempre più la vita fino a metterlo in ospizio. Qui lui fa amicizia con un altro signore, la cui figlia ( o figlio, non ricordo ) si deve sposare, ma non ha i mezzi per comprare la casa, allora il nostro vecchio fa un patto: gli vende a due soldi la propria casa, dalla quale i figli l’hanno estromesso, dopo la sua morte potrà entrarne in possesso. Bella sorpresa ben meritata.

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